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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
24.12.2019 Gas naturale: la profezia di Golda Meir e i numeri di Israele
Analisi di Roberto Bongiorni

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 24 dicembre 2019
Pagina: 25
Autore: Roberto Bongiorni
Titolo: «Israele, per la prima volta diventa esportatore di gas»
Riprendiamo dal SOLE24ORE di oggi, 24/12/2019, a pag.25, con il titolo "Israele, per la prima volta diventa esportatore di gas" l'analisi di Roberto Bongiorni.

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I principali giacimenti di gas naturale sotto le acque territoriali israeliane

Ricorrendo alla sua tagliente ironia, Golda Meir, la prima (e sola) premier donna di Israele, amava ripetere questa storiella per evidenziare una delle grandi vulnerabilità del giovane Stato di Israele. «Mosè trascinò gli ebrei per 40 anni da un capo all'altro del deserto, per portarli nell'unico luogo di tutto il Medio Oriente in cui non c'è neppure una goccia di petrolio!». Non aveva tutti i torti. Il tallone d'Achille di Israele, Paese circondato da Paesi ostili ricchi di greggio, è sempre stato la dipendenza energetica. Che fosse gas, greggio o benzina, Gerusalemme ha sempre dovuto ingegnarsi per diversificare e mantenere gli approvvigionamenti. Oggi la situazione è opposta. Israele ha molto più gas naturale di quanto ne ha bisogno. Il Governo si trova ora davanti a un problema, sicuramente meno grave, ma non di facile soluzione: come e dove esportare tutta questa ricchezza? E come farlo in tempi ragionevoli e in termini redditizi? All'inizio del terzo millennio è avvenuto l'insperabile. Il sottosuolo di Israele non custodiva petrolio, ma le sue acque serbavano un'altra grande risorsa: il gas naturale. I primi ritrovamenti risalgono al 1999, da parte della compagnia texana Noble Energy. Ma la svolta è arrivata nel 2009, quando un consorzio guidato da Noble annunciò la scoperta di Tamar, giacimento da 300 miliardi di metri cubi di gas (bcm).

