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Avvenire Rassegna Stampa
15.11.2016 Abbassare il volume dei richiami dei muezzin: non c'è nulla di discriminatorio
Cronaca di Federica Zoja

Testata: Avvenire
Data: 15 novembre 2016
Pagina: 15
Autore: Federica Zoja
Titolo: «Il muezzin 'disturba', Israele abbassa il volume»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 15/11/2016, a pag. 15, con il titolo "Il muezzin 'disturba', Israele abbassa il volume", la cronaca di Federica Zoja.

Anni fa anche in Italia si presentò un problema analogo, il rumore provocato di continuo dalle campane delle chiese durante tutte le 24 ore, anche notturne. La soluzione elaborata in quel frangente è la più semplice: abbassare il volume del suono delle campane.durante il giorno e silenziarle di notte. Come è avvenuto.  Lo stesso valga per le chiamate dei muezzin, Israele non è un paese musulmano, ma ebraico, i diritti delle minoranze sono garantite a ben altri livelli. La posizione di Abu Mazen, secondo cui si tratterebbe di una proposta discriminatoria, è perciò completamente infondata e pretestuosa.

Ecco l'articolo:

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Federica Zoja

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Un minareto a Gerusalemme

La Commissione ministeriale per la Legislazione israeliana ha approvato nel fine settimana una proposta di legge che prevede di vietare l'utilizzo esterno degli altoparlanti delle moschee in modo da proteggere la quiete pubblica limitando l'inquinamento acustico. L'input alla nuova normativa, presentata da membri del partito nazionalista Yisrael Beiteinu, giunge da cittadini ebrei israeliani residenti a Gerusalemme Est, al confine con la zona araba della città. E quindi "chiamati in causa", loro malgrado, da muezzin locali per le consuete cinque preghiere della giornata musulmana. Tutte rivolte ai fedeli mediante altoparlanti posizionati all'esterno dei minareti.

Per il premier Benjamin Netanyahu, lo Stato d'Israele «è impegnato a garantire la libertà di culto per tutte le religioni, ma ha anche l'obbligo di proteggere i cittadini dai rumori», in particolare da quelli che si verificano nelle ore notturne. Dura la reazione del presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen, che ha subito attaccato l'iniziativa, a suo giudizio di particolare gravità perché «rischia di far sprofondare la regione in un baratro». Il suo portavoce, Nabil Abu Rudeina, ha minacciato il ricorso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

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Abu Mazen

Dalla Striscia di Gaza, nel frattempo, Hamas ha tuonato contro la disposizione, mentre i parlamentari arabi della Knesset, il Parlamento, hanno replicato che già oggi esiste il divieto sui rumori eccessivi in zone pubbliche e che, di conseguenza, non c'è alcuna necessità di una legge solo per le moschee, se non per finalità discriminatorie. Il provvedimento in discussione, che dovrà essere approvato tre volte alla Knesset, ammette, a discrezione delle autorità, deroghe e adattamenti locali. Un altro progetto di legge, approvato dalla medesima commissione, prevede la confisca di terreni palestinesi per l'edificazione di nuovi insediamenti.

Le due proposte giungono a pochi giorni da un altro grave episodio riguardante Israele e Anp, anch'esso compromissorio di un eventuale rilancio dei negoziati di pace fra le parti: lo scorso 18 ottobre l'Unesco (l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura) ha approvato una risoluzione proposta da un folto numero di Paesi arabi in nome della protezione del patrimonio culturale palestinese a Gerusalemme Est. Un testo molto controverso, nel quale si fa riferimento ai siti di valenza religiosa presenti nell'area solo con i loro nomi arabi e quindi implicitamente negandone il legame millenario con l'ebraismo.

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lettere@avvenire.it

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