venerdi 26 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






Avvenire Rassegna Stampa
14.06.2020 Libano: Paese in bancarotta, si avvicina la guerra del pane?
Cronaca di Camille Eid

Testata: Avvenire
Data: 14 giugno 2020
Pagina: 16
Autore: Camille Eid
Titolo: «La fame divora il Libano: battaglie notturne e caos»
Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 14/06/2020, a pag.16 con il titolo "La fame divora il Libano: battaglie notturne e caos" il commento di Camille Eid.

Immagine correlata
Camille Eid

Risultato immagini per libano
Beirut

Il crollo della moneta nazionale sta infiammando il Libano. Migliaia di manifestanti sono scesi nuovamente in piazza ieri in varie località, da Beirut a Tripoli - 49 feriti, tra cui sei militari l'altra notte - e Sidone, ad alimentare nuovamente le crescenti proteste per la peggiore recessione da decenni. Gruppi di manifestanti hanno bloccato le strade e distrutto vetrine di negozi, incendiato cassonetti della spazzatura e lanciato molotov contro le forze di sicurezza, che hanno risposto sparando proiettili di gomma e lacrimogeni per disperdere la protesta. I dimostranti hanno scandito tutto il giorno slogan contro il governo di Hassan Diab, accusato di essere incapace di fermare il declino e anche contro il governatore della Banca centrale (Bdl), Riad Salame, ritenuto responsabile della riduzione della lira libanese a carta straccia. Tutto accade mentre il governo svolge colloqui con il Fondo monetario internazionale (Fmi) con la speranza di garantire miliardi di dollari in finanziamenti per aiutare a riportare l'economia del Paese sulla buona strada. Tuttavia, si prevede che il piano di salvataggio comporterà dolorosi «sacrifici» da parte dei cittadini. La ripresa massiccia delle proteste segnala che ben poco è cambiato per la popolazione dopo l'insediamento, ormai quattro mesi fa, del governo tecnico guidato da Diab in seguito alle dimissioni di Saad Hariri. Il primo ministro ha parlato ieri sera alla nazione per denunciare un «complotto» contro il suo governo ordito da «coloro che hanno provocato con le loro politiche l'attuale crisi economica» e che vorrebbero contrastare il suo piano di riforme economiche e la lotta alla corruzione. «Lo Stato non ha dichiarato la bancarotta», ha affermato Diab prima di rassicurare i libanesi circa i loro conti bancari bloccati. Lo scorso ottobre, subito dopo l'inizio del 70% la svalutazione della moneta libanese: è passata da 1.515 a oltre 5.000 lire per un dollaro la protesta, le banche avevano cominciato a limitare il prelievo di dollari nel Paese, dove dal 1997 il tasso di cambio ufficiale e principale con la banconota verde è stato mantenuto in un intervallo quasi fisso di circa 1.515 lire per un dollaro. Nel tentativo di placare gli animi, il Consiglio dei ministri ha promesso venerdì che la Banca centrale immetterà dei dollari sul mercato per regolare i tassi di cambio. A margine di una riunione tra il capo dello Stato, Michel Aoun, il premier Diab e il presidente del parlamento, Nabih Berri, quest'ultimo ha annunciato un'intesa su un tasso di cambio di 3.200 lire per un dollaro, a fronte di un picco superiore alle 5mila lire raggiunto agli sportelli di cambio. Dallo scorso ottobre a oggi la valuta locale ha perso circa il 70 per cento del valore. La svalutazione della lira libanese è legata a diversi fattori, per cui il lockdown imposto negli ultimi due mesi per contrastare la pandemia di Covid-19 ha soltanto accelerato il crollo. Il Libano, infatti, dipende quasi completamente dalle importazioni in valuta forte per soddisfare i suoi bisogni primari. Ma alla base del crollo sta una politica monetaria discutibile, perseguita dalla fine della guerra civile nel 1990, che ha prosciugato le casse dello Stato. I debiti contratti dal Libano - e che hanno raggiunto la cifra astronomica di 100 miliardi di dollari per un Paese di cinque milioni di abitanti - dovevano infatti servire per i progetti di ricostruzione del Paese, ma sono finiti in gran parte nelle tasche di una classe politica notoriamente corrotta. Un terzo del debito, ad esempio, è stato investito nel settore energetico senza perciò riuscire a liberare i libanesi dal fastidioso razionamento dell'elettricità. Il 7 marzo scorso, il Libano ha dichiarato per la prima volta nella sua storia la sospensione dei pagamenti sul debito estero, poiché non era più in grado di soddisfare una scadenza in Eurobond di 1,2 miliardi di dollari. Si prevede che la situazione peggiorerà ulteriormente con l'entrata in vigore, mercoledì prossimo, delle nuove sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro la Siria ("Caesar Act") e che dovranno colpire anche personalità libanesi vicine all'Hezbollah. La settimana scorsa, l'agenzia di rating Moody's ha definito il debito pubblico libanese ormai non più sostenibile in ragione della crescente degradazione delle condizioni finanziari del Paese.

Per inviare a Avvenire la propria opinione, telefonare: 02/6780510, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@avvenire.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT