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Avvenire Rassegna Stampa
05.08.2021 Beirut, i libanesi insorgono contro Hezbollah e il governo corrotto
Commento di Luca Foschi

Testata: Avvenire
Data: 05 agosto 2021
Pagina: 15
Autore: Luca Foschi
Titolo: «La rabbia del Libano (unito) al porto: 'Hezbollah, Aoun, se ne vadano tutti'»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 05/08/2021 a pag. 15, con il titolo "La rabbia del Libano (unito) al porto: 'Hezbollah, Aoun, se ne vadano tutti' ", il commento di Luca Foschi.

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Proteste a Beirut

La gioventù del quattro agosto spacca le lastre di marmo che compongono il marciapiede, le riduce a misura di lancio, scaglia gli scisti contro l'esercito, trincerato dietro le gabbie di ferro che sbarrano la strada alla moltitudine di piazza dei Martiri. I lacrimogeni danno il ritmo alle ondate dalla battaglia urbana: gli attacchi, le ritirate, il respiro dei contusi e degli sconvolti dal gas dove stazionano le ambulanze. Il crepuscolo è una sinfonia di scoppi, sirene, canzoni polari, preghiere dal minareto, fiamme e fumo, l'infernale battere su qualsiasi superficie d'acciaio, vasta metafora dell'insistenza. La giornata è cominciata con il volo notturno degli elicotteri, con i volti dei governanti apparsi sui cassoni del pattume alle prime luci dell'alba, nelle strade che resteranno deserte. A metà mattina i comunicati di commemorazione istituzionale dei presidenti Aoun e Berri, l'invito al rispetto della legalità. Poco dopo mezzogiorno il messaggio di papa Francesco, le promesse di sostegno della comunità internazionale rappresentato da Macron e le notizie da sud: "dialogano" le artiglierie di Hezbollah e Israele. Beirut si è riunita poi alle 15.30, in piccole masse: gli ospedali, la caserma dei pompieri di Karantina, Place Sassine. Qui gli attivisti distribuiscono stendardi, adesivi, bandiere nazionali. Arrivano i dottori, coloro che un anno fa, in poche ore, sarebbero stati travolti dalla mattanza. Duecentosette morti, settemila feriti. l ennesimo, forse definitivo sfregio all'anima del Libano, offesa da un secolo di guerra e anomia. I camici bianchi sollevano un orologio, le lancette sono ferme alle 18.07, l'ora esatta dell'esplosione. Sono accolti da un'ovazione. «Devono andarsene tutti, tutti, soprattutto Aoun e i suoi amici di Hezbollah. Devono lasciarci vivere», dice Anthony. La massa si muove poi verso il porto, attraversa Achrafiye ricostruita con pazienza, s'ingrossa ad ogni porta, viene sospinta dai canti dei bambini alle finestre. Davanti all'Electricitè du Liban, simbolo dell'inefficienza di Stato, un asino porta sulla groppa un grande foglio sul quale campeggiano i deputati in emiciclo. E un'osmosi. Nelle grandi arterie stradali che cingono il porto convergono uomini e donne di ogni quartiere, di ogni età e religione, la semantica della rabbia e del dolore si combina in centinaia di cartelli. Sfilano i carri dei pompieri e dell'esercito, mandati a morire da chi conosceva la presenza silenziosa del nitrato di ammonio. Le sirene d'emergenza sfilano a passo d'uomo. L’ossimoro è straziante. Li osserva un ragazzo smagrito, fiaccato dalla canicola. Attraverso la canotta si intuisce un corpo devastato dalle schegge.

the Dry Bones Blog: the Beirut Blast
La vignetta di Dry Bones: il Libano ha lasciato a Hezbollah la gestione della sicurezza al porto di Beirut: ecco i risultati

Il corteo si arresta all’entrata principale del porto. Potranno passare solo i familiari delle vittime, per la messa solenne. Gli altri tornano indietro, si ritrovano davanti alla statua che in opposizione ai silos divorati vuole rappresentare la rinascita della metropoli. L'acciaio divelto si solleva in una donna con un palmo aperto, sul quale posa una colomba. I soldati sulle camionette non parlano, sono con le proteste, ma non possono parlare. Scoccano le 18.07. Il silenzio abbraccia il porto, la città. Tutti quelli che non hanno partecipato per timore. Un minuto atteso da un Paese intero, come fosse una fine, o un inizio. Una ragazza piange. La sua smorfia di dolore s'aggiunge a un tratto al coro cresciuto all'intorno: thawra, thawra. Rivoluzione. La fiumana muove verso il Parlamento, si arresta nella trincea di piazza dei Martiri. È la guerriglia. Viene la notte. Le forze dell'ordine passano all'offensiva, il cielo si riempie di una gigantesca nuvola giallognola, l'aria diventa irrespirabile. La moltitudine si disperde, è inseguita. Le strade oscure sono gonfie d'urla, di fughe, di spari.

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