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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
02.07.2010 Leviatan e Tamar, quel gas che fa gola a chi non è stato in grado di scoprirlo
L'articolo di Roberto Bongiorni

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 02 luglio 2010
Pagina: 10
Autore: Roberto Bongiorni
Titolo: «Israele e Libano alla guerra del gas»

 Sul SOLE24ORE di oggi, 02/07/2010, a pag.10, con il titolo " Israele e Libano alla guerra del gas" Roberto Bongiorni descrive i possibili problemi che potrebbero nascere dopo che Israele ha scoperto i due giacimenti di gas nelle acque di fronte alle sue coste.
segnaliamo dal pezzo di Bongiorni il rapporto che Israele sta tenendo con Cipro. Non sia mai che Siria e Libano imparino qualcosa. 

Sullo stesso argomento, vedere l'articolo di Danielle Sussman uscito il 17 giugno su Informazione Corretta.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=35192

Ecco l'articolo:

Su quel giacimento, inaspettato e potenzialmente ricchissimo, vogliono mettere le mani tutti. A cominciare da Israele, che ne rivendica la proprietà (ha già concesso le licenze) e vede nel suo sfruttamento la soluzione per affrancarsi dal giogo della dipendenza energetica. Ne esige una parte anche il governo del vicino Libano, di fatto ancora in guerra con Israele e affossato da un ingombrante debito pubblico. Più timidamente, anche Cipro vuole entrare nella partita.
In questo angolo del Medio Oriente, dove le dispute sui confini non sono state ancora appianate, un ricco giacimento di gas può rivelarsi un'arma a doppio taglio. E il maxigiacimento di Leviathanil più grande mai scoperto nel Mediterraneo, 130 chilometri dalle coste di Haifa - potrebbe innescare una pericolosa escalation tra Beirut e Gerusalemme. Le reciproche accuse tra i due governi nell'ultimo mese non sono segnali incoraggianti. Per qualche analista, di questo passo, i giacimenti contesi potrebbero trasformarsi nel casus belli di un nuovo confronto militare con Hezbollah.
La posta in gioco, d'altronde, è altissima. Il valore dei giacimenti di Dalit, Tamar e Leviathan si aggira sui 100 miliardi di dollari. Il governo israeliano è consapevole di un fatto: il fabbisogno energetico registrerà un'impennata verticale nei prossimi anni. Lo ha illustrato bene Shuki Stern il direttore dell'Autorità israeliana del gas, quando, lo scorso 14 giugno, ha diffuso le nuove stime sui consumi: la domanda interna di gas dovrebbe raddoppiare dagli attuali 5 miliardi di metri cubi a 10 nel 2020, per poi salire a 15 nel 2029. Il tallone d'Achille di Israele è proprio l'energia.Già nei primi anni 70 l'allora premier Golda Meir ironizzò sulla peculiarità del territorio dello stato ebraico «Consentitemi di dirvi una cosa che noi israeliani rimproveriamo a Mosé. Impiegò 40 anni per attraversare il deserto e darci alla fine il solo fazzoletto di terra in Medio Oriente che non ha petrolio».
Israele ha dunque fatto di tutto per garantirsi le provvigioni di gas. Facendo dell'Egitto, paese con cui nel 1979 ha firmato un trattato di pace, il maggiore fornitore. Ma l'Egitto è un gigante dai piedi di argilla, al cui interno il risentimento contro Israele, guidato dal movimento dei Fratelli musulmani, è forte. Il gasdotto che attraversa il Sinai, peraltro, è stato spesso minacciato dai gruppi estremisti. Ed ecco che arriva l'imponderabile. Tra gennaio e febbraio del 2009 un consorzio in cui figurano alcune compagnie israeliane e l'americana Noble Energy annuncia la scoperta del giacimento di Tamar (la licenza per l'esplorazione risale al 2000). Si tratta della più grande ritrovamento di gas del 2009 sufficiente a coprire i consumi israeliani di gas per 35 anni.
Beirut comincia ad avanzare qualche pretesa. Ma di gas, in quell'area, sembra esservene di più. Il 3 giugno del 2010 il clamoroso annuncio: Noble Energy calcola in 453 miliardi di metri cubi le riserve del giacimento di Leviathan e 228 miliardi quelle di Tamar (dove è stato ritrovato anche del petrolio). Noble ha una quota del 40%, e tra gli altri azionisti figura l'israeliana Delek. Sull'onda dell'entusiasmo l'ad di Noble, Charles D. Davidson, dichiara: «Crediamo che supereremo quanto richiesto dal mercato interno». Isaac Tshuva, il tycoon israeliano padrone della Delek, è andato oltre: «Questo è un giorno di festa per tutto lo stato di Israele. Energia nostra sufficiente per 100 anni ».Forse troppo.Ma non c'è dubbio che, se debitamente sfruttati (la percentuale di successo è del 50%), i giacimenti, che dovrebbero cominciare a produrre entro il 2012, apporteranno un grande cambiamento all'economia israeliana accelerando il processo per ridurre l'uso del carbone,che oggi genera il 60% dell'elettricità.
