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Il Messaggero Rassegna Stampa
13.02.2004 Ehud Gol: dopo la visita di Abu Ala
ecco perchè Israele ha bisogno della barriera difensiva

Testata: Il Messaggero
Data: 13 febbraio 2004
Pagina: 17
Autore: Ehud Gol
Titolo: «Le ragioni del Muro»
Pubblichiamo l'articolo dell'ambasciatore d'Israele in Italia, Ehud Gol, che spiega il bisogno di Israele di una barriera per difendersi dal terrorismo.
Chissà se gli darà un'occhiata anche Eric Salerno.

La visita del Primo Ministro Abu Ala a Roma mi offre un'opportunità di riflessione, che purtroppo non mi lascia fare altro che constatare con amarezza che la situazione non è cambiata molto all'interno dell'Autorità Palestinese.
Nulla è stato fatto e nulla continua ad essere fatto da parte palestinese per fermare il terrorismo e per smantellarne le infrastrutture. Ma a sentire Abu Ala, come ha dichiarato proprio in un'intervista a una televisione italiana, i veri terroristi non sono gli uomini di Hamas, del Jihad islamico e delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa, ma noi israeliani che cerchiamo un modo per impedire che si ripetano scene come quelle terribili viste su un autobus a Gerusalemme, il 29 gennaio scorso, dove i morti furono 11 e più di 50 i feriti.
Israele continua a credere fermamente nella pace e porta avanti con determinazione il suo impegno per raggiungerla. Ne è una prova l'ultima proposta del Primo Ministro Sharon, quella, cioè, di smantellare gli insediamenti della striscia di Gaza. Questa proposta dimostra chiaramente la reale volontà israeliana di rimettere in moto il processo di attuazione della Road Map. D'altronde Sharon ha dichiarato in più occasioni che per raggiungere una pace vera nella regione Israele è disposto a compiere scelte e rinunce dolorose e difficilissime. Negli ultimi dieci anni, infatti, si sono infranti numerosi tabù all'interno della società israeliana, oggi disposta a compiere delle rinunce su punti che in passato erano considerati quasi sacri.
Ma per compiere questi passi è fondamentale che Israele senta che è al sicuro, che cessi l'ondata di cieco terrorismo, che le madri israeliane non abbiano più l'angoscia di salutare i propri figli sul bus della scuola, senza sapere se li rivedranno tornare la sera. Proprio per evitare questo continuo stillicidio di sangue innocente, Israele è costretto a dotarsi di una barriera difensiva. Non un muro, ma una barriera antiterrorismo. E i risultati ottenuti con la prima parte della barriera già realizzata ci danno ragione. In un anno gli attentati suicidi sono praticamente dimezzati. Quelli che ancora riescono a penetrare e a portare a termine la loro folle missione omicida-suicida dimostrano non che la barriera sia inutile ma, al contrario, che essa è necessaria e che bisogna completarla al più presto.
Invece, a livello internazionale, assistiamo a un'assurdità incomprensibile: la Corte internazionale di giustizia, nata per perseguire penalmente criminali di guerra, viene utilizzata a fini chiaramente politici, per risolvere una questione esclusivamente politica, che riguarda le misure di difesa adottate da un paese democratico per la propria sicurezza nazionale. La Corte dell'Aja dovrebbe piuttosto processare i veri responsabili di crimini contro l'umanità, i responsabili di atrocità compiute contro civili, pendolari, anziani, donne e bambini inermi, e non portare le vittime del terrorismo sul banco degli imputati, dando man forte alle medesime assurdità sostenute dai leader palestinesi. La barriera antiterrorismo circonderà Israele, non l'Autorità Palestinese e potrà essere rimossa una volta fermato il terrorismo.
La comunità internazionale non può e non deve dimenticare che il terrorismo è un pericolo che non minaccia soltanto Israele, che non è un pericolo lontano, astratto, ma che può colpire, purtroppo, tutti, anche nei propri paesi. È dunque chiaro che l'impegno nella lotta al terrorismo non può diminuire, ma soprattutto non può essere soltanto un problema israeliano, che Israele non può essere lasciato solo, né tanto meno condannato, per questi sforzi e che tutti i paesi democratici e amanti del rispetto della dignità umana devono fare fronte comune contro questo male, finché esso non sia estirpato completamente alla radice.
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