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Avvenire Rassegna Stampa
09.09.2016 Janusz Korczak, l'umanesimo a misura di bambino
Recensione di Lorenzo Fazzini

Testata: Avvenire
Data: 09 settembre 2016
Pagina: 13
Autore: Lorenzo Fazzini
Titolo: «Korczak, Sua Altezza il bambino»

Riprendiamo da AVVENIRE di oggi, 09/09/2016, a pag. 13, con il titolo "Korczak, Sua Altezza il bambino", la recensione di Lorenzo Fazzini.

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Korczak, l'umaniesimo a misura di bambino (Il Margine ed.)

Se oggi l'età dell'infanzia non è più trascurata, se i bambini hanno studi, formazione, attenzione specifica dedicati a loro, se non vengono solamente considerati come "piccoli d'uomo", molto di tutto questo, almeno nel Novecento, lo si deve a un pedagogista ebreo-polacco. In Italia Janusz Korczak non è così noto, ma nel suo Paese è un'autorità pubblica. Da molti è stato definito "precursore" della Dichiarazione dei diritti Onu dell'infanzia. Infatti l'azione, il pensiero, la produzione di questo medico e pedagogista, nato a Varsavia nel 1878, stanno all'altezza delle persone che segnano un'epoca. Tanto più che con i suoi libri Korczak ha dato prova di sé anche come testimone di un umanesimo biblicamente ispirato, accettando il sacrificio ultimo insieme con i suoi ragazzi nel lager di Treblinka vi morì con 203 di loro nel 1942.

La biografia firmata da Laura Giuliani, rifuggendo dall'agiografia che spesso ha circondato il personaggio soprattutto nella sua terra natale, ce ne riconsegna la grandezza. La sua notorietà in Polonia è comprovata da un dettaglio: uno dei suoi romanzi per ragazzi, Re Matteuccio, ebbe qualcosa come 60 edizioni. In italiano sono disponibili alcune sue opere, tra le quali Come amare il bambino (Le stelle), il citato Re Matteuccio (Progedit), Il diritto del bambino al rispetto (Edizioni dell'Asino). La sua opera più nota è Diario del ghetto, ripubblicato di recente da Castelvecchi.

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Janusz Korczak con alcuni dei suoi bambini

All'origine della sua attenzione precipua all'infanzia Korczak paga un debito con la sua famiglia: vittima di un padre poco equilibrato, che arrivò al suicidio, il piccolo Janusz sceglie la professione di medico (preferendola a una scelta letteraria per la quale comunque era dotato, vista la produzione di decine di libri e centinaia di articoli). Lavora in un ospedale cittadino ma ben presto, anche tramite l'esperienza di educatore in colonie estive organizzate dalle associazioni ebraiche di Varsavia, si impratichisce con la formazione dei più piccoli. Realtà su cui inizia a riflettere e a produrre testi di studio e saggi scientifici. Nel 1911 fonda un orfanotrofio a Varsavia, modellandolo sulle esperienze più avanzate d'Europa. In tal senso vanno segnalati i suoi viaggi di conoscenza a Berlino, Londra e Parigi.

Il suo intento nel creare la «Casa degli orfani» - questo il nome della struttura - era dar vita a una comunità «con nuovi criteri educativi, consapevole che quelle esistenti radunano in sé i difetti delle caserme e dei monasteri», come annota Giuliani. E che Korczak sia riuscito a creare un qualcosa di molto positivo lo testimonia il giudizio assai lusinghiero del famoso psicologo e pedagogista svizzero Jean Piaget, che negli anni Trenta visitò la Casa: «L'uomo straordinario che la dirige ha avuto il coraggio di dimostrare fiducia ai bambini e agli adolescenti di cui è responsabile, fino ad affidare agli elementi più difficili le responsabilità più esigenti». Korczak fece dell'educazione una scelta di vita e decise di non darsi una famiglia propria: «Uno schiavo non ha diritto ad avere dei bambini. Come figlio ho scelto l'idea di servire il bambino e la sua causa».

Ma quali furono i principi ispiratori della sua azione educatrice? Giuliani, fin dal titolo, rintraccia nell'umanesimo della Scrittura il tratto essenziale. Korczak fu un ebreo non ortodosso nella pratica cultuale ma aderente al patrimonio di fede del popolo ebraico. E da esso trasse alcune conseguenze riassumibili in un punto-chiave: la centralità della persona-bambino. Tanto che affermava: «Il bambino è un uomo, e non ha meno valore di un adulto». Slogan che oggi daremmo quasi per scontato, ma che a inizio Novecento tale non era. «Non esistono i "bambini", ma degli individui con una diversa scala concettuale - affermava ancora -, un diverso bagaglio di esperienze, diversi istinti e un diverso gioco di sentimenti». Proprio sui sentimenti il medico-educatore di Varsavia ha vergato una stupenda espressione che genitori, maestri e insegnanti dovrebbero tener davanti agli occhi: «Dite: "E' faticoso frequentare i bambini!". Avete ragione. Poi aggiungete: "Perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli!". Ora avete torto. Non è questo che più stanca. E piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all'altezza dei loro sentimenti».

Nella sua visione pedagogica Korczak si distanzia da Rousseau, che - è la sua denuncia - «nell'Emilio inizia con una frase contraddetta da tutta la genetica contemporanea». L'educatore polacco «non crede in una bontà originaria dei bambini, ritiene che sulle disposizioni ereditarie prevalgano le sollecitazioni dell'ambiente in cui si nasce - scrive Giuliani -. Da qui il diritto del bambino a condizioni ottimali in cui crescere». E se ogni pensiero lo si misura nella prova dell'azione, la scelta di Korczak di seguire i suoi 203 ragazzi (rastrellati nel Ghetto di Varsavia) a Treblinka, testimonia per lui. Rievoca Giuliani: «Korczak venne chiamato da parte da un comandante nazista che dirigeva le operazioni, il quale, riconosciutolo, gli chiede conferma del fatto che egli sia davvero l'autore del libro La bancarotta del piccolo Jack, letto nell'infanzia. Al suo annuire, il tedesco dice: "I bambini possono partire, lei è libero". Ma Korczak si rimette subito in fila, insieme ai bambini».

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