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Avvenire Rassegna Stampa
08.09.2020 La fuga dei gerarchi nazisti dall'Europa e le omissioni del quotidiano dei vescovi
Nel pezzo di Riccardo De Benedetti

Testata: Avvenire
Data: 08 settembre 2020
Pagina: 22
Autore: Riccardo De Benedetti
Titolo: «La grande fuga dei criminali nazisti»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 08/09/2020, a pag. 22, con il titolo "La grande fuga dei criminali nazisti", il commento di Riccardo De Benedetti.

A destra: Adolf Hitler, Pio XII

Scrivendo a proposito della fuga verso Sud America e Paesi Arabi dei criminali nazisti alla fine della Seconda uerra mondiale, Riccardo De Benedetti evita accuratamente di citare il Vaticano, che fornì a molti gerarchi hitleriani e responsabili della Shoah passaporti per la fuga dall'Europa.
Con l' "Operazione Odessa", in particolare, numerosi gerarchi del regime e SS di primo piano si trasferirono in altre parti del mondo con la benedizione di Pio XII. L'omissione di De Benedetti è una svista? Impossibile crederlo. Le chiama "Fantasie e non del tutto disinteressate." Un altro passo verso la beatificazione di Pio XII?

Ecco l'articolo:

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Riccardo De Benedetti

Le grandi tragedie dell'umanità producono spesso scorie difficilmente smaltibili. Il grande male, il male insopportabile commesso dal nazismo e dal potere hitleriano, non ne è esente. La nostra società della comunicazione, come si suol dire, da una parte alimenta la diffusione di ricostruzioni, storie e ricerche saldamente in mano agli storici, ma non sempre se ne avvale fino in fondo. Capita che si abbandoni alla leggenda, al romanzesco, per far soldi sfruttando la curiosità del pubblico, a volte la sua morbosa degenerazione. La storia della fine fatta dalle migliaia di dirigenti nazisti protagonisti e responsabili dell'immane carneficina degli ebrei, dopo la sconfitta del loro regime è stata oggetto di questa curiosità.

Ricordo il famoso romanzo di Frederick Forsyth Dossier Odessa (1972), dove si raccontava della rete segreta che non solo avrebbe consentito agli ex-nazisti di sfuggire alla condanna per i crimini commessi ma in grado di programmare il loro ritorno sulla scena politica. Fantasie e non del tutto disinteressate. Al contrario, il libro di Jean-Paul Picaper, scrittore e giornalista per "Le Figaro" corrispondente in Germania, Nazisti in figga. Che fine hanno fatto i criminali del Terzo Reich? (Newton Compton, pagine 400, euro 19,90), dimostra come si possa scrivere su un argomento nel quale sarebbe fin troppo facile scadere nel romanzesco e in un complottismo di facile mercato, pagine chiare e documentate. Il suo non è un libro che pretende di fornire al lettore chissà quali interpretazioni storiche sul nazismo, ma di certo fornisce elementi e informazioni precise, riscontrate per lo più sugli archivi della Stasi, il servizio segreto della Germania comunista. Per una serie cospicua di personaggi e figure naziste è possibile farsi un'idea più circostanziata della loro sorte a partire dalla caduta di Berlino e dal suicidio di Hitler nel bunker della Cancelleria il 30 aprile dei 1945. Se si crede che la Storia abbia in sé la capacità di emendare il male che produce per costoro le cose non sono andate poi così male. Purtroppo la malvagità riesce spesso a farla franca. E da questa angolatura le pagine del libro con le sue storie, la descrizione degli interessi contrastanti tra le potenze che si spartirono il mondo dopo la fine della guerra, forniscono uno spaccato dal quale nessuno dei protagonisti, escluse le vittime e coloro che si sono coraggiosamente assunti il compito di rendere loro giustizia, esce immacolato. Basterebbe la ricostruzione di come la Ddr, la Germania comunista, sia stata in grado di utilizzare non pochi gerarchi nazisti e farli partecipare all'edificazione di quella che si presentava come la prima nazione antifascista; o la fretta con la quale gli Stati Uniti, una volta accortisi di come l'Unione Sovietica, giunta per prima a Berlino, avesse ipotecato il futuro dell'Europa, utilizzarono a loro voltai servigi degli ex servizi segreti del Terzo Reich in funzione antisovietica; o come alcune figure, per fortuna secondarie, della Chiesa aiutarono molti gerarchi a guadagnare la via del Sud America. Insomma, in quattrocento pagine emerge come sia difficile mettere gli uomini di fronte alla responsabilità del sangue versato e delle atrocità commesse.

La nomenclatura nazista, diabolicamente articolata, divisa e pure convergente e unita nel cercare di realizzare il suo programma di sterminio fino alla fine, riesce a sottrarsi alla giustizia e quei pochi che verranno impiccati (ottantuno giustiziati a Norimberga), perché tali sono se paragonati alla vastità della distruzione che hanno prodotto e portato tra gli uomini, non renderanno mai pienamente giustizia alle loro vittime. I nomi? Tanti, forse troppi. Ma mai troppi se paragonati alle infinite atrocità di cui sono stati protagonisti e attori: gli Eichmann, i Priebke, i Klaus Barbie, i Franz Stangl, i Schirach, gli Speer, gli Hanke, i Göring, gli Höss, i Goebbels, i Bormann, i Mengele, gli Hess, gli Himmler, i Kaltenbrunner, i Müller, i Ribbentrop, i Rosenberg, i Seyss-Inquart e gli altri suicidi o meno. Per ognuno di loro questo libro descrive ruoli e responsabilità, disfatta, scomparsa e morte. E ci lascia molto amaro nella coscienza.

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lettere@avvenire.it

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