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Avvenire Rassegna Stampa
11.05.2018 Ispi sull'Iran: ecco in che mani siamo
Federica Zoja intervista Annalisa Perteghella, ricercatrice Ispi

Testata: Avvenire
Data: 11 maggio 2018
Pagina: 7
Autore: Federica Zoja
Titolo: «'L'uscita Usa dall'intesa nucleare ha accelerato tutto'»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 11/05/2018, a pag. 7, con il titolo 'L'uscita Usa dall'intesa nucleare ha accelerato tutto' l'articolo di Federica Zoja, che intervista Annalisa Perteghella, ricercatrice Ispi.

Annalisa Perteghella, ricercatrice dell'Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano (Ispi), apre con piena fiducia al regime degli ayatollah, sostenendo che non è nelle intenzioni di Teheran una guerra con Gerusalemme perché gli ayatollah non ne avrebbero alcuna convenienza.
In che mani siamo finiti? Se sono perfino i ricercatori a sminuire il pericolo di un Iran nucleare e l'aggressione che il regime sciita sta portando in questi anni ovunque in Medio Oriente...

Un altro articolo di Avvenire, invece, oggi viene presentato con un titolo equilibrato: capita raramente per cui lo segnaliamo con piacere. "Teheran lancia 20 missili sul Golan, Gerusalemme risponde con i caccia". In questo titolo, giustamente, l'offensiva iraniana è presentata per prima, e, diversamente da quello che succede spesso, la capitale di Israele è riconosciuta in Gerusalemme, come davvero è, e non Tel Aviv.

Ecco l'articolo:

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Annalisa Perteghella, ricercatrice dell'Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano (Ispi)

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Per la prima volta nella quadro del conflitto siriano, ieri Israele ha ammesso la paternità di un raid mirato contro postazioni iraniane nel Golan siriano, avvenuto nella notte fra mercoledì e giovedì. Lo scontro diretto fra Gerusalemme e Teheran sembra avvicinarsi sempre più, in modo inaspettato e fulmineo. «L'uscita degli Stati uniti dall'accordo sul nucleare iraniano ha certamente influito sull'accelerazione israeliana», spiega Annalisa Perteghella, ricercatrice dell'Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano (Ispi), esperta di Iran.

 

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Quanto è forte il coordinamento fra Washington e Gerusalemme al momento? Con quali risultati? Americani e israeliani stanno cercando di mettere definitivamente l'Iran all'angolo, cancellando quanto fatto dall'amministrazione di Barack Obama, che con l'intesa sul nucleare, di portata limitata ma politicamente rilevante, aveva dato il la alla reintegrazione di Teheran nella comunità internazionale. L'amministrazione Trump sa che abbandonando il trattato, benché l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Mea) non abbia riscontrato violazioni da parte iraniana, per l'Unione Europea le difficoltà di mantenerlo in piedi saranno enormi.

Nel partecipare come ospite d'onore alla parata militare della Giornata della vittoria, il 9 maggio a Mosca, il prima ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rivolto al presidente Vladimir Putin un appello affinché Mosca prenda sul serio la minaccia iraniana, considerata alla stregua del «nazifascismo». Che cosa può fare Putin a questo punto? A mio avviso molto poco. Gli interessi in Siria sono così numerosi, contrastanti e complessi che davvero Mosca può ben poco. Innanzitutto perché si è schierata da una parte precisa e, quindi, non si vede come possa intraprendere una mediazione. E poi perché per gli iraniani il controllo almeno sudi una parte della Siria è fondamentale.

Al di là dello sbocco sul Mediterraneo, strategico in termini economico-politici, perché Teheran non pub arretrare in Siria? Per ragioni riassumibili con l'espressione «difesa avanzata». Avere i missili di Hezbollah, in Libano e in Siria, puntati verso Israele ha un effetto deterrente, nella logica delle tensioni mediorientali.

A Teheran quanto conviene arrivare al conflitto diretto con Gerusalemme? Non è nell'interesse iraniano. E infatti, a parte alcuni organi di stampa ultra-conservatori, che non hanno mai abbandonato la retorica anti-israeliana di Ahmadinejad, quelli più vicini al presidente Rohani mantengono toni moderati. Ovviamente, dopo le ultime decisioni di Trump, l'anti-americanismo è riemerso con forza.

Netanyahu e Trump stanno agendo unicamente in funzione geopolitica oppure hanno obiettivi interni? Il premier israeliano è in difficoltà per inchieste aventi per oggetto casi di corruzione attualmente in corso di svolgimento. Per distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica e compattare uno scenario politico nazionale assai frammentato, agitare la bandiera della minaccia iraniana è utile. Quanto a Trump, sappiamo che lo smantellamento di quanto fatto dall'amministrazione Obama era nel suo programma elettorale.

A suo giudizio, siamo davvero a un passo da un nuovo fronte bellico? La situazione è incandescente: i raid israeliani in Siria non sono una novità, ma è vero che adesso sono sempre più frequenti ed efficaci. Un solo errore di calcolo e il Golan esploderà. Lo spostamento della rappresentanza diplomatica Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, inoltre, sarà anch'esso un passaggio delicato.

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lettere@avvenire.it

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