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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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L'odio di chi non accetta le opinioni altrui 07/03/2021

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Ugo Volli

Gentile Deborah,
Nella bella intervista rilasciata a Giulio Meotti per “il Foglio” del 2 marzo, e riproposta da Informazione Corretta, Ugo Volli dedica un breve accenno anche alla scuola. Mi azzardo a ipotizzare che qui un ulteriore fattore di omologazione potrà essere costituito dalla nuova materia dell’Educazione Civica, specialmente negli istituti in cui non sarà possibile affidarla a docenti competenti e resterà un ambiguo insegnamento “trasversale”. Le sue tronfie ambizioni incoraggiano la riedizione del mito dell’Uomo Nuovo. I tre assi in cui si articola (la Costituzione, lo Sviluppo sostenibile e la Cittadinanza digitale) vanno a nozze con quanti brandiscono “la costituzione più bella del mondo” per dare del fascista al dissenziente di turno, con i nostalgici della lotta “scientifica” al capitalismo sotto nuova veste, stavolta a fianco di papa Francesco e Greta Thunberg, e con i teorici del “controllo della rete… e soprattutto dei social”. Intanto a scuola c’è la storia, per esempio. Mi torna in mente che un anno fa, poco prima dello scoppio della pandemia, ebbi l’onore di ospitare proprio il prof. Volli nel liceo in cui insegno. L’iniziativa non fu priva di resistenze. Quando la presentai, una collega dichiarò che non avrebbe mai accompagnato i propri studenti a sentire uno che parla di Eurabia e sostiene tesi simili a quelle della Fallaci. Aggiunse pure che sarebbe stata ingiustificabile una conferenza scolastica sul popolo ebraico e Israele tenuta da uno studioso di un ambito disciplinare non attinente, un semiologo. Come se la scuola non ospitasse regolarmente giornalisti, membri di associazioni e attivisti di varia provenienza, senza mai chiedere chissà quali prestabilite garanzie accademiche. E come se un esperto di comunicazione non fosse quanto mai indicato per esaminare la parzialità o falsità delle informazioni che raggiungono anche i nostri allievi. Un collega, con l’aria di volersene lavare le mani riferendo solo quel che aveva sentito dire, raccontò che i suoi conoscenti che erano stati in Medio Oriente (come a dire, a vedere coi propri occhi come stanno davvero le cose) parteggiavano tutti senza eccezione per i palestinesi contro Israele. Un’altra collega si tirò indietro quando i suoi agguerritissimi alunni, dopo aver valutato via Internet l’identità dell’ospite, le chiesero con torva ostilità perché mai intendesse portarli al cospetto di “un sionista”. Insomma, tra chi ritiene che agli studenti vadano fatte sentire soltanto alcune voci selezionate secondo criteri tacitamente condivisi e chi semplicemente preferisce evitare occasioni di discussione per quieto vivere, alla fine all’incontro ci ritroviamo in due soli docenti con le rispettive classi quinte. Durante la conferenza Volli si adoperò da par suo per esporre oggettivamente i fatti documentati e per lasciare da parte i pretesti polemici. Non bastò. Il giorno seguente uno studente, a nome della classe, si disse spiaciuto perché la scuola dovrebbe essere più imparziale di fronte ai conflitti, senza parteggiare per questo o per quel contendente. Nel caso specifico avrebbe dovuto proporre anche le opinioni dei combattenti che, spinti dai loro personalissimi e insindacabili valori, vorrebbero riconquistare Gerusalemme. A quanto aggiunse lui stesso, l’anno precedente, durante un'assemblea studentesca, uno studente di origine araba aveva comunque in qualche modo già offerto tale punto di vista. In classe non mancava neppure qualche studente che aveva avuto la fortuna di visionare inconfutabili filmati mostranti sadici pistoleri delle forze armate israeliane infierire su inoffensivi bimbi palestinesi. Ricordo che invitai tutti a vagliare con un po’ di senso critico le presunte notizie in circolazione. Soprattutto chiesi loro se adottassero la stessa candida equanimità e comprensione per gli argomenti hitleriani a favore dell’annessione dell'Austria o della cancellazione della Cecoslovacchia e della Polonia. E, tralasciando altri ben noti casi attuali in giro per il mondo, se avrebbero applicato gli stessi criteri a chi oggi volesse, supponiamo, solamente riprendersi la Sicilia, già a suo tempo islamica. Mi risposero con tutta sincerità che per Israele valgono sempre e comunque criteri differenti da quelli che si applicano in altre circostanze, tanto remote quanto contemporanee…



Andrea Atzeni

Gentile Andrea,
La sua interessantissima lettera mi ha riportato indietro nel tempo, a quando, come presidente della Federazione Italia Israele, andavo a parlare nelle scuole del Trentino-Alto Adige, ospite indesiderata sia da studenti che da docenti e, per sicurezza, accompagnata da agenti della Digos in borghese, sempre presenti quando l'argomento era Israele. Questo è un particolare importante per capire quanto fosse pericoloso presentarsi nelle vesti di difensore dello stato ebraico. La violenza contro chi si presentava nelle scuole, nelle università o nelle manifestazioni come ebreo e sionista era forse più rabbiosa di quanto lo sia oggi.  Entrando nelle classi sentivo una tale avversione da poterla tagliare con il coltello e non ne capivo il motivo fino a quando un insegnante, meno astioso di altri, mi spiegò che, sempre prima di me o di altri relatori "sionisti" (gli incontri venivano organizzati con molto anticipo), la scuola invitava a parlare alcuni gruppi di filopalestinesi i quali raccontavano cose inenarrabili. Ricordo un professore che mi si avvicinò avvisandomi che un paio di giorni prima del mio intervento, alcuni giovani di Forum Palestina avevano raccontato alle classi riunite in aula magna, che gli israeliani usavano legare ai cofani delle loro jeep dei ragazzi palestinesi sui quali poi facevano il tiro a segno.  Rimasi molto impressionata perché ce ne vuole per avere una simile malefica fantasia e raccontarla a dei ragazzi storicamente e politicamente ancora vergini. Una studentessa, all'inizio del mio intervento venne davanti a me urlando, rossa in volto e con gli occhi fuori dalla testa: "Voi, voi state commettendo un genocidio, maledetti!". La portarono fuori che era quasi isterica. Questo accadeva nelle scuole. A mio figlio, andato a parlare in un liceo di Torino, fu chiesto di levarsi la kippà perché quel piccolo copricapo li provocava e li infastidiva. Inutile dire che non lo fece e rispose con un sorriso a una simile idiozia. So di alcuni relatori provenienti da Israele cui fu impedito di entrare nelle università per tenere delle conferenze e sono stata testimone quando due ragazzini quindicenni israeliani, Wanda e Golan, ospitati da un liceo romano per raccontare la loro esperienza di studenti in Israele, furono portati via dalla polizia per salvarli dalla classe di loro coetanei che, urlando, voleva aggredirli prima ancora di sentirli parlare. Da quanto lei scrive vedo che le cose sono cambiate di poco, purtroppo. La sua testimonianza sulle resistenze avute per l'intervento il prof. Volli nel suo liceo è l'esempio che 2000 anni di persecuzioni e la Shoah non sono bastati a esaurire l'odio contro il popolo ebraico. E' fondamentale non demordere e non rassegnarsi mai anche se l'ostilità contro gli ebrei ha radici talmente profonde da risultare quasi impossibile sradicarle. Noi tenteremo sempre di farlo!
Un cordiale shalom      

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