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Avvenire Rassegna Stampa
11.07.2020 Su Avvenire la realtà rovesciata: 'Iran sotto attacco' e 'Israele aggressore'
Nel pezzo di Francesco Palmas, fedele alla versione degli ayatollah

Testata: Avvenire
Data: 11 luglio 2020
Pagina: 14
Autore: Francesco Palmas
Titolo: «Teheran, esplosioni nella notte: 'L'Iran è finito sotto attacco'»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 11/07/2020, a pag.14 l'articolo "Teheran, esplosioni nella notte: 'L'Iran è finito sotto attacco' " di Francesco Palmas.

A destra: Avvenire, ovvero l'informazione distorta su Iran e Israele

Quello di AVVENIRE è un articolo non solo fazioso, ma totalmente di parte, con cui il quotidiano dei vescovi sposa al cento per cento la narrativa della dittatura fondamentalista iraniana. Fin dal titolo il pezzo rovescia la realtà, con l'Iran che da aggressore che minaccia la distruzione di Israele viene descritto come vittima "sotto attacco". La conseguenza ovvia è che la parte di aggressore e guerrafondaio, nel mondo parallelo descritto da Palmas, spetti a Israele, che invece non fa altro che difendersi. Quello di Avvenire, di conseguenza, è un servizio pessimo fatto all'informazione e ai lettori.

Ecco l'articolo:

E’ una guerra sotterranea, giocata a colpi di esplosivi, spie, ciberattacchi, droni e, forse, missili balistici. Una cosa è certa: l'«Iran è sotto attacco», come sostiene la stragrande maggioranza degli osservatori. Almeno da due settimane a questa parte, con un'escalation che sembrava sopita a gennaio, dopo la morte di Soleimani e la rappresaglia persiana, millimetrica. E, invece, tra la fine di giugno e la notte scorsa, è stato uno scatenarsi di eventi bellici, un dialogo iper-armato di cui è facile individuare gli interlocutori: mullah e pasdaran da una parte, Mossad, dissidenti iraniani e Cia dall'altra I primi incassano, per ora, i secondi colpiscono. Come avvenuto puntualmente ieri notte nella capitale. Nei cieli iraniani, è stata battaglia, o quasi. Fra le tenebre, droni o, forse, caccia, scortati da velivoli da attacco elettronico, avrebbero fatto saltare in aria un impianto missilistico, nei sobborghi occidentali di Teheran. Per alcune fonti, le difese aeree del sito, deboli, avrebbero esploso due missili, a vuoto. Hanno radar obsoleti, di fabbricazione locale. Impossibile impensierire le tecnologie israeliane, maestre nella guerra di accecamento. Si tratterebbe del sesto episodio. Così l'Iran continua ad implodere, colpito al cuore, nei simboli stessi della sua potenza: prima a Natanz, con un'esplosione non poi tanto misteriosa nell'impianto atomico, poi con sabotaggi alle centrali elettriche, quindi ancora con strane incursioni in cliniche e infine con attacchi cibernetici contro riserve di gas.

Does Iran have nuclear weapons?

Teheran potrebbe reagire con i suoi vassalli: i famigerati "proxy". Sembra che la forza alQods controlli 15 gruppi. Manovrandoli, potrebbe colpire gli interessi israeliani. Già proietta potenza nella regione, riducendo le proprie perdite all'estero e garantendosi un corridoio terrestre sempre più traballante fra la madrepatria e le coste mediterranee. Negli ultimi tempi, invece, "preferisce" subire, in patria e all'estero. In Siria, Israele l'ha colpita almeno 200 volte, dal 2011 ad oggi. Stranamente, il regime iraniano non sta rispondendo. Se lo fa, è timido. In genere, i persiani sono temporeggiatori. Abili calcolatori. Sanno incassare. Non vogliono una guerra. Tanto meno ora. Non possono permettersela. Aspettano le elezioni americane di novembre e l'avvento di un governo più conciliante. Forse guardano con ansia e fiducia alla scadenza dell'embargo sulle armi convenzionali, a ottobre. Hanno l'appoggio di Cina e Russia, che mordono il freno e siglano intese durature con l'Iran. La morte di Soleimani ha inoltre tagliato le gambe ai persiani, che mancano di visione regionale, strategia e piani profondi. Le sanzioni americane stanno facendo il resto. L'embargo navale funziona. Avant'ieri, un carico di armi è stato sequestrato dall'Us Navy, mentre navigava verso lo Yemen. L'Iran si scopre con pochi assi nella manica. Teme la morte probabile dell'ayatollah Khamenei e i disordini interni, che ne aggravano la sindrome di debolezza. L'avventurismo regionale mostra segni di stanchezza. Il regime è piegato dal coronavirus, da una disoccupazione alle stelle, da una moneta deprezzata, da un Pil negativo, da un corso del petrolio che non decolla e dal malcontento popolare. Ecco perché Israele e gli Usa - secondo tanti - tentano la spallata finale. Con colpi bassi, provocazioni. Una strategia della tensione che punta a far uscire il regime allo scoperto, mostrandone le vulnerabilità e costringendolo a reagire sconsideratamente. Forse Israele è alla ricerca di un casus belli, con il beneplacito degli Usa? Il regime: «II generale non sarà dimenticato» «Non dimenticheremo mai e non perdoneremo mai» l'uccisione del generale Qassem Soleimani.

Lo ha scritto su Twitter il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Abbas Mousavi, dopo che un rapporto della relatrice speciale dell'Onu sulle esecuzioni extragiudiziali, Agnes Callamard, ha definito come »illegale» l'eliminazione del comandante delle forze Qods dei pasdaran, avvenuta il 3 gennaio scorso con un raid Usa nei pressi dell'aeroporto di Baghdad. «La codarda uccisione del generale Soleimani, l'eroe dell'antiterrorismo nella nostra regione - ha aggiunto Mousavi -, è stata un'uccisione arbitraria è una chiara violazione della Carta dell'Onu». Alla fine di giugno, Teheran ha emesso un mandato di cattura per il presidente americano Donald Trump e altre 35 persone, in relazione all'uccisione di Soleimani. II procuratore generale di Teheran ha detto che il governo iraniano avrebbe inoltre chiesto aiuto all'Interpol. Un mese fa, l'Iran ha annunciato la conferma in appello della condanna a morte del «traditore» che avrebbe fornito a Usa e Israele informazioni che hanno consentito il blitz sferrato a colpi di droni contro Soleimani e «che presto sarà impiccato».

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