Libano permettendo. Perché Beirut non vuole sentire ragioni. Tre giorni dopo l'annuncio sulle riserve di Leviathan, Hashem Safieddine, il capo del Consiglio esecutivo del movimento sciita Hezbollah, ribatte: il nostro movimento «non permetterà a Israele di saccheggiare le risorse di gas libanesi ». Il giorno dopo il ministro libanese dell'Energia,Gebran Bassil, esce allo scoperto: «Non permetteremo a Israele e a qualsiasi compagnia che lavora per i suoi interessi di estrarre gas che rientra nel nostro territorio». Infine venerdì scorso prende la parola il portavoce del Parlamento, Nabih Berri. Politico scaltro, vicino agli Hezbollah, Berri prima appoggia l'idea di Bassil per approvare urgentemente una legge sugli idrocarburi al fine di concedere le licenze di sfruttamento del gas, poi precisa: «Israele sta ignorando un fatto, cioè che, secondo le mappe, il giacimento si trova anche nelle acque territoriali del Libano». Ma quali mappe? Il ministro israeliano delle infrastrutture Uzi Landau avverte che Gerusalemme difenderà i suoi giacimenti, anche con la forza. «Israele non può fare a meno di minacciare e spaventare i libanesi», ha replicato il premier libanese, Saad Hariri, nel weekend.
Al telefono con il Sole 24 Ore il ministro Landau è irremovibile: «In conformità con le leggi internazionali questi giacimenti si trovano nella zona economica di Israele.
Quando abbiamo assegnato le licenze per l'esplorazione (Leviathan fu assegnato nel 2003, ndr) i nostri legali hanno rispettato tutte le procedure. Nessuno si è lamentato. Ma una volta trovato il gas ecco che il Libano rivendica qualcosa che è nostro.Dietro il Libano c'è la Siria. Se minacciati non escludiamo nulla per difendere la nostra sovranità, neanche l'uso della forza. Questi giacimenti sono parte del nostro territorio. Sono un asset strategico».
In mezzo Cipro. Gerusalemme e Nicosia starebbero lavorando su un accordo per definire i confini marittimi fissandoli a circa 200 chilometri dalle rispettive coste. «Stiamo portando avanti il dialogo con Cipro per raggiungere un accordo, basato sulla pratica internazionale e sulle relazioni di buon vicinato», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Yigal Palmor. Una volta fissati i confini, Cipro potrebbe concedere licenze per accertarsi se il giacimento si estende nelle sue acque.
La situazione è tuttavia molto complessa. Israele spesso parla di giacimenti nella sua zona esclusiva economica (che tuttavia, pur avendone diritto, non ha dichiarato) e non di acque territoriali. Le rivendicazioni del Libano sono però complesse perché il suo confine con Israele è molto frastagliato, rendendo difficile,in mare,stabilire dove finisce l'uno e inizia l'altro, ha spiegato a Bloomberg Robbie Sable, professore di diritto internazionale a Gerusalemme.
I timori di Beirut potrebbero avere qualche fondamento. Ancor più del petrolio, i giacimenti di gas non sono compartimenti stagni. Quindi, se un giacimento si estende sul territorio di due stati, chi lo estrae per primo potrebbe "succhiare" parte di quello del secondo. «Un argomento fonte di molti attriti nel passato in diverse aree del mondo - ci spiega Leonidas Drollas, capo economista del Centre for Energy Studies- che risale alle esplorazioni di inizio secolo nel Texas; chi arrivava per primo aveva più possibilità. Il giacimento più grande del mondo, tra Iran e Qatar è un caso emblematico. Il Qatar ha iniziato prima le estrazioni ed ha tecnologie all'avanguardia: sta producendo più gas. La soluzione migliore è un accordo per dividere i profitti». Quello che starebbero facendo Cina e Giappone per sfruttare il grande giacimento delle isole Senkaku. Ma anche se il giacimento di Leviathan si estendesse nelle acque libanesi, è improbabile che Israele e Libano facciano lo stesso. Per Hezbollah, accusato da Israele di aver rafforzato il suo arsenale dotandosi di missili Scud, i pretesti per riaprire le ostilità non mancano. E un giacimento di gas, così ricco, può rappresentare l'ultimo, ottimo pretesto.

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