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Avvenire Rassegna Stampa
01.09.2011 L'utilizzo inapproriato e disinformante delle parole
Le stragi di Utoya e Oslo non possono essere definite 'olocausto'

Testata: Avvenire
Data: 01 settembre 2011
Pagina: 29
Autore: Vincenzo Andreous
Titolo: «Norvegia, olocausto senza preavviso»

Riportiamo da AVVENIRE del 31/08/2011, a pag. 29, l'articolo di Vincenzo Andreous dal titolo " Norvegia, olocausto senza preavviso ".


Anders Breivik

Il titolo del pezzo è gravemente disinformante. Gli attentati a Oslo e Utoya sono stragi, non 'olocausto'. Nessuna delle vittime ha voluto immolarsi volontariamente per una causa.
Poi, il termine 'olocausto', pur non essendo corretto, si riferisce alla Shoah. Il paragone è inappropriato e offensivo.
Ecco l'articolo:

La Norvegia è un paese bellissimo. Il fiordo raccoglie i profumi del mare, i colori della terra, i suoni del passato, ma ciò non basta per dimenticare quel giorno maledetto. E morte che dilaga, sparge dolore e sofferenza, incrina certezze e verità, è tragedia che irrompe sui volti pallidi, negli occhi che lentamente si chiudono. Un olocausto senza preavviso, un boato di violenza squassa la piazza; con i vetri, con il ferro e con il fuoco rimangono a terra i corpi devastati degli innocenti. Su quell'isola il tiro al bersaglio, lento, preciso, chirurgico. I giovani cadono uno dietro l'altro, sulla sabbia, sull'erba, tra le onde del mare. Ragazzi colpiti a tradimento, senza pietà, in un vero e proprio atto di guerra; terrore venduto al piacere contorto di una ideologia, residenza coatta di qualche fondamentalismo non meglio identificato, tanta la sua infamia. Chi ha fatto detonare quell'ordigno, chi ha premuto il grilletto, con tanto delirio di onnipotenza, non è manico di un potere verticistico, neppure espressione di un associazionismo imbizzarrito dagli slogan, dalle letture malinterpretate. L'uomo preso su quell'isola, che non si è suicidato né è stato abbattuto dalle forze dell'ordine, non è un disadattato psichico, il risultato di un disagio sociale, di una morale franata in mille pezzi. Piuttosto è ferocia allo stato puro, dentro un'idea che comanda lo sbaraglio, cieca e sorda ai richiami di una umanità svenduta dall'intolleranza, è rigetto assoluto delle sensibilità differenti dalle proprie. Quell'uomo impegnato a ridurre a brandelli una generazione che la pensa diversamente, sente i nemici di pelle, di idee, segno di una ipocrisia che non è più possibile esorcizzare con una risata di scherno. Quell'uomo con il fucile tra le mani ci dice che c'è una letteratura usurata, una comunicazione alterata, dove una parte dell'Europa appare come un vecchio in attesa della pensione, e l'altra un pargolo che non riesce a leggere i detriti della propria storia. Su quell'isola e quella piazza rese monche, non ci sono in ballo divergenze filosofiche, contrapposizioni religiose, schermaglie culturali: chi fa speculazioni in tal senso rischia di confondere un'analisi seria, ribadendo una indifferenza che spesso non è colta per quello che è, follia lucida e consapevole del male inteso come unico mezzo per avvicinare una adesione altrimenti improponibile. Quanto accaduto in Scandinavia è sicuramente il dazio più alto che possa pagare una società aperta, che commercia lusinghe che introducono alla violenza, e forse potrà sembrare una contraddizione, ma questa capacità di trasparenza, d legalità, di civismo costituiscono la massima espressione di sicurezza, anche là dove questa inutile strage vorrebbe fare intendere il contrario.

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