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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
23.12.2018 Isaac B. Singer: Per il protagonista sopravvissuto alla Shoah i nazisti sono ancora ovunque
Giulio Busi recensisce 'Nemici, una storia d'amore'

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 23 dicembre 2018
Pagina: 25
Autore: Giulio Busi
Titolo: «Un racconto per notti infinite»

Riprendiamo da ILSOLE24ORE-DOMENICA di oggi, 23/12/2018, a pag.25, con il titolo " Isaac B. Singer: Per il protagonista sopravvissuto alla Shoah i nazisti sono ancora ovunque" la recensione di Giulio Busi al libro "Nemici, una storia d'amore" di I.B.Singer

Nemici. Una storia d'amore - Isaac Bashevis Singer - copertina
                                                 I.B.Singer

Stupenda la recensione di Busi, vorremmo chiedergli però di non usare più la parola 'olocausto', ma Shoah. Il perchè è facilmente immaginabile.

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Giulio Busi

Parole-sassi, che cadono senza un suono. Forse il pozzo ha un fondo. Forse laggiù c'è acqua, limacciosa, malsana, plumbea. Ma la distanza è troppa, nessuno può udire il tonfo delle pietre che s'inabissano. Per Herman Broder le notti non hanno fine, e le parole che le attraversano scompaiono senza lasciare tracce. Chissà se toccano il fondo della sua anima. Chissà se esiste più, questo fondo. Quando il racconto comincia, Herman cerca con tutte le forze di riprendere coscienza dal sonno, di liberarsi da un incubo. Nel dormiveglia non sa dove sia. Se a Brooklyn, in Polonia o in un campo tedesco. «Si svegliava sempre malconcio e sgualcito, come se avesse passato la notte a fare la lotta». Anche Giacobbe, nella Bibbia, aveva trascorso una notte intera a lottare con un misterioso antagonista. Ma lui, il patriarca, viveva al tempo della fede, nell'età in cui Dio parlava, operava, proteggeva. All'alba, Giacobbe si era liberato dalla stretta dell'avversario. Da quello scontro era uscito claudicante ma pieno di energia, fiducioso verso la vita, aperto verso il futuro. Herman si è salvato. Ma per lui l'alba non ha colori. Non ha fede, non ha prospettive. Solo odori, corpi, desideri, disagi. Nei campi di sterminio, al di là dell'Oceano, oltre il tempo, sono sepolti i sentimenti, s'è dissolta la possibilità di capire, s'è spento il calore del cuore. Nemici, apparso in yiddish nel 1966 e tradotto in inglese nel 1972, è il primo romanzo d'ambientazione americana di Isaac B. Singer, che ora ci giunge in una nuova versione italiana di Marina Morpurgo. Sin dalle prime battute il lettore si accorge però che New York, cornice della storia, è una diafana proiezione di chissà quali luoghi, uno più irraggiungibile dell'altro. Tutti, o quasi, coloro che si muovono attorno al protagonista, vengono da "là", dal pozzo della morte. Credete che i nazisti siano stati sconfitti? È il 1949, ormai c'è la guerra fredda, tutto è cambiato. Molti la penserebbero come voi, guarderebbero al futuro, si farebbero una famiglia, lascerebbero il passato alle spalle. Per Herman, i nazisti sono dappertutto: a New York, in paradiso, nell'eternità. New York è in Polonia, la Polonia è ovunque, la Polonia non esiste più. «Il passato è presente quanto l'oggi. Caino continua a uccidere Abele, Nabucodonosor continua a cavare gli occhi di Sedecia e a massacrare i suoi figli ... gli ebrei vengono bruciati ad Auschwitz per l'eternità» - il non-tempo del romanzo grava sul protagonista come una maledizione. O come una scintilla di redenzione. Perché se il dolore è infinito, infinita è anche la fiamma del piacere. Herman ha molte donne. Troppe, e troppo diverse l'una dall'altra. C'è Jadwiga, la contadina polacca che gli ha salvato la vita, tenendolo nascosto in un fienile durante la guerra. Herman l'ha portata con sé in America, l'ha sposata, le offre ogni genere di sicurezza. E la tradisce. La (prima) amante si chiama Masha, ebrea e reduce dall'Olocausto come lui. Sensuale, travolgente quanto i suoi capelli di "pece e fiamme". La carnagione straordinariamente chiara, «gli occhi azzurro pallido con macchioline verdi, naso sottile», Masha impersona un erotismo quasi religioso. Far l'amore con lei è per Herman come partecipare a una liturgia, equivale a ripetere l'esodo dall'Egitto, in un rituale che spesso dura fino alle prime luci del giorno: «A Herman quegli amplessi ricordavano i racconti degli antichi saggi, che rievocavano il miracolo dell'uscita dall'Egitto fino al sorgere della stella del mattino». Una moglie e un'amante potrebbero bastare in casi comuni, di banale vita borghese. Nella confusione dell'animo di Herman s'attorciglia un terzo destino femminile. È Tamara, la sua prima moglie, che credeva morta nello sterminio e che ora riappare a New York - da un incubo, da un sogno? - stralunata, triste, inesistente, desiderabile. Mentitore in amore, Herman non è meno ambiguo nel lavoro. Campa il lunario scrivendo discorsi religiosi per un rabbino di non immacolata virtù, corrotto e corruttore. Finge insomma una devozione che certo non gli appartiene, e la mette in bocca a chi devoto non lo è affatto, ma solo lo dà da intendere. Perché la sua vita assomiglia sempre più a un gioco di scatole cinesi, dove nulla è quello che sembra, e l'inganno la fa da padrone? Nell'universo creativo di Singer, la risposta al male non può essere semplicemente altro male. E neppure la fiduciosa attesa del bene. Piuttosto, le tenebre soffiano come vento di tempesta, sollevano dubbi irrisolvibili, chiamano altre tenebre, luccicano di gocce sottili, di perle di desiderio, disegnano le sagome dei corpi, bruciano l'immaginazione. Come molti protagonisti dell'opera singeriana, anche Herman Broder è un mistico. Ateo, blasfemo, miscredente finché si voglia, ma pur sempre attratto dell'invisibile come un magnete. Non che le forze invisibili siano benevole, anzi. «Un'intelligenza celeste - pensa a un certo punto - stava conducendo esperimenti su di lui, simili a quelli che i medici tedeschi avevano condotto sugli ebrei». Un'unica forza ha il potere di attrarre la carne, di risvegliare l'eros, di unire, di sciogliere, di far nascere la vita, di suscitare la morte. Ogni anno, per commemorare l'uscita dalla schiavitù e la liberazione dall'angelo della morte, gli ebrei leggono convivialmente l'Haggadah di Pesah, il Racconto del Passaggio. Nemici è una Haggadah per una notte infinita, e per un angelo sterminatore fatto di treni piombati, di numeri tatuati sulla pelle, di camini che mandano in cielo uomini, donne, bambini vivi. È una Haggadah scritta con i corpi, vergata con l'inchiostro del desiderio e dello stordimento, rilegata con la pergamena dell'inganno. Il Racconto è compiuto, l'ultima frase è suggellata. Ma al fondo di questa notte, diversa anche dalla più diversa delle notti, quale parola potrà mai arrivare?

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