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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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'Una cena al centro della terra', di Nathan Englander 09/05/2018

Una cena al centro della terra
Nathan Englander
Traduzione di Silvia Pareschi
Einaudi Euro 19,50

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La copertina

“E’ la terra di Israele, concretamente, che Shira ama. E’ difficile spiegare a chi non c’è mai stato che, al di là dei razzi e dei traccianti, degli scoppi e delle esplosioni nei notiziari della sera, è uno dei posti più belli e variegati del mondo”.

La generazione dei nostri padri è andata sulla Luna disponendo di pochi mezzi e noi dotati di computer e intelligenza artificiale non sappiamo fare la pace in Medio Oriente. Tutti sanno quali sarebbero le soluzioni, tutti sanno dov’è la chiave, nessuno apre la porta. Per questo ho scritto “Una cena al centro della terra”….così Nathan Englander, una delle voci più originali della narrativa americana, spiega in un’intervista la genesi del suo ultimo romanzo, pubblicato da Einaudi nella brillante traduzione di Silvia Pareschi. Nato a Long Island in un ambiente “contrario alla libertà di pensiero e con una mentalità da shtetl”, per Nathan Englander la letteratura ha rappresentato una scelta ben precisa, oltre che una via di fuga. Vissuto a lungo in Israele dopo la pubblicazione della raccolta di racconti “Per alleviare insopportabili impulsi”, un bestseller internazionale che gli è valso il Pen/Malamud Award, Englander conferma il suo talento narrativo con l’uscita del primo romanzo “Il Ministero dei casi speciali”, una storia ambientata nell’Argentina dei generali e dei desaparecidos, oltre che con l’ultimo libro di racconti “Di cosa parliamo quando parliamo di Anna Frank?”, un omaggio al grande scrittore e saggista statunitense Raymond Carver, finalista al premio Pulitzer 2013.

Ambientata tra il 2002 e il 2014, fra la seconda Intifada e la morte del premier israeliano Ariel Sharon, l’intrigante vicenda raccontata nell’ultimo romanzo di Englander ci conduce avanti e indietro nel tempo fra Medio Oriente, Stati Uniti ed Europa con una sequenza di immagini vivide dal tocco surreale. Da uno scenario di guerra al confine di Gaza nell’estate del 2014 il lettore si trova catapultato in una angusta prigione segreta nel deserto del Negev dove il Prigioniero Z è rinchiuso con l’unica compagnia di un sorvegliante demotivato ma di buon cuore che lo controlla attraverso un apparato ipertecnologico. Con un nuovo balzo temporale siamo nel 2002 e una ex spia del Mossad si aggira per le vie di Parigi nascondendosi dopo aver fatto fallire un’importante operazione. Considerato dai suoi colleghi un traditore dimentica ogni precauzione quando si innamora di una cameriera conosciuta in un ristorante e lega a questa donna il suo destino. Ancora nel 2002 Englander ci porta a Berlino dove il palestinese Farid, nato povero a Gaza, è ora un magnate dell’import-export e con i soldi guadagnati aiuta il fratello rimasto a Ramallah nella lotta contro gli israeliani. Per quale motivo stringe un’amicizia a dir poco inquietante con un uomo d’affari canadese di nome Joshua? Poi, di nuovo, un salto temporale al 2014 per assistere al declino di un uomo, il Generale, che in coma da otto anni in un letto d’ospedale dopo un terribile ictus ripercorre oniricamente la sua esistenza di combattente, curato con devozione e rispetto dalla sua segretaria Ruthi che è anche madre del sorvegliante del Prigioniero Z. Benchè l’autore non lo nomini mai è inevitabile il richiamo al premier israeliano Ariel Sharon, eroe della guerra dello Yom Kippur, per alcuni il generale vittorioso che difende il suo paese, per altri un criminale di guerra. L’alternanza spazio temporale dei capitoli - pur creando un ritmo frammentato nella narrazione - si rivela un originale espediente letterario dietro cui si cela un tessuto narrativo denso e articolato in cui agenti segreti e traffici internazionali si mescolano a storie d’amore e a riflessioni profonde sull’attualità politica e sociale del Medio Oriente.

Un filo rosso unisce il Prigioniero Z al Generale in coma, non solo perché il primo è in quella cella nel deserto del Negev per volere del secondo ma perché entrambi sono in un Limbo, una sorta di vita che è quasi morte. Mentre il Generale rivive con sprazzi visionari le tappe della sua carriera politica e militare e sente ripetutamente il rumore dello sparo di quel fucile antico che ha ucciso suo figlio in un incidente, il Prigioniero Z, convinto che il Generale sia ancora al potere e possa intercedere per lui, gli scrive missive e ripercorre la sua infanzia negli Stati Uniti, la decisione di trasferirsi in Israele e i suoi studi all’università sul Monte Scopus con il desiderio di contribuire a un futuro di pace per Israele. Ma qualcosa si inceppa nella coscienza dell’ex agente del Mossad. Perché dopo aver scatenato una rappresaglia israeliana con le informazioni carpite al facoltoso Farid durante il soggiorno a Berlino, l’uomo d’affari canadese in incognito tradisce la causa cui ha dedicato anni di lavoro e inizia segretamente a operare contro il suo paese. Tutto questo fino all’arrivo della seducente cameriera ebrea (spia del Mossad) che collabora a un piano per riportarlo in Israele e consegnarlo alla giustizia dei servizi segreti. In questo romanzo che è sia un racconto di spionaggio che, in parte, una storia d’amore c’è un filone con la data del 2014 che, seppur con un tocco surreale, vuole essere un messaggio di speranza per una possibile convivenza fra palestinesi ed israeliani. E’ la storia d’amore che nasce fra Shira, la cameriera ebrea che ha fatto innamorare il Prigioniero Z a Parigi, e il “mappatore” arabo incaricato di tracciare i confini fra i due Stati. Si sono conosciuti durante i negoziati per arrivare a una soluzione del conflitto, falliti per il rifiuto arabo di firmare le proposte del governo israeliano e il loro amore deve fare i conti con la difficile situazione politica. Per questo decidono di incontrarsi per una cena nel tunnel sotterraneo tra la Striscia di Gaza e Israele.

“Chi può mettersi contro l’amore”? afferma uno dei personaggi del romanzo. Ispirato alla storia vera dell’australiano Ben Zygier, ex Agente segreto israeliano detenuto nella prigione di massima sicurezza di Ayalon vicino a Ramla, la cui vicenda è venuta alla luce nel febbraio del 2013, il romanzo di Englander è un caleidoscopio di voci in bilico fra riflessione morale e spy-story in cui l’autore pone l’accento sui temi della fedeltà e del tradimento, della labilità dei confini e dell’identità oltre che sull’empatia, la sola strada per comprendere il nemico. Il risultato è un libro che cattura il lettore in un confronto serrato con la Storia più recente e più lontana, confermando la forza espressiva della prosa di Englander, la ricchezza della sua fantasia e la maestria nell’utilizzo sia del registro struggente come di quello comico-surreale.

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Giorgia Greco


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