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Il Messaggero Rassegna Stampa
21.09.2003 Il trombettiere di Arafat
Salerno oltre ogni misura

Testata: Il Messaggero
Data: 21 settembre 2003
Pagina: 13
Autore: Eric Salerno
Titolo: «Israele ignora l’Onu: «Non ci vincola»»
"Israele ignora l'Onu", così recita il titolo dell'articolo di Eric Salerno. Dunque, cosa dovremmo aspettarci di leggere? I rapporti diplomatici fra Israele e Onu, tanto per farci un'ovvia ipotesi. Sì, ma nel pezzo se n'è parlato solo in una riga: il resto è interamente dedicato al "viaggio" del giornalista. Una specie di diario di bordo, dove Israele fa la parte preferita di Salerno, e cioè del cattivo. Con o senza armi.
JENIN - Di posto di blocco, in posto di blocco, in posto di blocco. E' la storia di un breve, nello spazio, e relativamente lungo, nel tempo, viaggio dal centro di Israele a questa citta dove, oggi, la gente è interessata più dal ritiro dei carri armati che da tre giorni imperversavano alla ricerca di militanti di Hamas e della Jihad che dalla "vittoria" di Arafat alle Nazioni Unite.
La risoluzione dell'Assemblea generale (Arafat non deve essere rimosso con la forza come minaccia di fare Israele) non impegna e così il portavoce di Sharon ha detto che il voto «è privo di senso». Per il leader palestinese, tornato alla ribalta grazie proprio alle minacce israeliane, la risoluzione «è molto importante» e lo ha ribadito ai giornalisti che lo hanno raggiunto a Ramallah, non molti chilometri a sud di qui.
Senza posti di blocco, anche Salerno potrebbe saltare in aria, saltare in aria, saltare in aria. Ma il trombettiere di Arafat non meriterebbe altro se non la lettura dell'articolo, per vedere quanto faziosi si possa essere. Coraggio, andiamo avanti.
Ci sono tante strade per arrivare a Jenin, la città che fu teatro di una delle battaglie più sanguinose dell'operazione "scudo di difesa", scatenata dagli israeliani nella primavera scorsa.
Scatenata ? forse Salerno passa troppo tempo all'Hotel Colony per poter seguire quanto succede nel paese che lo ospita. Su Jenin ha la versione Arafat e come tale ne fa propaganda. A suo danno, perchè oggi, quanto è successo a Jenion, è di pubblico dominio. Ed è l'easatto contrario delle parole che Salerno usa.
Baga el Gharbiya è un villaggio arabo israeliano sulla linea verde. E un tutt'uno con Naziat Isa e Baga esh Sharqiya, altri due villaggi, ma loro stanno dall'altra parte della "linea verde", ossia in Cisgiordania. Il primo check point è a Naziat Isa, lo si attraversa entrando in territorio occupato. E fin qui nulla da eccipire. E' come una frontiera. Ma poi a Est di Baga esh Sharquya, a sorpresa, c'è il secondo check point e un grande reticolato elettronico, il muro di sicurezza che Israele sta innalzando intorno alla Cisgiordania. Nella pratica il villaggio appena superato è in un limbo, isolato da Israele e anche dal resto del mondo palestinese.
Tre soldati stanno fermi al terzo di questi posti di blocco, un incrocio in mezzo a villaggi arabi e insediamenti ebraici, campi di tabacco e campi dove cova la carbonella.
Salerno sa perchè Israele costruisce la barriera di difesa ? si informi, esca dall'Hotel Colony e provi a parlare con qualcuno il cui nome non cominci per ABU.
Sono gentili con noi, ma fermi con gli arabi, noi passiamo, gli altri aspettano. Le truppe si sono ritirate poco fa dal centro di Jenin. Venerdì quattro soldati erano rimasti feriti in uno scontro a fuoco. Feriti anche un ragazzo di dodici anni e un signore colpito sulla porta di casa. Le truppe hanno arrestato alcuni militanti e demolito le case di un paio di kamikaze di Hamas che avevano seminato morte in Israele. Non potevano essere puniti e così la punizione spetta a mogli e figli, a madri e padri, a fratelli.
Soldati feriti ? Come ? da chi ? Salerno descrive solo la parte palestinese. Lì va a fondo.
«L'Autorità palestinese non combatte il terrorismo e allora dobbiamo farlo noi», si giustifica un portavoce militare. Forse ha ragione sulla prima parte, ma sembra voler dimenticare che Jenin, come Ramallah, come praticamente tutta la Cisgiordania, è sotto totale controllo israeliano.

Certo, se Israele vuole prevenire gli attentati.
Entrare a Jenin non è stato troppo difficile. La strada principale ci viene impedita da un carro armato e allora passiamo in mezzo alla campagna con decine di altre vetture, dimostrazione, e l'abbiamo constatata anche in uscita, che finita la caccia, giustificata o meno, ai terroristi o militanti, è continuata la punizione collettiva.
La caccia ai terroristi "giustificata o meno" ? O meno ? E bravo il Salerno! Chissà che accoglienze all'Hotel Colony !
Alle spalle del moderno ospedale di Jenin c'è una grande scultura, un cavallo di lamiere colorate ricavate dai rottami di auto e frigoriferi e stufe. Le botteghe dove si lavora la pietra sono in piena attività, carrozzieri e fabbri lavorano insieme per sfruttare quanto resta di centinaia di vetture schiacciate dai cingolati dell'esercito. Nel ristorante occupato in questi giorni dalle truppe sono tornati a servire un ottimo pollo e hummus , la crema di ceci. Quella vasta spianata nel campo profughi dove prima dell'attacco c'erano decine di case, "ground-zero", è un cantiere. Si ricostruisce. «Si inventano la speranza», commenta un medico. E guardano ancora ad Arafat per dire ciò che ha detto ieri Romano Prodi, presidente della Commissione europea: «In politica uno non si crea gli interlocutori, in Medio Oriente gli interlocutori sono Sharon e Arafat».
Ci mancava "ground zero". Sharon come Bin Laden. Bravo Salerno, è riuscito ad inventare un nuovo genere di giornalismo. Quello horror.
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