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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
19.07.2019 Accordo Ue-Iran: ecco chi ancora lo difende, il giornale di Confindustra in prima fila
Il pezzo pro-Iran di Beda Romano

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 19 luglio 2019
Pagina: 19
Autore: Beda Romano
Titolo: «Italia e Polonia frenano il dispositivo salva Iran»
Riprendiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 19/07/2019, a pag. 19, con il titolo "Italia e Polonia frenano il dispositivo salva Iran", l'articolo di Beda Romano.

Il quotidiano di Confindustria saluta con favore la cordata europea che vorrebbe aggirare le sanzioni Usa e così proseguire la stipula di ricchi affari con il regime criminale degli ayatollah iraniani. Business is business: ancora una volta gli interessi economici calpestano i diritti umani, che l'Iran viola sistematicamente. Ci sarebbe quasi da augurarsi che gli USA siano meno generosi con l'Italia, attivando anche per noi le sanzioni.

Ecco l'articolo:

Beda Romano

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È innovativo, ambizioso ma difficile da far decollare il meccanismo europeo che dovrebbe permettere ai Paesi dell'Unione, e non solo, di salvaguardare i legami commerciali con l'Iran, e di converso evitare una corsa al riarmo nucleare. La partita è tecnica, legale, ma anche molto politica. Le divisioni europee stanno indebolendo un progetto che riflette il tentativo di affrancarsi dagli Stati Uniti, suscitando di conseguenza le critiche e i dubbi di Teheran. Parlando questa settimana qui a Bruxelles, l'Alta Rappresentante per la Politica estera Federica Mogherini ha spiegato che il meccanismo messo a punto da Francia, Germania e Regno Unito (noto con l'acronimo inglese Instex) è ormai «operativo» e che «le prime transazioni sono in via di elaborazione».

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Concretamente, il veicolo si basa sul baratto: dovrebbe far sì che un esportatore europeo verso l'Iran venga pagato da un importatore europeo di prodotti iraniani. L'obiettivo è aggirare le sanzioni americane contro l'Iran, continuare a commerciare con il Paese e quindi mantenere in vita l'accordo sul Nucleare (JCPOA), rinnegato da Washington. La società ha sede a Parigi, presso il ministero delle Finanze, ed è guidata da un banchiere tedesco, Per Fischer. Il capitale di partenza è stato di 3.000 euro. Diplomatici qui a Bruxelles sono molto discreti sulle transazioni in atto, gli ammontari e i prodotti coinvolti. Il timore è di essere colpiti da nuove sanzioni americane. «Alcune transazioni sono in via di definizione - conferma un diplomatico -. Si sta verificando il rispetto delle norme sul riciclaggio di denaro sporco». La messa a regime di Instex è complicata anche dal fatto che l'Iran è ancora al lavoro sul proprio meccanismo che dovrebbe fare da specchio a quello europeo. Secondo gli ultimi dati disponibili, l'export europeo verso l'Iran totalizzava in aprile 314 milioni di euro (-55% annuo), mentre l'import dall'Iran ammontava a 58 milioni di euro (-93% annuo). Durante una riunione dei ministri degli Esteri lunedì, sette governi si sono detti interessati a partecipare al veicolo finanziario: il Belgio, l'Olanda, la Spagna, la Slovenia, la Svezia, l'Austria e la Finlandia. Tuttavia, due grandi paesi, l'Italia e la Polonia, stanno ancora valutando come agire. Il governo italiano è combattuto sul da farsi. Da un lato, vuole preservare l'Accordo sul nucleare e continuare a commerciare con Teheran. Dall'altro, teme di innervosire gli Stati Uniti (dopo aver ottenuto nel 2018 una esenzione temporanea dalle sanzioni americane). Chi ha partecipato alla riunione ministeriale ha ritenuto che Varsavia avesse un atteggiamento ancor più nettamente pro-americano. La spaccatura non è banale in un momento in cui l'Europa tenta di affrancarsi dagli Stati Uniti e di ridurre il peso egemonico del dollaro. Spiega in un recente rapporto lo European Council on Foreign Relations che «le vulnerabilità dell'Europa dipendono soprattutto da una interdipendenza dagli Stati Uniti che è asimmetrica, per via della taglia dei mercati finanziari americani e del ruolo globale del dollaro». In questo senso, il centro-studi crede che «l'Unione europea debba rafforzare le sue politiche sanzionatorie (...) preparandosi ad adottare contromisure asimmetriche». Parlando al Financial Times di ieri, il ministero degli Esteri russo ha dato il suo appoggio a Instex. Dicendosi pronta a utilizzarlo, la Russia ha esacerbato le divisioni europee. Non basta: rimane in dubbio se Instex potrà essere usato per il petrolio iraniano. Non sorprende in questo frangente che Teheran ritenga Instex insufficiente, e abbia rimesso in questione il JCPOA (si veda II Sole 24 Ore del 29 giugno). Il meccanismo di baratto sarà tanto più efficace quanto più numerosi saranno i Paesi europei ad utilizzarlo.

Concretamente, il veicolo si basa sul baratto: dovrebbe far sì che un esportatore europeo verso l'Iran venga pagato da un importatore europeo di prodotti iraniani. L'obiettivo è aggirare le sanzioni americane contro l'Iran, continuare a commerciare con il Paese e quindi mantenere in vita l'accordo sul Nucleare (JCPOA), rinnegato da Washington. La società ha sede a Parigi, presso il ministero delle Finanze, ed è guidata da un banchiere tedesco, Per Fischer. Il capitale di partenza è stato di 3.000 euro. Diplomatici qui a Bruxelles sono molto discreti sulle transazioni in atto, gli ammontari e i prodotti coinvolti. Il timore è di essere colpiti da nuove sanzioni americane. «Alcune transazioni sono in via di definizione - conferma un diplomatico -. Si sta verificando il rispetto delle norme sul riciclaggio di denaro sporco». La messa a regime di Instex è complicata anche dal fatto che l'Iran è ancora al lavoro sul proprio meccanismo che dovrebbe fare da specchio a quello europeo. Secondo gli ultimi dati disponibili, l'export europeo verso l'Iran totalizzava in aprile 314 milioni di euro (-55% annuo), mentre l'import dall'Iran ammontava a 58 milioni di euro (-93% annuo). Durante una riunione dei ministri degli Esteri lunedì, sette governi si sono detti interessati a partecipare al veicolo finanziario: il Belgio, l'Olanda, la Spagna, la Slovenia, la Svezia, l'Austria e la Finlandia. Tuttavia, due grandi paesi, l'Italia e la Polonia, stanno ancora valutando come agire. Il governo italiano è combattuto sul da farsi. Da un lato, vuole preservare l'Accordo sul nucleare e continuare a commerciare con Teheran. Dall'altro, teme di innervosire gli Stati Uniti (dopo aver ottenuto nel 2018 una esenzione temporanea dalle sanzioni americane). Chi ha partecipato alla riunione ministeriale ha ritenuto che Varsavia avesse un atteggiamento ancor più nettamente pro-americano. La spaccatura non è banale in un momento in cui l'Europa tenta di affrancarsi dagli Stati Uniti e di ridurre il peso egemonico del dollaro. Spiega in un recente rapporto lo European Council on Foreign Relations che «le vulnerabilità dell'Europa dipendono soprattutto da una interdipendenza dagli Stati Uniti che è asimmetrica, per via della taglia dei mercati finanziari americani e del ruolo globale del dollaro». In questo senso, il centro-studi crede che «l'Unione europea debba rafforzare le sue politiche sanzionatorie (...) preparandosi ad adottare contromisure asimmetriche». Parlando al Financial Times di ieri, il ministero degli Esteri russo ha dato il suo appoggio a Instex. Dicendosi pronta a utilizzarlo, la Russia ha esacerbato le divisioni europee. Non basta: rimane in dubbio se Instex potrà essere usato per il petrolio iraniano. Non sorprende in questo frangente che Teheran ritenga Instex insufficiente, e abbia rimesso in questione il JCPOA (si veda II Sole 24 Ore del 29 giugno). Il meccanismo di baratto sarà tanto più efficace quanto più numerosi saranno i Paesi europei ad utilizzarlo.

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