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Il Messaggero Rassegna Stampa
26.01.2004 Uno psichiatra che ci vede con un occhio solo
la lunga carriera di Luigi Cancrini, da psichiatria democratica a terrorismo democratico

Testata: Il Messaggero
Data: 26 gennaio 2004
Pagina: 1
Autore: Luigi Cancrini
Titolo: «Adolescenti palestinesi: vuol fare il kamikaze 1 su 4»
Pubblichiamo l'articolo di Cancrini uscito sul Messaggero, oggi 26.1.2004, quale esempio di "psichiatria di parte", una nuova categoria che mancava. Cancrini, fa la sua analisi ignorando completamente il terrorismo palestinese, la propaganda di un Islam fanatizzato, l'indrottinamento scolastico, che sono le cause prime del risultato che poi si ottiene. Inutile aggiungere che a Cancrini non interessano i disturbi psicologici dei sopravvissuti dell'altra parte, delle famiglie distrutte negli attentati. Conoscendo la lunga carriera di Cancrini non ci stupiamo. Il suo articolo va ad aggiungersi ad una purtroppo lunga lista.
Ecco l'articolo:

Un gruppo di psichiatri che lavora con i palestinesi, a Gaza, ha proposto in questi giorni il risultato di un’inchiesta condotta con gli adolescenti, dai 12 ai 16 anni. Il dato più impressionante che emerge dalla loro ricerca riguarda i sogni di questi ragazzi, l’immagine che essi hanno del loro futuro, l’ideale che propongono a se stessi per il momento in cui diverranno adulti. Il 35% dei maschi ed il 15% delle ragazze (più o meno il 25% del totale) pongono l’accento dei loro desideri, infatti, sulla possibilità di trasformarsi in kamikaze: nel loro linguaggio, in martiri della rivoluzione contro Israele. In una fase in cui le organizzazioni più estremiste hanno accettato il sacrificio delle donne ma sembrano rifiutare ancora quello dei minorenni, il problema è soprattutto un problema di futuro. Quanti degli adolescenti che sognano oggi di trasformarsi in bombe umane manterranno fede alle loro dichiarazioni di oggi? Nelle dichiarazioni rese ad un inviato di El Paìs , un esperto dei servizi segreti israeliani si dice convinto dell’idea per cui la politica attuale di Sharon e di Israele deve mettere in conto come effetto secondario proprio questo tipo di arruolamento nelle file del terrorismo armato. Bambini e ragazzi abituati a sfidare la morte lanciando sassi contro i carri armati israeliani non faranno una fatica particolare ad accettare l’idea di cercarla, la morte, nel corso di un attentato suicida.
Il problema più serio, dal punto di vista psichiatrico, è evidentemente quello del significato, più o meno patologico, di questi atteggiamenti. Una possibilità in più di capire viene tuttavia, a questo proposito, da una serie di studi compiuti in questi anni sulla popolazione generale da psichiatri particolarmente attenti al problema dei disturbi di personalità. Si tratta come è noto di situazioni in cui quelli con cui si ha a che fare non sono i classici "sintomi" di una "malattia mentale" (la depressione o il delirio, la fobia o l’isteria) ma, più semplicemente, la presenza di un difetto dell’equilibrio complessivo della personalità, di tratti del carattere capaci di limitare la libertà della persona ed i livelli della sua capacità di stare bene con gli altri. Ebbene, quello che si vede con queste ricerche è che una quota superiore al 40% degli adolescenti senza sintomi (e dunque apparentemente normali) possono essere considerati, ove li si studi attentamente, portatori di un disturbo di personalità.
L’esperienza clinica è chiara, a questo punto, nel dimostrare la facilità con cui, in situazioni di stress individuale e/o sociale, questo tipo di disturbo dà luogo a delle aspirazioni o a dei comportamenti francamente patologici. Del tipo di quelli, appunto, proposti dagli adolescenti che sognano di diventare dei kamikaze.
L’insegnamento più doloroso e più importante che dovremmo essere in grado di trarre da ricerche di questo tipo è quello che riguarda la necessità di considerare, fra i danni prodotti da una guerra, quelli che si manifestano a livello delle persone che nella guerra sono coinvolte. Siamo abituati a ragionare su cifre che riguardano i morti ed i feriti nel corpo e i bollettini di guerra danno sempre di ciò ampia e regolare notizia. Quelle di cui nessuno parla mai con chiarezza, quello per cui nessuno sembra avere interesse, sono le ferite dell’anima, il modo in cui i comportamenti violenti tendono a perpetuarsi negli anni, quello strano trasmettersi da una generazione all’altra della follia in cui viene spesso da pensare che si nasconda la maledizione più terribile della storia dell’uomo.
E’ per questo mi pare che c’è bisogno fra l’altro di un nuovo modo di pensare alla psichiatria. Da pratica della normalizzazione a pratica di liberazione delle risorse, di prevenzione del disturbo, di intervento forte sulle cause dello star male. Una psichiatria capace di render chiaro che pace e democrazia non sono soltanto qualcosa di buono in sé ma anche, e forse soprattutto, la garanzia dell’equilibrio e della salute mentale dell’uomo e dei cuccioli d’uomo.
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