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Avvenire Rassegna Stampa
01.03.2020 Polanski vince ai César con 'L'ufficiale e la spia'
Commento di Angela Calvini

Testata: Avvenire
Data: 01 marzo 2020
Pagina: 23
Autore: Angela Calvini
Titolo: «Polanski vince, proteste ai César»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 01/03/2020, a pag.23 con il titolo "Polanski vince, proteste ai César", il commento di Angela Calvini.

Poco equilibrata la cronaca di Avvenire, le distorsioni del #metoo alla premiazione di Roman Polanski sono descritte in ogni particolare, ignorate le posizioni in difesa del regista.

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E’ finita con urla e clamorose proteste l'altra sera la cerimonia della consegna dei César, gli Oscar francesi, profondamente segnata quest'anno dalla polemica per il record di nomination, ben 12, a Roman Polanski, regista di J'accuse (L'ufficiale e la spia nella versione italiana) accusato di violenze sessuali. Preso di mira dalla contestazione, Polanski - assente - ha vinto il premio come miglior regista, accolto da grida e fischi in sala. Mentre Adele Haenel, l'attrice diventata simbolo del nuovo #metoo francese, abbandonava la sala gridando. Polemiche erano già scoppiate sull'opportunità della presenza in concorso di Polanski alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia dove il film dedicato al caso Dreyfuss, un affresco di rigorosa precisione storica raccontato come un incalzante thriller di spionaggio, aveva ricevuto critiche preventive da parte della presidente di giuria Lucrecia Martel, in polemica col produttore del film Luca Barbareschi. Alla fine il Leone d'Oro andò a Joker, mentre a J’accuse andò il Leone d'Argento Gran Premio della Giuria. Il film, obiettivamente di qualità, venne accolto con entusiasmo da stampa e pubblico sia per l'interpretazione del cast sia per la denuncia dell'antisemitismo imperante nella società francese di fine Ottocento che scelse come capro espiatorio, pur senza avere prove sufficienti, un giovane capitano alsaziano ebreo, Alfred Dreyfus, condannandolo come spia dei tedeschi. Ci vollero anni per riabilitarlo dalle accuse infamanti. Il film lascia anche intravedere un'allusione alla storia personale del regista franco-ebreo Polanski. Che, però, non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella dell'integerrimo Dreyfuss.

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Roman Polanski

E qui si riapre la spinosa questione se sia giusto separare l'artista dalle sue responsabilità private. Il regista franco-polacco, 86 anni, è da anni ricercato dalla giustizia americana nell'ambito di un procedimento per corruzione di minorenne cominciato nel 1977. Di recente, lo stesso Polanski è stato oggetto di nuove accuse di violenze sessuali da parte della fotografa francese Valentine Monnier, che sarebbe stata violentata nel 1975 in Svizzera quando aveva 18 anni. Come lei, altre donne hanno accusato Polanski di violenze per fatti che sono prescritti. E se comunque il vero trionfatore di questi César è stato Les Miserables di Ladj Ly, il film sulle banlieue disperate di Francia, che ha ottenuto il César come miglior film ed è stato il più premiato della serata, l'attenzione si è focalizzata sulle contestazioni a Polanski. Prima della cerimonia, fuori dalla Salle Pleyel di Parigi si sono radunate un centinaio di persone per contestare, con tanto di lancio di fumogeni. Polanski ha disertato la cerimonia, come pure tutta la produzione e il cast del film. Le nomination avevano già provocato le dimissioni dell'intera direzione del premio César. All'annuncio quindi del premio per la miglior regia- eventualità che il ministro della Cultura aveva già definito «un simbolo negativo» - gli occhi di tutti sono andati verso Adele Haenel, l'attrice protagonista de La jeune fille en feu. Lei, diventata il simbolo della protesta dopo aver denunciato le molestie del regista Christophe Ruggia quando era una adolescente, si è alzata ed ha lasciato la sala gridando indignata. Dietro di lei, la regista del film, Celine Sciamma.

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lettere@avvenire.it

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