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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
21.04.2019 Vichy-Salò: antisemitismi paralleli
Giulio Busi recensisce il libro di Laurent Joly

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 21 aprile 2019
Pagina: 22
Autore: Giulio Busi
Titolo: «Antisemitismi in parallelo»

Riprendiamo dal SOLE24ORE/Domenica di oggi, 21/04/2019, a pag.22 con il titolo "Antisemitismi in parallelo" il commento di Giulio Busi al libro di Laurent Joly "L'Etat contre les juifs: Vichy, les nazis et la persécution antisémite 1940-1944, Grasset"


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Giulio Busi

La carta, grossa e giallastra è quella, povera, dell'immediato dopoguerra. L'autore e il titolo sono però capaci di attirare subito l'attenzione. Leon Poliakov, ebreo di origine russa e attivo in Francia, fino alla morte nel 1997, è stato uno dei pionieri della ricerca europea sulla Shoah. Non un accademico, ma uno scrittore accattivante e capace di sintesi da offrire al pubblico più generale. Oltre al suo nome, sulla copertina è annunciato un argomento insolito: «La condizione degli ebrei in Francia sotto l'occupazione italiana», mentre la data di pubblicazione, più in basso, ci dice che tutto è appena successo: 1946. Pieno com'è di documenti originali, lo studio di Poliakov contiene un serrato confronto tra l'atteggiamento dei nazisti e delle autorità di Vichy, da una parte, e di quello delle forze di occupazione italiane nella Francia del sud, dall'altra. A tutto vantaggio degli italiani.
Il tono è fortemente emotivo: «Quest'opera, che presenta la documentazione autentica tedesca, permetterà di farsi un'idea della differenza che è esistita tra i popoli latini e i teutoni. E gli ebrei non devono dimenticare quanto devono ... a nove mesi d'umanitarismo italiano». E, poco oltre: «In un'epoca in cui quasi tutta Europa si trovava sotto lo stivale tedesco e le polizie di tutti i Paesi erano mobilitate nella caccia all'ebreo ... gli otto dipartimenti occupati dalle truppe italiane si trasformarono come per incanto in una "zona di rifugio" per gli ebrei».
Ho ripreso in mano il libro pubblicato da Poliakov nel 1946 (e tradotto poi in italiano dieci anni dopo) in occasione della recente uscita dello studio di Laurent Joly, L'Etat contre les juifs: Vichy, les nazis et la persécution antisémite 1940-1944
Joly è un giovane ricercatore del Cnrs, specializzato in antisemitismo. Dalle pagine della sua cronaca delle persecuzioni condotte dall'apparato di Vichy, si trae una necessaria integrazione all'immagine sostanzialmente positiva dell'atteggiamento italiano fino al 1943. Nel tutelare gli ebrei sottoposti alla propria autorità, l'esercito d'occupazione italiano nella Francia del sud aveva potuto avvalersi di un principio di autonomia rispetto ai tedeschi. Ragioni di prestigio e la gelosa difesa delle proprie prerogative furono insomma determinanti per le scelte italiane, mentre il governo Pétain aveva natura e caratteristiche diverse.
Joly traccia con efficacia i profili dei poliziotti e dei burocrati francesi che organizzarono con tanto zelo le deportazioni di ebrei volute dai nazisti, e raccoglie così un catalogo di «tecnocrati d'alto grado pronti a sacrificare gli ebrei in nome della loro carriera, antisemiti compulsivi da scrivania, sbirri zelanti - tutti pronti a ubbidire». Se si ripercorrono le tappe della collaborazione alla Shoah del governo di Vichy, saltano
agli occhi i paralleli con quanto avvenne nel nostro Paese dopo il settembre 1943.
È a quel punto, nel contesto dell'occupazione tedesca e della guerra che imperversa nella Penisola, che la caccia agli ebrei viene sancita giuridicamente e applicata meticolosamente dalla Repubblica di Salò. È un salto d'intensità, con il concorso dei "carnefici italiani", come li ha chiamati Simon Levis Sullam nel suo libro omonimo.
Delatori che denunciano, milizie fasciste, polizia e carabinieri che arrestano, addetti ai campi di concentramento che sorvegliano e trasferiscono: la macchina che rende possibile e avvia il genocidio, poi portato a termine nei lager tedeschi, si mette in moto in un'Italia incattivita e predatrice, a cui non bastano i pur molti episodi di aiuto individuale agli ebrei. Le ragioni che portano a denunce e arresti non dipendono solo da convinto razzismo biologico, ma hanno a che fare anche con una mistura di cinismo, avidità, rancore. Del resto, non andò molto diversamente in Francia. Agli occhi di Helmut Knochen, alto ufficiale delle SS, il modo migliore per indurre la popolazione all'antisemitismo, nel 1941, era la corruzione e l'offerta di ricompense a spie e approfittatori: «Mentre è quasi impossibile coltivare nei francesi sentimenti antisemiti su basi ideologiche, l'offerta di vantaggi economici susciterà più facilmente simpatie per la lotta agli ebrei».
Il confronto tra governo di Vichy e Repubblica sociale italiana aiuta a comprendere le dinamiche di una tragedia comune. In entrambi i Paesi, gli ebrei erano inseriti pienamente nella società civile, e vennero mandati a morire dagli apparati dello Stato.
Le tragiche statistiche dello sterminio sono peraltro, in qualche modo, comparabili, con il 28 % circa della popolazione ebraica deportata dalla Francia o trucidata sul posto e circa il 18 % di deportati, rispetto al numero approssimativo di 43mila "persone di razza ebraica", che si calcola si trovassero nel centro e nel nord Italia nel settembre 1943.
Al di là e al di qua delle Alpi, l'Europa livida, impaurita e servile che sostenne lo sterminio e vi contribuì, dovette essere annientata con la forza.
È anche per questo che la data del 25 aprile 1945 rimane così importante perla coscienza storica italiana. Se dell'indole dei popoli e della loro presunta, naturale generosità si può discutere ed è spesso lecito dubitare, la libertà, una volta perduta, è ben difficile da riconquistare.

 L'ETAT CONTRE LES JUIFS: VICHY, LES NAZIS ET LA PERSÉCUTION ANTISÉMITE (1940-1944) Laurent Joly Grasset, Paris, pagg. 362, € 20,90

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