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Boicottaggio, datteri e bambini 25/10/2019
Gentile Annalisa, Le rispondo punto per punto, di seguito alle sue osservazioni.
Gentilissima Signora Fait, ho letto il Suo commento sui “Datteri di Gerico” e ho qualche perplessità, una domanda e un’osservazione o due. 1. Non so se in passato la Coop abbia aderito al BDS contro Israele, ma sono anni che nei supermercati Coop della mia città acquisto le arachidi a marchio Coop, che (e, lo confesso, anche perché) indicano in etichetta Israele come Paese di origine: l’ultima confezione, poche settimane fa.
Risposta: La coop e la Conad e altri supermercati hanno incominciato a boicottare Israele prima ancora dell'avvento del BDS. Nel 2010 annunciarono ufficialmente che non avrebbero più venduto prodotti provenienti dai cosiddetti "territori palestinesi". Lo rese noto, con preoccupazione, la Agrexo, principale azienda ortofrutticola israeliana, sostenendo che tale decisione avrebbe colpito soprattutto i lavoratori palestinesi. (Come accadde con Sodastream che, a causa del boicottaggio europeo, si trasferì dalla "Cisgiordania" al Neghev lasciando disoccupati più di 1000 lavoratori arabi palestinesi. In compenso assunse altrettanti beduini. Solo l'umanità di Daniel Birnbaum, amministratore di Sodastream, permise ai palestinesi di non morire di fame portando con sè nel Neghev tutti quelli che avevano famiglia).
2. Al momento, non ho visto nei supermercati Coop datteri Medjoul della Valle del Giordano, israeliani o palestinesi che siano i produttori. D’altra parte, nei supermercati, di qualunque catena, della mia città, non ho mai visto se non gli assai più economici datteri secchi solitamente tunisini, perché probabilmente non molti sono disposti a, o in grado di, pagare i datteri una ventina di euro al chilo (meritatissimo prezzo di quelli israeliani freschi che trovo dal mio fruttivendolo).
Risposta: Da amici italiani sono venuta a sapere che la catena A&O vende prodotti israeliani , dalle arachidi ai datteri, e lo fanno anche alcuni ottimi negozi di fruttivendoli in varie città d'Italia.
3. Dal sito della Fondazione Giovanni Paolo II (della quale, grazie al Cielo, non ho trovato traccia di rapporti con il movimento di boicottaggio contro Israele) e da una ricerca in rete sui manifesti che illustrano il Suo commento, sembra che l’iniziativa “Datteri di Gerico” sia durata tre anni, fra il 2012 e il 2014, a beneficio, da un lato, degli agricoltori di Gerico (che coltivano una bellissima oasi, ma hanno problemi di modernizzazione e di commercializzazione dei prodotti, cui immagino non siano estranee la ‘seconda intifada’ e le ostilità terroristiche successive) e, dall’altro, del finanziamento di un ospedale chirurgico pediatrico a Betlemme o Beit Jala. Ha avuto notizia di un rilancio dell’iniziativa? Ne sarei felice e confesso che acquisterei volentieri questi datteri, in aggiunta a quelli israeliani, perché credo che, quanto minore è il numero dei palestinesi che dipende per la sussistenza dall’Autorità Palestinese o dall’UNRWA, maggiori siano le chances di buon vicinato.
Risposta: Ho scritto il mio articolo proprio perché mi era arrivata la notizia che il progetto sta andando avanti proprio in questi giorni, i datteri di Gerico sono arrivati in settembre al Salone del gusto di Torino. La fondazione Giovanni Paolo II non sostiene il boicottaggio contro Israele ma le associazioni di sinistra e della sinistra cattolica, che danno il loro contributo, lo fanno. Sul buon vicinato ho sempre forti dubbi e scetticismo. Naturalmente non avrei nulla da obiettare su questo progetto (anzi ben venga) , se la Coop vendesse anche i datteri Israeliani. Cosa che, a quanto mi dicono, non sta facendo.
4. L’ospedale pediatrico di Betlemme fondato nel 1952 (da un sacerdote svizzero) da Lei menzionato è il Caritas Baby Hospital, tuttora finanziato (non so se anche gestito) da una fondazione svizzera e da qualche anno dotato anche di un reparto di terapia intensiva, ma, comunque, piuttosto piccolo (74 posti letto) in rapporto al suo bacino di utenza, che coincide con l’intera popolazione palestinese di Giudea e Samaria. Tra l’altro, almeno da qualche articolo in rete, parrebbe sfornito di reparti di chirurgia, cui dovrebbe supplire il progetto finanziato dalla Fondazione Giovanni Paolo II. In ogni caso, l’alto numero di bambini che deve essere trasferito in ospedali israeliani attesta la necessità di un miglioramento e rafforzamento delle strutture sanitarie palestinesi: alle quali, certamente, l’Autorità Palestinese sarebbe la prima a dover provvedere, ma non tratterrei il respiro in attesa che lo faccia. In ogni caso, ospedali e strutture sanitarie e, in genere, la cura dei malati rientrano da secoli nell’attività caritativa dei cristiani e spero che anche Lei apprezzi l’iniziativa non statale nei servizi sociali.
Risposta: Dei bambini palestinesi si occupano Israele, che li cura nei propri ospedali, e i frati di Gerusalemme con Padre Faltas che è stato uno dei maggiori attivisti nel progetto dei datteri. In più arrivano soldi dal mondo intero per loro. Vorrei farle notare che non esistono solo i bambini palestinesi i quali, grazie a Israele, stanno meglio di tanti altri bambini del Medio Oriente, direi anzi che stanno bene. Apprezzerei soprattutto se il personale religioso del Vaticano si occupasse anche dei bambini curdi cosa che fa, al momento, solo lo stato di Israele. La mia delusione e rabbia derivano dal fatto che in MO e in Africa vi sono milioni di bambini che muoiono di guerra e di fame ma pare che all'Occidente, Vaticano in testa, interessino solo i palestinesi. Questo è lo scandalo.
Con i più cordiali saluti, Annalisa Ferramosca
Un cordiale shalom

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