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Avvenire Rassegna Stampa
03.12.2008 Persecuzione anticristiana in Iraq
la denuncia di Joseph Yacoub, professo­re di scienze politiche all’Università cattolica di Lione

Testata: Avvenire
Data: 03 dicembre 2008
Pagina: 16
Autore: Luca Geronico
Titolo: ««In Iraq c’è un progetto per eliminare i cristiani»»
Da AVVENIRE (pagina 18)del 3 dicembre 2008, l'articolo di Luca Geronico «In Iraq c’è un progetto per eliminare i cristiani»:

U n futuro sem­pre più cupo per i cristiani iracheni vittima di u­na deliberata «strate­gia politica per elimi­narli ». Un esodo for­zato – secondo alcuni addirittura una vera “pulizia etnica” – che va contrastata superando «la lo­gica delle divisioni e degli egoismi personali». Joseph Yacoub, professo­re di scienze politiche all’Università cattolica di Lione, figlio di profughi caldei, segue con crescente preoccu­pazione la sorte della minoranza.
  Nessuna svolta sostanziale può veni­re dal travagliato accordo fra il go­verno e gli Stati Uniti per il ritiro del­le truppe, ma solo un «cambiamento di facciata» commenta in un’intervista ad
AsiaNews. L’esercito a­mericano rimarrà ancora per tre anni, «quindi il Pae­se sarà a tutti gli effetti sotto occupazione». Una si­tuazione che dura dal 2003 e che «non ha portato cambiamenti sostanziali in termini di sicurezza». U­na speranza: dopo l’insediamento il nuovo presidente americano Barack Obama potrebbe, impugnando u­na clausola dell’accordo, anticipare il ritiro. Per Ya­coub un ritorno alla piena sovranità di Baghdad solo formale in un Paese con una democrazia fittizzia o che comunque zoppica vistosamente: la prova è nei soli sei seggi attribuiti alle minoranze dalla nuova legge elettora­le per le consultazioni provinciali no­nostante le proteste della comunità cristiana e dei vescovi iracheni e le nu­merose pressioni internazionali.
  «Appare evidente una politica di e­marginazione, che nel caso di Mosul si è trasformata in persecuzione», af­ferma. Decisioni che testimoniano una «strategia de­liberata che mira a eliminare politicamente i cristia­ni dal Paese». Chi ha interesse a farlo? Nessun dub­bio per Yacoub: «La colpa è di chi governa l’Iraq. In teoria le minoranze sono riconosciute e tutelate dal­la Costituzione, ma si tratta anche qui di una dichia­razione di facciata». La realtà spinge invece i cristia­ni verso un drammatico bivio: l’esodo o il rifugio nel­la piana di Ninive. Una prospettiva a cui Yacoub non vuole cedere: «L’Iraq deve rimanere unito, e basare le proprie fondamenta non su criteri confessionali, re­ligiosi, etnici, che portano solo a divisioni. Bisogna u­scire da questa logica, perché condurrà solo alla spac­catura del Paese». Una enclave cristiana, nel miglio­re dei casi, diverrà solo una «zona tampone fra gli a­rabi e i curdi, e potrà essere strumentalizzata». Non può essere la soluzione per una comunità che vive nel Paese da millenni e che è una testimonianza concre­ta di pluralismo, di multi-culturalismo. Un Paese in cui possano vivere in sicurezza tutti gli iracheni: «E ga­rante di tutto ciò deve essere il governo, sostenuto dalla comunità internazionale», conclude Yacoub.


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