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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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'L’insegnante', di Michal Ben-Naftali 15/02/2018

L’insegnante
Michal Ben-Naftali
Traduzione di Alessandra Shomroni
Mondadori Euro 19,00

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La copertina

“Ogni essere grida in silenzio per essere letto altrimenti”

Erano 1684 gli ebrei ungheresi che nell’estate del 1944 salirono sul treno diretto in Svizzera che Rezso Katsztner, attivista sionista e responsabile dell’Agenzia ebraica di Budapest, aveva organizzato per salvarli dalla deportazione trattando direttamente con Eichmann in cambio di gioielli e denaro. Prima di arrivare in Svizzera, per un cambiamento di percorso imprevisto, il convoglio fu dirottato a Bergen-Belsen e per qualche settimana quegli ebrei “privilegiati” videro l’orrore che si consumava a pochi passi dalle loro baracche, patirono la fame, il freddo, le lunghe attese per l’appello fino a quando non vennero effettivamente condotti in Svizzera. Un gruppo sparuto di fortunati che dovevano la vita a un uomo, Rezso Katszner, che si era prodigato per la loro salvezza sino a cercare una “collaborazione” con il Male Assoluto. Arrivato in Israele alla fine della guerra la “colpa” di aver trattato coi nazisti gli provocò l’ostracismo di una parte della società israeliana fino al processo del 1954 in cui fu accusato dal giudice Benjamin Halevi di “aver venduto l’anima al diavolo” e di essere moralmente correo nelle colpe dei nazisti. Tre anni dopo, vittima di una terribile campagna d’odio, cadde sotto i colpi sparati da Zeev Eckstein senza poter vedere il ribaltamento della sentenza che lo avrebbe assolto. Una storia controversa, ancora oggi oggetto di studi, saggi, pièce teatrali, film (nel 2008 è uscito un documentario, “Killing Kastner” girato dall’americano Gaylen Ross) che la scrittrice israeliana Michal Ben-Naftali fa rivivere nel romanzo “L’insegnante” pubblicato in questi giorni da Mondadori nella bella versione di Alessandra Shomroni. Protagonista è Elsa Weiss, una donna dal passato enigmatico, insegnante d’inglese dell’autrice negli anni Ottanta che un giorno, senza un’apparente spiegazione, si getta dalla finestra andandosene come “un’insignificante nuvola di polvere”.

Chi era Elsa Weiss, questa donna autoritaria, rigorosa nell’imporre la disciplina agli studenti, energica e dal temperamento riservato, dedita al suo incarico “con uno zelo che non riservava a niente o a nessuno”? L’autrice ci regala una figura femminile complessa e indecifrabile che rimane scolpita nella mente dei suoi studenti - e ora anche dei lettori - non per l’empatia o l’ascendente sugli allievi, ma soprattutto per la forza sotterranea che sprigiona dalla sua esistenza solitaria, soffusa di mistero e cadenzata nelle abitudini che danno il ritmo alle sue giornate. Anni dopo il suicidio di Elsa Weiss, l’autrice che ha scelto la stessa professione, decide di indagare la storia della sua professoressa di inglese scoprendo che Elsa era sul treno di Rezso Katsztner, dunque una sopravvissuta “privilegiata”. Se il quadro storico è autentico la biografia di Elsa Weiss è frutto della creatività di Ben-Naftali che in pagine coinvolgenti si addentra in una disamina intimista della psicologia della Weiss, mettendo in luce un amalgama di emozioni diverse: spaesamento, ribellione, rabbia e senso di colpa. Dall’infanzia a Kolozsvàr, la città che a differenza del fratello sionista non avrebbe mai abbandonato, al suo arrivo in Terra d’Israele con la difficoltà di ambientarsi in una nuova società dopo la drammatica esperienza di Bergen-Belsen , la vita di Elsa Weiss è segnata dal senso di colpa per aver permesso ai genitori di cedere a lei e al marito il posto sul treno della salvezza di Katszner.

Prigioniera del passato, per tutta la vita figlia dei suoi genitori, Elsa non è riuscita a rifarsi un’esistenza, a formare una famiglia tutta sua e a costruirsi una casa in Israele. Come molti intellettuale ebrei, da Jean Améry a Bruno Bettelheim per arrivare a Primo Levi, anche l’insegnante d’inglese di Ben-Naftali non ha dimenticato i traumi della Shoah e incapace di confrontarsi con il passato nell’intento di superarlo e rifarsi una vita ha trovato l’unica via di fuga da una crescente sofferenza interiore nel suicidio. Nel teatro della Storia Elsa Weiss è una figura ai margini la cui voce mai così forte da attirare la nostra attenzione si potrebbe perdere nel contesto collettivo. “Qualche volta – spiega l’autrice – sembra che partecipino normalmente alla nostra vita quotidiana, nascondendo a noi e a se stessi la propria alienazione. Queste figure minori sono sempre lì ad aspettarmi”. Con una prosa nitida e avvolgente che, nonostante la mancanza dei dialoghi, spicca per la ricchezza lessicale, l’autrice trova la voce giusta per raccontare la condizione umana della sua insegnante e affrontando gli eventi sociali e storici che hanno determinato la sua autodistruzione trae dall’oblio una “figura ai margini della Storia” per darle nuova luce. In tal modo la storia di Elsa Weiss, specchio di quella di Rezso Katsztner in cui il senso di colpa dei sopravvissuti si combina con il desiderio di vendetta, può essere letta altrimenti. Nata nel 1963 a Tel Aviv, Michal Ben-Naftali insegna letteratura francese e scrittura creativa all’Università di Tel Aviv e come Yehoshua Kenaz, uno fra gli autori classici d’Israele, è traduttrice dal francese all’ebraico delle opere di Derrida, Breton, Blanchot e Annie Ernaux. Nel 2007 ha ricevuto il Prime Minister’s prize e nel 2016 il prestigioso Sapir prize per il romanzo “L’insegnante”.

Un libro intenso, coinvolgente che riporta alla memoria un periodo storico drammatico e che rivela al pubblico italiano una nuova voce prestigiosa della letteratura israeliana. “L’insegnante” è un romanzo imperdibile, la conferma che “la letteratura non ci aiuta solo a non dimenticare. Ci fa reinventare il nostro tempo. E rende il passato più intenso, più chiaro, più vero”.

Per approfondire la storia di Rezso Katsztner consiglio i volumi di Anna Porter “Kasztner’s train” e il volume dello storico Yechiam Weitz “The man who was murdered twice: the life, trial and death of Israel Kasztner”.

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