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Avvenire Rassegna Stampa
25.04.2021 Nel campo di Al-Hol la formazione dei terroristi del futuro
Commento di Luca Geronico

Testata: Avvenire
Data: 25 aprile 2021
Pagina: 6
Autore: Luca Geronico
Titolo: «Al-Hol, l' 'incubatrice' delle nuove generazioni del terrorismo islamico»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 25/04/2021, a pag. 6, con il titolo "Al-Hol, l' 'incubatrice' delle nuove generazioni del terrorismo islamico", il commento di Luca Geronico.

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Luca Geronico

Exclusive - Half of 40,000 Iraqis Living in al-Hol Camp Long to Return Home  | Asharq AL-awsat
Il campo di Al-Hol

Mentre i nuovi fronti del jihad preoccupano politici e analisti militari, nella provincia di Hassaké - nell'estrema punta orientale della Siria- potrebbe celarsi il "cavallo di Troia" del jihadismo internazionale sconfitto, almeno militarmente, con la riconquista di Raqqa il 17 ottobre del 2017. Così nell'anarchia provocata dalla guerra civile siriana, la prossima "offensiva di primavera" più che dai taleban (in un Afghanistan con ormai il contingente Nato in fase di sgombero) o dal corridoio jihadista africano che corre dal Sahel alla Somalia, il nuovo jihad - con la conseguente ultra-radicalizzazione delle nuove generazioni - potrebbe partire dall'enorme tendopoli di al-Hol a pochi chilometri dal confine con l'Iraq, nel Kurdistan siriano. Un "eterno ritorno" al Medio Oriente del terrorismo jihadista internazionale che una recente operazione delle Forze democratiche siriane ha cercato di scongiurare passando al setaccio dal 28 marzo al 10 aprile la "tendopoli maledetta". Che cosa sia la vita all'interno del campo profughi che dal 2019 a oggi ha visto passare la sua popolazione da 10mila a più di 60mila profughi, lo dicono con lapidaria eloquenza le statistiche: «Da settembre del 2020 - riferisce ad Avvenire un operatore umanitario locale - c'è stato un aumento degli omicidi all'interno del campo, con un allarmante picco di 47 omicidi nei primi tre mesi del 2021». Secondo il sito Kurdistan 24, invece gli omicidi nella struttura sono stati 20 lo scorso gennaio, 19 a febbraio e 16 a marzo, prima che il repulisti delle forze speciali anti-terrorismo - lasciando dentro le basi le forze normalmente di stanza al campo per timore di «corruzione» - avesse inizio. L'obiettivo era di sgominare le cellule dormienti del Daesh e le altre attività criminali nella struttura che ospita anche 2.500 famiglie catturate nei territori occupati dal sedicente Stato islamico, molte delle quali straniere: fra di loro anche numerosi minori non accompagnati o figli di "vedove" del jihad. «Le scuole sono state usate come basi militari, sospese tutte le attività umanitarie tranne quelle mediche e la distribuzione di cibo», riferisce l'operatore umanitario mentre durante l'operazione era pure interrotto Internet. Una serie di retate - a cui i profughi hanno risposto con il saccheggio e l'incendio delle strutture umanitarie-concluse con 125 arresti fra cui il capo e il vice capo del Daesh all'interno del campo e un algerino sospettato di essere il referente di al-Qaeda. Dopo di che, riferisce Kurdistan 24, il ramadan ad al-Hol camp è iniziato «senza che si registrasse un solo reato». Ma il silenzio, dopo la repressione, sembra celare solo odia «Lo alleverò secondo gli insegnamenti dello Stato islamico» aveva dichiarato al Wall Street Journal nel marzo del 2019 mentre lasciava Baghouz, l'ultima roccaforte jihadista, la allora 27enne Umm Abdulrahman, con in braccio un neonato per essere internata ad al-Hol. Vedove e orfani del Califfato, ma non orfani di una ideologia estremista che, senza un intervento di deradicalizzazione adeguato, non può che perpetuarsi incattivendosi. Secondo le agenzie umanitarie Onu sono oltre 10mila "le spose e gli orfani del jihad", fra cui molti cittadini di Paesi stranieri che hanno sempre disatteso gli appelli delle autorità curde a un loro rimpatrio. Lunghi tentacoli di una medusa velenosa. Ad Aleppo Est, finita la battaglia nel dicembre del 2016, sono più di 5mila i minori figli delle "spose del jihad". «Vi è la paura che crescano abbandonati nel radicalismo, ma nessuno si occupava di loro», spiega il padre francescano Firas Lufti. Grazie a un accordo con il Gran muftì di Aleppo e il vescovo latino di Aleppo, i francescani hanno aperto due centri sociali: farne un censimento e dare una istruzione l'obiettiva Una impresa improba, pensando a quanto sia difficile la vita quotidiana in Siria.

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