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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Henry Roth, Un tipo americano 21/05/2012

Un tipo americano                        Henry Roth
Traduzione di Laura Noulian
Garzanti                                            Euro 18,60

Eccoci al capitolo finale di Henry Roth, al suo ultimo, benvenuto, romanzo postumo, Un tipo americano. Eccoci ai ricordi- tutti i suoi libri sono rigorosamente autobiografici! - che chiudono il cerchio di una vita irrequieta, le pagine a cui lavorò negli anni precedenti alla morte (nel 1995, a 89 anni), e in cui compaiono infatti, a brevi tratti, anche l'artrite che lo tormenta, il dolore per la scomparsa nel 1990 della moglie Muriel, la speranza che il lutto si possa attutire. Ma delle sue memorie è fantastica la freschezza, per quanto dolente, perché, come se l'animo umano non accettasse mai i propri fallimenti, quelle pagine continuano a ruotare intorno al grande "scandalo" della sua vita, intorno al blocco creativo, il più famoso e clamoroso del Novecento, che lo colpì nel pieno della sua esistenza, a 28 anni, subito dopo aver pubblicato nel 1934 quella meraviglia di Chiamalo sonno - il romanzo che nuotava nell'aspro mare dell'infanzia di un alter ego ragazzino che cresce nel Lower East Side, misero quanto esplosivo quartiere degli immigrati ebrei di New York - un blocco che lo abbandonò solo nella vecchiaia, dopo gli 80 anni, quasi a permettergli comunque di vendicarsi di tanto silenzio.
Roth era già rientrato sulla scena letteraria nel 1964 quando Chiamalo sonno fu ristampato in edizione economica e finalmente ben recensito (vendette un milione di copie), ma la sua vera rinascita avvenne coni quattro volumi di Alla mercè di una brutale corrente scritti negli anni Ottanta ( Una stella sul parco di Monte Morris, Una roccia per tuffarsi nell'Hudson, Legàmi e Requiem per Harlem, tutti editi da Garzanti) che si concludono con l'alter ego Ira Stigman che va a vivere da Edith Welles (alias Eda Lou Walton, l'amante più vecchia, la sua mentore, la donna che lo manteneva), la stessa che Roth-Ira lascia appunto in questo romanzo.
Un tipo americano (Garzanti, trad. Laura Noulian, pagg. 301, euro 18,60), che è stato tratto tagliando 2000 cartelle già indicate da Roth prima di morire come le bozze del suo futuro libro, è anche un romanzo d'amore sull'incontro fulminante nel 1938 con la futura compagna di tutta la vita, Muriel (M nel libro). Roth è all'inizio del suo blocco dello scrittore, e, una volta riaffacciatosi al desiderio di vivere, decide di dover cessare le abitudini, di dover abbandonare il suo sé di piccolo ragazzo ebreo del "ghetto" - raccontato in Chiamalo sonno - protetto dall'avvolgente Walton: per crescere, deve sperimentarsi, stare con Muriel, scrivere.
Il percorso di rinascita che sceglie è terribilmente "americano": compiere il viaggio coast to coast insieme all'amico analfabeta Bill un operaio un po' tronfio e assillante che vede ogni soluzione nel comunismo - e trovare lavoro a Hollywood. Le cose, negli anni pieni della Recessione, vanno malissimo: si combatte letteralmente per mettere insieme il pasto con la cena, e non ci si riesce. Roth rinuncia, vuol tornare indietro: la strada che sceglie è anche questa "americana" per eccellenza, autostop e treni merci, e la domanda che si rivolge è sempre come uscire dallo stallo, come da ebreo immigrato diventare un séa tutto tondo.
Muriel sarà sposata, e amata. Roth, ma questo non è nel romanzo, per mantenersi fabbricò strumenti di precisione, fece il tagliaboschi, l'insegnante, l'assistente in un manicomio, l'allevatore di anatre, dette ripetizioni private. E, infine, per la nostra gioia, riprese a scrivere.

Susanna Nirenstein – La Repubblica


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