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Avvenire Rassegna Stampa
04.11.2017 La Qabbalà di Yarona Pinchas
Massimo Giuliani legge 'Le Lettere del Cielo'

Testata: Avvenire
Data: 04 novembre 2017
Pagina: 21
Autore: Massimo Giuliani
Titolo: «La qabbalà di Yarona Pinhas. Lettere sacre della creazione»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 04/11/2017, a pag.21, con il titolo " La qabbalà di Yarona Pinhas. Lettere sacre della creazione" il commento di Massimo Giuliani al libro "Le lettere del cielo" di Yarona Pinchas, ed.Guntina

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                                                        Yarona Pinchas

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Massimo Giuliani

L'ebraico non è una lingua, è una metafisica. O meglio, è la lingua della metafisica, della speculazione mistica, della gabbala. Da secoli, c'è chi dice dall'epoca del Talmud, il pensiero dei mistici ebrei si è strutturato come una riflessione sull'alfabeto della lingua sacra, sull'alefbeth, che ne sono le prime due lettere. La conoscenza e la comprensione di ogni singola lettera ebraica è, per i qabbalisti, una finestra aperta sui misteri della rivelazione divina, che il mondo ebraico non chiama Bibbia ma "Torà" che alla lettera significa insegnamento, rivelazione, istruzione. E poiché tutto quello che possiamo sapere su Dio e sull'uso corretto del mondo passa, secondo il giudaismo, attraverso la Torà, la conoscenza delle parole e delle lettere che la compongono diventa la porta per entrare nei due mondi, quello divino e il nostro, il mondo umano. Per usare un'immagine efficace, l'alfabeto ebraico è una specie di sistema periodico di Mendeleev: come quest'ultimo serve per decodificare i diversi elementi che sono alla base di ogni cosa materiale, così le ventidue lettere ebraiche (tutte consonanti) sono la base per spiegare e comprendere il mondo spirituale, da cui, nella visione dei mistici ebrei, il mondo naturale deriva. Le lettere sono i "mattoni" con cui Dio ha costruito questo mondo e pertanto rappresentano, al tempo stesso, la chiave dei legami che tengono insieme Dio e il mondo, oltre che di una cosa con l'altra. Non è casuale che la tradizione mistica del giudaismo immagini queste lettere disposte non in modo lineare ma in forma circolare, appunto perché «l'inizio è inserito nella fine», come aveva intuito anche Eraclito nel mondo greco. Ma mentre per il filosofo di Efeso «il mondo è pieno di dei», nella mistica ebraica è Dio che è pieno di mondi, è l'Infinito che li vuole e li crea, e che, concentrandosi, fa spazio all'altro da sé: in questo concentrarsi in se stesso Dio permette al finito di esistere. Ecco perché su un punto tutti i mistici ebrei concordano: «Tramite lo studio della Torà e dell'alfabeto ebraico si tocca il cielo con un dito». Appunto, è questione di conoscenza più che di fede, di studio più che di ascesi o di mortificazione. Questi e innumerevoli altri insegnamenti sono "narrati" (i mistici narrano, non discettano) da una studiosa contemporanea che vive in Italia, Yarona Pinhas, nata in Eritrea e cresciuta in Israele (ha studiato linguistica all'università ebraica di Gerusalemme) e che da tempo va distillando la sapienza ebraica in volumi di grande valore spirituale. E un esempio di come la qabbalà sia ancora viva e resa vitale soprattutto da donne ebree che si dedicano alla ricerca di quella che Gershom Scholem, il maggior studioso di gabbala del Novecento, definiva la vera forza creatrice della spiritualità ebraica. Dopo aver esplorato il lato femminile della Torà nel volume La saggezza velata e il perenne valore dell'acqua, in senso fisico e simbolico, in Onda sigillata, sempre per Giuntina la Pinhas ha da poco pubblicato Le lettere del cielo (pagine 182, euro 20,00), una raccolta di meditazioni che attingono alle fonti classiche della qabbalà, come il SeferJetzirà o Libro della formazione e lo Zohar o Libro dello splendore, nonché alla grande tradizione del midrash e persino della filosofia ebraica. Con finezza e felicità espressiva, Yarona Pinhas rielabora immagini antiche che ci ripropongono concezioni teologiche ardite e illuminanti, come un Dio che crea il mondo giocando con le ventidue lettere sacre, perché solo la parola ("clavar" in ebraico, "logos" in greco) che si fa linguaggio mette ordine nel caos del mondo; come l'equiparazione della prima lettera, l'alef, a un'aquila che dispiega le ali per introdursi nel mistero dell'io divino (anochì) e dell'uomo (adam), parole che iniziano appunto con l'alef, come le quattro consonanti che compongono il termine "messia", che altro non sarebbe che un acrostico di quattro tipi di redenzione... e via elencando dall'Alefal Tav, dall'Infinito al finito, come recita il sottotitolo di questo intenso libro. Esso è una specie di reinventata "scala di Giacobbe" sulla quale i nuovi angeli, ossia noi comuni mortali, possiamo salire e scendere e contemplare ciò che normalmente ci è velato. Altre ebree, nel corso del Novecento, hanno mostrato propensione alla mistica o l'hanno riproposta in inediti e stimolanti cammini spirituali: penso a Margarete Susman e Etty Hillesum, a Simone Weil e Nelly Sachs, a mistiche dell'azione come Rosa Luxemburg e Emma Goldman, e tra le viventi le filosofe Agnes Heller e Catherine Chalier. Anche quest'ultima ha scritto un libro sulle Lettere della creazione, sempre edito da  Giuntina, nel quale ognuna delle ventidue consonanti ebraiche è presentata nella sua personalità e psicologia, come se fosse un angelo, un esecutore di Dio nell'opera della creazione del mondo. Perché, come spiega ancora Yarona Pinhas, «ogni lettera ha un valore spirituale e di questi valori (anche numerici) Dio ha fatto mattoni per la sua opera, ha fatto un serbatoio di diversi riflessi di luce, che hanno lo scopo di aumentare la potenza del bene nel creato».

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