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Nelle vicinanze, a 125 km dalla città costiera di Haifa, un altro consorzio, in cui accanto a Noble compariva anche la compagnia israeliana Delek, scoprì nel 2010 Leviathan. Con riserve accertate per 620 miliardi di metri cubi Israele poteva vantarsi di possedere il più grande giacimento del Mediterraneo dopo quello egiziano di Zohr, scoperto dall'italiana Eni nel 2015. Secondo i dati forniti dal ministero dell'Energia, negli ultimi tre anni Israele ha prodotto 11 miliardi di metri cubi l'anno, volume praticamente pari ai suoi consumi. Entro dieci giorni, però, ci sarà un'altra grande svolta. Israele entrerà nel club dei Paesi esportatori di metano grazie a un accordo con l'Egitto. Il 16 dicembre infatti il ministro dell'Energia Yuval Steiniz ha firmato i permessi che consentono l'avvio delle operazioni. Il gas a disposizione è così tanto che questo piccolo Paese del Levante, esteso come la Lombardia e con meno di 9 milioni di abitanti, punta ora a divenire pioniere di una rivoluzione energetica: divenire nell'arco di 15 anni un "Paese verde", dove le auto a benzina e diesel saranno solo un ricordo, al pari del carbone. «Entro fine anno Leviathan sarà connesso alla nostra costa. E dal 2020 esporteremo 10 miliardi di metri cubi l'anno, di cui 7 andranno in Egitto, e tre in Giordania», spiega al Sole 24 Ore Udi Adiri, direttore generale del ministero israeliano dell'Energia.In verità, come precisa l'esperto dirigente, Israele stava già esportando piccole quantità di gas in Giordania da 18 mesi. Ma grazie ai nuovi volumi di metano Israele potrà rafforzare le relazioni diplomatiche con i due soli Paesi arabi che hanno firmato un accordo di pace (nel 1979) riconoscendolo. Tanta fortuna, tuttavia, non è arrivata in un momento favorevole. Mai come ora la concorrenza da parte dei big mondiali del gas è stata così agguerrita. In un periodo storico in cui i grandi produttori come Stati Uniti, Qatar, Russia e Australia stanno inondando i mercati con il loro gas, anche liquefatto, i prezzi ne hanno naturalmente risentito, al ribasso. Il direttore generale del Ministero dell'Energia ha tuttavia le idee chiare sulla strategia da seguire nei prossimi decenni «Non vogliamo e non possiamo competere con i grandi player. In merito all'export di gas noi seguiamo questa strategia. Prima vengono i paesi vicini. Con i quali siamo più concorrenziali perché non abbiamo costi di spedizione via mare, liquefazione e rigassificazione. Poi intendiamo approcciare altri mercati. L'Europa resta la prima scelta, anche per la vicinanza Infine vi è una terza opzione, interessante, da seguire nel lungo termine esportare gas verso Oriente, per esempio in India, attraverso il Mar Rosso. Per raggiungere questi obiettivi saranno necessari grandi progetti infrastrutturali. Che sia il lungo e costoso gasdotto sottomarino (sarebbe il più profondo al mondo) che connette i giacimenti di Israele attraverso Cipro, arrivando poi in Grecia e in Italia (è il progetto più accreditato). Oppure, o in contemporanea (scenario però complesso), avviare la costruzione di impianti di liquefazione, a Cipro, in Egitto o nel Golfo di Aqaba. «Stiamo considerando tutte le opzioni. Nel vicino futuro credo che l'Europa sia interessata ad accrescere le sue fonti di approvvigionamenti di metano», sottolinea Adiri. In verità nessuno sa quanto gas c'è nelle acque di Israele. «Le ricerche e le proiezioni delle compagnie internazionali stimano approssimativamente il potenziale della nostra zona economica esclusiva in 3mila miliardi di metri cubi di gas. Giusto per avere un'idea, finora abbiamo scoperto meno di mille miliardi», conferma Adiri, che aggiunge: «Nel 2021 entrerà in produzione anche il giacimento di Karish-Tanin, che fornirà altri 7 miliardi di metri cubi l'anno. Se poi consideriamo che con le nuove tecnologie la produzione di Leviathan potrebbe anche raddoppiare, l'estrazione potrebbe arrivare a 40 bcm». Tanto, tantissimo gas. Che permetterà di portare avanti questa grande rivoluzione energetica. Gli obiettivi sono già delineati Innanzitutto liberarsi del carbone fossile, fino a pochi anni fa largamente utilizzato in Israele per esser trasformato in elettricità. «Abbiamo terminato le procedure: entro il 2025 sarà eliminata la produzione di elettricità mediante carbone. Negli ultimi cinque anni l'abbiamo già ridotta del 50 per cento. Pensate, avremo elettricità pulita, solo da gas ed energie rinnovabili. Un obiettivo raggiungibile con la riconversione, già in corso, delle centrali a carbone. Manterremo solo una limitata capacità di produrre col carbone per le emergenze», spiega Adiri. La conversione della più grande centrale a carbone del Paese, nella città costiera di Hadera, sarà terminata in 3 anni e consentirà di abbattere l'uso del carbone di un altro 30% circa. Nelle città israeliane il cambia 620 miliardi Un giacimento gigante Con riserve accertate per 620 miliardi di metri cubi, il Leviathan - scoperto nel 2010 - è il più grande giacimento del Mediterraneo dopo quello egiziano di Zohr, scoperto dall'italiana Eni nel 2015 10 miliardi Export e diplomazia A partire dal 2020 Israele conta di esportare 10 miliardi di metri cubi di gas naturale l'anno ai due soli Paesi arabi che hanno riconosciuto Israele: 7 miliardi all'Egitto e 3 alla Giordania mento è tangibile. L'aria che si respira è un'altra, mentre le spiagge sono più pulite. Gerusalemme, che ha firmato l'accordo climatico di Parigi, è già molto vicino al raggiungimento del primo obiettivo: produrre entro il 2020 il 10% dell'elettricità con energie rinnovabili. Il passo successivo è ancor più ambizioso. Diventare un Paese dove circolano solo auto elettriche o veicoli pesanti, inclusi mezzi pubblici, a Cng (gas naturale compresso). «È un obiettivo raggiungile. Ci stiamo lavorando. Ma c'è molto lavoro ancora da fare, conclude il direttore del Ministero dell'Energia: «Siamo un piccolo Paese con l'elettricità a costi bassi. Possiamo farcela». I silenziosi camion per la raccolta di rifiuti e i bus a gas naturale compresso che hanno già cominciato a circolare per le strade del Paese suggeriscono che questa rivoluzione è davvero possibile.

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