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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
12.04.2020 'Il ciarlatano', di Isaac B. Singer
Recensione di Giulio Busi

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 12 aprile 2020
Pagina: 5
Autore: Giulio Busi
Titolo: «Il prototipo degli imbroglioni»
Riprendiamo dal SOLE24ORE/Domenica di oggi, 12/04/2020 a pag.5, con il titolo "Il prototipo degli imbroglioni" la recensione del libro "Il ciarlatano" di Isaac B. Singer, di Giulio Busi.

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Giulio Busi

Il ciarlatano | Isaac Bashevis Singer - Adelphi Edizioni
La copertina (Adelphi ed.)

Un soffio, o forse meno. Tra santità e peccato, la distanza è minima, impercettibile. In men che non si dica, la più pura delle preghiere si trasforma in bestemmia, un buon proposito si rovescia in inganno, una vita morigerata scivola nella perdizione. Hertz lo conosce bene, questo perenne piano inclinato. L'ambiguità è il suo destino, la disillusione il suo pane, la tentazione il suo sfacelo. Anzi no, la sua rovina sono le donne. O così finge di credere, quando è di cattivo umore, ovvero quasi sempre. La verità è che lui, alle donne, piace perdutamente, e loro a lui, in una girandola di tradimenti e inganni che farebbe l'invidia del più incallito degli impostori. Hertz ha studiato, viene dalla scuola religiosa, è figlio di un rabbino. Passa la vita tra biblioteche e archivi, e si porta dietro una valigia piena di appunti, note, ritagli. Quel materiale lo ha accumulato per l'opera della sua vita, un libro incommensurabile e profondo, a cui sta lavorando da decenni. Tutti o quasi ci credono, a questa sua missione intellettuale. Dovreste vederle, le sue ammiratrici, fare la fila quando si concede al pubblico in qualche conferenza, per spiegare profondi misteri filosofici. Pendono tutte dalla sua bocca, e più sono entusiaste, più lui le desidera e le circuisce. Chi è, veramente, Hertz Minsker? Se chiedete a lui, avrete una risposta chiara, senza ambiguità, inequivocabile. È un ciarlatano. O meglio, il ciarlatano, il prototipo di tutti gli imbroglioni che si aggirato nel vecchio e nel nuovo mondo. Isaac Bashevis Singer è un maestro della negatività. I suoi miscredenti sono tra i più riusciti della letteratura novecentesca. Dove c'è sentore di dubbi, ogni volta che la religione va a pezzi, sotto l'urto della storia, del secolarismo o delle pulsioni, i personaggi singeriani trovano vita, forza, credibilità. Che si tratti di rabbi fedifraghi, di eretici perversi o di semplici aspiranti al piacere, i suoi antieroi sono scritti su carta tenebrosa, con inchiostro acido, corrosivo. E anche quelli, come Hertz, che si sono lasciati alle spalle l'Europa orientale dei villaggi ebraici, o delle grandi metropoli pulsanti di vita e di contraddizioni, anche loro, gli emigrati, restano per sempre dentro il loro carcere mentale. Poco importa che attorno ci sia l'America degli anni Quaranta, con il suo capitalismo opulento e inarrestabile. Hertz vive come trasognato, quasi fosse un fantasma che si aggira tra fondali posticci. Nulla è ciò che appare. Gli Stati Uniti, che lo hanno accolto mentre la sua Polonia brucia sotto il terrore nazista, sono solo un esilio nell'esilio. Tutto è possibile, lì oltreoceano. Benessere, lusso, progresso. Non ci sono persecutori. Non Hitler, non Mussolini, nessuna SS. Perché non ci prova anche lui, a farsi una posizione, ad accumulare soldi, a conquistarsi una vita rispettabile? Perché continua a scroccare qualche dollaro a destra e a manca e a vivere di espedienti? E perché seduce proprio la moglie del suo migliore amico, l'unico che lo soccorra nei momenti di bisogno? È inutile farsi tante domande. Prima di rotolare a New York, ha passato la vita a vagare da una metropoli all'altra - Varsavia, Berlino, Parigi, Londra - è «riuscito a sposarsi quattro volte e a imbastire chissà quali avventure sentimentali». Sempre fuori posto, incapace di orientarsi. Spaesato in tutto, fuorché in amore. Beninteso, nell'amore clandestino, quello che si nutre di sensi di colpa e che ha bisogno di nascondersi per fiorire. Il ciarlatano, che è uscito ora in italiano per le sapienti, entusiastiche cure di Elisabetta Zevi, è una primizia mondiale. Finora era apparso soltanto a puntate sul giornale «Forverts», storica bandiera della cultura yiddish negli Stati Uniti. Chi ha gustato, un paio di anni fa, l'edizione adelphiana di Satana a Goraj, non faticherà a indovinare la genealogia spirituale di Hertz Minsker. Anche lui, il sardonico, ciarlatanesco dongiovanni trasferitosi in America, discende dal sommo arconte cabbalistico del male. Le trasgressioni di Hertz, la sua sessualità divorante e redentiva, non sono che un misticismo speculare, un rovesciamento metodico di ogni norma, ispirato al grande modello di Sabbatai Zevi, lo pseudo-messia che, a metà Seicento, si convertì all'Islam, dopo aver illuso miriadi di fedeli ebrei. In un'autoconfessione illuminante, Hertz stesso evoca il proprio modello oscuro: «"Ho toccato il fondo!" disse ad alta voce. "In confronto a me, Sabbatai Zevi era un santo"». Altri tempi, quelli dei mistici trasgressivi e peccatori del Seicento, capaci di mettere a rumore e a repentaglio l'intera diaspora con il loro cattivo esempio. La rivolta sessuale e antiborghese di Hertz non ha certo i tratti demoniaci dell'antecedente sabbatiano. Ma è pur sempre spunto per un gran bel racconto. Pardon, per una gran brutta storia, disegnata in punta di penna. Anziché in passaggi spericolati di credo religioso, ci troviamo invischiati in un avventuroso ménage à trois. O forse à quatre. Che poi, l'angosciato e libidinoso protagonista trovi un proprio, trasgressivo riscatto, fa parte dell'eterno inganno del reale.

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