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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
17.09.2010 Domani si vota in Afghanistan
Cronaca di Roberto Bongiorni

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 17 settembre 2010
Pagina: 15
Autore: Roberto Bongiorni
Titolo: «Kabul al voto, sfida tra outsider»

Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 17/09/2010, a pag. 15, l'articolo di Roberto Bongiorni dal titolo " Kabul al voto, sfida tra outsider ".

Per vent'anni Zamir Kabuli ha svolto una delle professioni più difficili in Afghanistan: far ridere la popolazione in un paese dove c'è poco o nulla da ridere. Con la sua pungente satira ha messo in luce vizi e debolezze dei potenti. Nelle sue imitazioni ci sono caduti tutti: infervorati mullah, ministri corrotti, feroci signori della guerra, potenti generali, talebani e persino l'intoccabile tra gli intoccabili: il presidente Hamid Karzai. «Naturalmente cambiavo il nome», ci spiega. La sua "impudente" satira, alla fine, gli è costata il posto tre anni fa, quando la tv nazionale lo ha licenziato. Zamir ha così lavorato prima come tassista, poi ha ripreso la sua professione in una delle tante tv private che in questi anni sono nate in Afghanistan. «Tra noi afghani si dice che ridere è il sale della vita».

Zamir, 39 anni e tre figli, di etnia tajika, è uno dei 2.500 candidati in corsa per i 249 seggi della camera bassa del parlamento. Le seconde, storiche elezioni parlamentari in Afghanistan, che si terranno domani, appaiono come le elezioni degli outsider. Un esercito in cui figurano comici, star della tv, businessman, e popstar del calibro di Zabihullah, l'"Elvis d'Afghanistan". Oltre alla solita schiera di signori della guerra ed ex mujaheddin.

«Qualcosa di positivo c'è: i volti nuovi superano il 50%», ci spiega Nader Nadery, presidente della Fefa, l'Ong indipendente che monitora il voto. Il programma di Zamir è conciso, concentrarsi sulle infrastrutture: ripristinare la rete idrica, portare l'elettricità nei tanti quartieri dove manca». Mentre ci accompagna lungo le strette vie del suo povero quartiere di Khoja Rawsh, la gente lo indica e lo saluta. «Dovevo candidarmi - continua - per i politici i bisogni della popolazione sono un trascurabile dettaglio». Come la maggior parte dei candidati Zamir è un indipendente (la legge impedisce la formazione di partiti politici nazionali). «Dobbiamo formare un blocco trasversale, che unisca le diverse etnie e dia la giusta considerazione alle colleghe donne», conclude.

Le donne, appunto. «La loro ascesa è forse la grande novità. Le candidate sono 406, un record», spiega Nader Nadery. La Costituzione afghana prevede che il 25% dei 249 seggi debba essere assegnato a donne. Questa volta loro sono convinte di ottenerne di più. Kabul attende dunque un voto che, pur meno rilevante a causa dei poteri ridotti del parlamento, si rivelerà comunque un test cruciale. Le strade sono tappezzate di manifesti elettorali. Sono appesi dappertutto, sugli alberi, sulle finestre, sui lampioni, a pochi centimetri dai semafori.

Tra le migliaia di volti spicca una gigantografia che ritrae una bella ragazza, dagli zigomi alti e i grandi occhi scuri, con accanto i cinque cerchi olimpici. Se non fosse per lo slogan sembrerebbe una campagna pubblicitaria. È la sprinter Robina Jalali, 25 anni, uno dei personaggi più popolari tra i giovani (in Afghanistan i minori di 30 anni sono quasi il 70% della popolazione). Tutti la ricordano ad Atene 2004, eliminata nella seconda batteria di qualificazione. La rividero sugli schermi quattro anni dopo, a Pechino, unica donna della magra squadra olimpica afghana tagliare il traguardo con la lunga capigliatura coperta dal velo islamico. Arrivò ultima nella batteria, ma commosse la nazione. «Se verrò eletta mi dedicherò ai giovani e farò in modo che possano praticare sport», ci spiega dal suo ufficio blindato. Il programma di Robina fa perno su educazione e emancipazione femminile. Due temi difficili in Afghanistan che lei, seppure giovane , conosce di persona. Dai 12 ai 16 anni, durante il regime dei talebani, non ha potuto andare a scuola né praticare sport. Quando ha ripreso gli studi, ha ripreso anche ad allenarsi, nel grande stadio di Kabul, dove i talebani costringevano la gente ad assistere a lapidazioni e amputazioni. La sua candidatura, gli abiti moderni e i suoi tacchi a spillo non piacciono a molti conservatori. Ogni giorno le piovono addosso minacce. Robina non se ne cura. «È importante - continua - che parlamento e governo si parlino».

«Sono candidati improvvisati – sottolineano i più critici - che corrono per lo stipendio e per intascare lucrose bustarelle quando il governo avrà bisogno del loro voto per far passare una legge». In effetti l'inesperienza di molti è tangibile, ma il loro entusiasmo è coinvolgente. Come quello mostrato da Farida Tarana, 29 anni, il volto coperto da un abbondante make up. Deve la sua celebrità a un programma molto in voga sull'emittente privata Tolo Tv. Una sorta di X factor. Lei è arrivata come cantante e ha conquistato il pubblico. Un passato da impiegata presso la Kabul Bank - la prima banca privata legata al circolo di Karzai oggi in crisi - si presenta anche lei come indipendente. Tre le sue priorità: educazione, disoccupazione e il miglioramento della condizione femminile. «Certo che ricevo minacce ma è come nello show; c'è chi mi scredita e chi mi applaude. L'Afghanistan cambierà, dateci fiducia».

Anche Friba Charchy, 35 anni, deve la sua popolarità alla tv. Conduttrice del tg del canale nazionale Rtn, esprime un cauto ottimismo: «La sensazione è che questa volta ci saranno meno frodi. Le gente sembra più attenta, abbiamo molti più osservatori». La sua ricetta? «Cambiare le regole che discriminano le donne, rispettando però l'Islam. Ed evitare che in parlamento si formino gruppi in base all'etnia o al clan di appartenenza». «L'Afghanistan sta cambiando, ci sono persone più qualificate, occorre pazienza», ci spiega Hasan Banu Ghazanfar, ministro per le questioni femminili. I politici improvvisati sono però ancora molti. Nel povero quartiere di Dasht-e-barchi, Kulam Reza Abbas non si dimostra preparato a dovere: «Voglio che l'etnia azara non sia più discriminata». E il suo programma? «Fare ciò che la gente mi chiede». E cosa chiede la gente? «Tante cose».

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