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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
30.09.2012 Una nuova biografia di Isaiah Berlin
Recensione di Mario Ricciardi

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 30 settembre 2012
Pagina: 26
Autore: Mario Ricciardi
Titolo: «Saggezza di un sionista liberale»

Sul SOLE24ORE, supplemento 'Domenica'. di oggi, 30/09/2012, a pag.26, con il titolo "Saggezza di un sionista liberale" Mario Ricciardi recensisce una nuova biografia di Isaiah Berlin, per ora solo in edizione inglese.
Arie M.Dubnov " Isaiah Berlin, the journey of a Jewish liberal", Palgrave

Isaiah Berlin

«Spero che non dovremo prendere questo!». Isaiah Berlin stava uscendo dalla stanza in cui aveva sostenuto il colloquio per l'assegnazione di una fellowship a All Souls quando fu raggiunto dalle parole di Lord Chelmsford rivolte agli altri membri della commissione. Anni dopo, egli spiegava lo spiacevole commento del Warden di All Souls con la magra figura fatta quando i commissari lo avevano messo alla prova per saggiarne la conoscenza del tedesco. Arie Dubnov, autore di una nuova biografia intellettuale di Berlin, scrive che invece, nell'ambiente familiare del filosofo, la sgradevole reazione dell'aristocratico fu attribuita all'antisemitismo che – appena dissimulato – era diffuso negli anni Trenta tra i membri dell'establishment britannico. In effetti, è difficile dare torto ai parenti di Berlin. Pur essendo meglio integrata che in altri paesi europei, la maggior parte degli ebrei del Regno Unito rimaneva relativamente ai margini nelle alte sfere della società. Tanto che, come scrive Dubnov, l'elezione di Berlin alla fellowship di All Souls, nonostante Lord Chelmsford, fu salutata come un "miracolo" dal padre del filosofo, e valse al giovane Isaiah una straordinaria popolarità tra gli esponenti più in vista della comunità ebraica britannica.
Scritta dopo la pubblicazione a opera di Henry Hardy e dei suoi valenti collaboratori di numerosi scritti inediti e di buona parte dell'epistolario di Berlin – materiale di straordinario interesse per ricostruirne l'evoluzione intellettuale – la biografia di Dubnov segna in questo senso un indiscutibile passo avanti rispetto al pur pregevole volume di Micheal Ignatieff pubblicato nel 1998. Ben diverso è stato il metodo di composizione. Ignatieff si era basato in larga misura su interviste con Berlin e con persone a lui vicine. Ciò dava alla scrittura un tono informale, che rendeva la lettura del libro piacevole anche per un pubblico poco familiare con gli scritti di Berlin. Dubnov ci propone invece un lavoro pienamente accademico, con i difetti e i pregi del genere.
Un libro con una tesi peraltro, che è destinata a suscitare qualche controversia. La vita di Berlin viene infatti presentata come The journey of a jewish liberal. Un scelta che conduce l'autore a enfatizzare soprattutto la complessa relazione del filosofo con il proprio ambiente familiare. Per illustrarne le peculiarità, Dubnov si sofferma a lungo sulla vita della comunità ebraica in Lettonia, paese in cui Berlin è nato nel 1909, che allora era parte dell'Impero Russo, e nel Regno Unito, dove i Berlin si rifugiarono per sfuggire alla rivoluzione bolscevica. Ne segue poi l'ascesa dopo l'elezione alla fellowship di All Souls, ricostruendone minuziosamente il coinvolgimento nelle drammatiche vicende culminate con lo sterminio degli ebrei in Europa e la nascita di Israele. A differenza di Ignatieff, e dello stesso Berlin, che in uno scritto autobiografico aveva messo sullo stesso piano i tre aspetti della propria identità e formazione – russo, inglese ed ebreo – Dubnov attribuisce un peso maggiore all'ultimo. Leggendo anche la formazione del pensiero politico di Berlin attraverso il prisma dell'identità ebraica. Una chiave di interpretazione che cerca di avvalorare la compatibilità tra la difesa del valore positivo dell'identità nazionale e l'adesione al liberalismo.
Non c'è dubbio che nei lavori e nelle lettere di Berlin ci siano diversi elementi che potrebbero offrire sostegno alla tesi di Dubnov. Tuttavia, non si può fare a meno di notare che nel difenderla l'autore finisce per indebolire alcuni aspetti della propria ricostruzione del profilo intellettuale di Berlin, che avrebbero meritato maggiore cautela. Questo è un peccato anche perché il lavoro di Dubnov ha il pregio di segnalare profili della formazione di Berlin che non sono ancora stati adeguatamente indagati dagli studiosi. Negli anni trenta, infatti, il giovane studioso entra in contatto a Oxford con un gruppo di colleghi che saranno destinati a fare la storia della filosofia di lingua inglese del Novecento, occupando un posto di primo piano nella formazione di un'intera generazione di filosofi. J.L. Austin, H.L.A. Hart, Stuart Hampshire, A.J. Ayer avranno con Berlin un rapporto intellettuale e personale intenso, le cui conseguenze si avvertono negli scritti di ciascuno. In particolare sotto l'influenza di Gilbert Ryle, che era di poco più anziano di loro, questo gruppo di studiosi avvia un processo di profondo rinnovamento del modo di fare filosofia. Dubnov coglie correttamente l'importanza del rapporto che essi hanno in questo periodo con la tradizione aristotelica del realismo di John Cook Wilson, che dominava la filosofia di Oxford dagli inizi del secolo, ma genera confusione nel lettore non distinguendo adeguatamente la posizione di Ayer, che sin dall'inizio si avvicina all'empirismo, da quella di Austin e degli altri che con l'aristotelismo hanno una relazione più complessa, riprendendone le idee in un contesto rinnovato e più rigoroso.
Più felice è invece la parte del libro in cui Dubnov sottolinea l'influenza profonda che alcuni esponenti dell'idealismo britannico, e in particolare Collingwood, avranno sulla formazione della sensibilità di Berlin. Orientandone gli interessi verso la storia delle idee e fornendo spunti che verranno rielaborati dal filosofo nei suoi scritti sulla libertà.
Pur con qualche limite, in ogni caso, il libro di Dubnov merita di essere letto. Anche perché, nel descrivere la partecipazione diretta di Berlin alle vicende politiche del movimento Sionista, offre preziosi spunti di riflessione per l'attualità. In un momento in cui si discute molto, e spesso a sproposito, di "fine della politica", attribuendo al ruolo dei tecnici una funzione taumaturgica o demoniaca a seconda delle inclinazioni, è interessante rendersi conto di come l'esperienza politica può plasmare il pensiero di uno studioso, costringendolo a fare i conti con una realtà complessa e sfuggente come quella delle passioni collettive, degli interessi, dei conflitti. L'elogio della saggezza politica che Berlin più volte tesse nei suoi scritti della maturità trae la propria persuasività probabilmente proprio dalle esperienze richiamate da Dubnov. Aiutandoci a cogliere ancora oggi la straordinaria rilevanza del pluralismo liberale di un grande pensatore.

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