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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
09.03.2012 Israele, un luogo in cui l'economia funziona
Commenti di Roberto Bongiorni, Carlo Cugnasca

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 09 marzo 2012
Pagina: 55
Autore: Roberto Bongiorni - Carlo Cugnasca
Titolo: «Israele regina delle Start-up - Prelievo leggero se si investe in tecnologie»

Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 09/03/2012, a pag. 55, gli articoli di Roberto Bongiorni e Carlo Cugnasca titolati " Israele regina delle Start-up  " e " Prelievo leggero se si investe in tecnologie ".
Ecco i pezzi:

Roberto Bongiorni - " Israele regina delle Start-up "


Dan Senor, Saul Singer, Laboratorio Israele, ed. Mondadori

Per differenziarla dalla sorella maggiore a stelle e strisce, gli israeliani la chiamano "Silicon Wadi". Dove Wadi, il canyon scavato da un fiume ora prosciugato - viene sostituito a valley. Ma in sostanza le differenze tra i due innovativi centri tecnologici sono davvero poche. Perché il fratello della maggiore industria tecnologica californiana sta divenendo grande.

Per avere un'idea bastano pochi numeri. Nessun Paese al mondo può vantare una simile densità di start-up, vale a dire una ogni 1.844 cittadini. Nessuno, d'altronde, è stato capace di contare un livello di investimenti di venture capital due volte e mezzo più alto di quello registrato negli Stati Uniti, e 30 volte maggiore del livello europeo. Nessun altro Paese, infine, può vantare un così alto numero di imprese quotate al Nasdaq. E se non bastasse, basti pensare che, secondo un rapporto di McKinsey, in questo fazzoletto di terra il settore delle attività connesse a Internet nel 2009 ha contribuito all'economia nazionale con un giro d'affari di 12,6 miliardi di dollari, il 6,5% del Pil. La Silicon Wadi, capace di generare 120mila posti di lavoro (il 4% della forza lavora nazionale), vale più del tradizionale settore delle infrastrutture industriali (6,8% del Pil). Dati evidenziati anche da un libro di successo dal titolo emblematico: "Start-Up Nation".

Il polo tecnologico israeliano, che si estende da Tel Aviv ad Haifa, si sta internazionalizzando anno dopo anno. Forse per la giovane età, forse per la percentuale di laureati, il 45% della popolazione (la più alta al mondo), quella israeliana è un'industria orientata al capitale di rischio. Che sembra ripagare. Perché giganti come Microsoft, Philips, Google e Cisco hanno scelto Israele per aprire i loro laboratori di ricerca e sviluppo fuori dagli Usa.

A soli 27 anni Yaron Carni, ha fondato Tel Aviv Angel Group, una società che finanzia start-up e che poi sono spesso rivendute a grandi società. Come è accaduto per Labpixies, piccola società che produce gadget per il web e gli i-phone, finanziata da AngelGroup e rivenduta nel 2010 a Google, secondo indiscrezioni della stampa, per 25 milioni di dollari. È stato il primo acquisto di una società israeliana, che peraltro contava solo 12 dipendenti, da parte di Google Israel . «Noi israeliani - spiega Yoni Carni - siamo sempre alla ricerca del miglioramento. Qui abbiamo dei vantaggi: il periodo di leva (tre anni per gli uomini e due per le donne, Ndr) è una grande occasione perché il nostro settore militare è ad altissima tecnologia. Qui si impara e poi si traferisce nella realtà di tutti i giorni. In secondo luogo Israele è un problem solver: si risolvono i problemi con i mezzi a disposizione. Senza indugiare. Infine l'apporto di ebrei, ma non solo, da tutto il mondo costituisce un formidabile esperimento multiculturale». «Il costo per avviare una start-up - continua - sta consistentemente diminuendo. Per gli incubatori si parla oggi di 10-20mila dollari, per gli Angels 100mila. Il tasso di successo è in deciso aumento».

Google Israel è un esempio di come un gigante del web possa crescere in un piccolo Paese come Israele. «Siamo partiti dal nulla nel 2005 e ora contiamo già 250 addetti» spiega il Yossi Mathias, direttore Ricerca e Sviluppo di Google Israel. «Il crescente successo di questo settore è dovuto a un cocktail di fattori: in Israele ci si trova di fronte a una numerosa presenza di talenti, è una sistema aperto, un ambiente cosmopolita che agevola la circolazione di idee». «Google Israel sta ora creando un incubatore per le start-up dove le idee migliori possono crescere e maturare rivendendo prodotti e servizi di qualità. È un ambiente aperto. È vero gli americani sono gli stranieri che hanno investito di più nell'high-tech israeliano, ma spero che gli europei partecipino via via di più alla nostra espansione, inclusi gli italiani». Per ora la presenza italiana in questo settore è molto limitata. «Dal 20 al 23 maggio si svolgerà "Biomed", il più importante appuntamento locale nel settore biomedicale - spiega Marina Scognamiglio, direttrice dell'Ice di Tel Eviv - abbiamo già preso contatto con il coordinatore di tutti gli incubatori e con alcune venture capital israeliane per sondare la possibilità di organizzare un evento congiunto con realtà speculari in Italia. Gli israeliani si sono mostrati interessati».

Carlo Cugnasca - " Prelievo leggero se si investe in tecnologie "

Ai fini delle imposte sui redditi, le società residenti in Israele sono tassate sul reddito ovunque prodotto (worldwide income taxation) mentre le società estere sono tassate in relazione ai redditi ivi prodotti.

L'aliquota ordinaria per il 2012 è fissata al 25 per cento.

È prevista la possibilità di optare per un regime di tassazione consolidata in caso di gruppi industriali le cui società operano nel medesimo settore.

La base imponibile è calcolata apportando al risultato di bilancio opportune variazioni di natura fiscale. Regole particolari sono previste, tra gli altri, per gli ammortamenti, le spese di ricerca e sviluppo, le spese di viaggio e per gli autoveicoli.

I dividendi pagati non sono deducibili dal reddito e sono soggetti a ritenuta con aliquota che varia dal 20% al 25% per le persone fisiche; nessuna ritenuta è applicata qualora il socio sia un'altra società israeliana.

I dividendi pagati a (e ricevuti, anche, indirettamente, da) società estere sono soggetti alla ritenuta del 25%, salva applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni (oggi circa 50).

È possibile beneficiare di un credito per le imposte pagate all'estero.

Una particolare disciplina è prevista per le società holding. In Israele non esistono norme in tema di thin capitalisation.

Gli interessi e le royalties corrisposti sono generalmente soggetti a ritenuta (dal 15% al 25%, salvo convenzione); un'esenzione è prevista per gli interessi percepiti da soggetti esteri in relazione ad obbligazioni emesse da società quotate. Trovano invece applicazione le regole in tema di transfer pricing, con possibilità di stipulare accordi preventivi (Apa, o vvero advance pricing agreements) con le autorità fiscali, e di controlled foreign companies.

Da tempo Israele si è dotata di un regime fiscale favorevole (capital investment encouragement law) per le aziende che investono in determinati settori industriali (in particolare, in quelli dell'innovazione e sviluppo tecnologico) con l'obiettivo di fare crescere la competitività internazionale (sono avvantaggiate, infatti, le imprese esportatrici) e che creano occupazione, specialmente in determinati territori (Galilea, Negev e Gerusalemme).

In sintesi, il regime prevede l'applicazione: di un'aliquota ridotta per l'imposta sui redditi (nel 2012: 15% o 10% per i territori sopra menzionati; a decrescere negli anni successivi sino a 12%, -6% dal 2015); di un'aliquota ridotta (15%) per la ritenuta sui dividendi e la possibilità di beneficiare di finanziamenti agevolati a fronte degli investimenti da effettuare.

Per specifiche tipologie di imprese l'aliquota dell'imposta sui redditi può essere ridotta all'8 per cento.

Ulteriori sistemi di incentivazione sono previsti a livello governativo per le imprese straniere che operano nel settore delle tecnologie avanzate e che scelgono di localizzare i propri centri di ricerca e sviluppo in Israele.

I capital gains realizzati da società israeliane in relazione alla cessione di beni situati ovunque nel mondo sono soggetti ad imposizione con aliquota del 25-30 per cento.

Fatte, in ogni caso, salve le previsioni convenzionali, per i capital gains realizzati da società estere, invece, l'imposta si applica in relazione a determinati beni situati in Israele (quali, ad esempio, immobili, azioni di società israeliane, etc), anche se particolari esenzioni possono trovare applicazione.

Il periodo d'imposta coincide generalmente con l'anno solare (con eccezioni per le società israeliane controllate da quotate estere) e le dichiarazioni devono essere presentate entro il 5° mese successivo la chiusura dell'anno fiscale, salve proroghe.

Durante l'anno, le società sono tenute al pagamento di acconti d'imposta (tra cui anche acconti relativi a certe tipologie di costi non deducibili quali spese di viaggio e di rappresentanza), al versamento delle ritenute e dell'Iva.

I soggetti esteri che operano in Israele devono nominare un rappresentante fiscale e/o un rappresentante Iva per l'assolvimento delle proprie obbligazioni tributarie.

Israele applica l'Iva con aliquota ordinaria del 16% sulle cessioni di beni e le importazioni. Le esportazioni, di converso, non sono soggette ad imposta.

Va, infine, ricordato che, a partire dal 2010, Israele è entrato a far parte dei Paesi dell'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).

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