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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Irène Némirovsky, I falò dell’autunno 23/04/2012

I falò dell’autunno                                 Irène Némirovsky
Traduzione di Laura Frausin Guarino
Adelphi                                                     Euro 18

Ultimo romanzo postumo scritto tra il '41 e il '42 e pubblicato nel 1957, I falò dell'autunno è forse il più cupo di Irène Némirovsky. Adelphi lo consegna al pubblico italiano nella versione che l'autrice aveva rivisto: la versione completa, che include alcuni capitoli particolarmente belli, lucidi e lancinanti, ristabiliti a partire dal manoscritto e da due successivi dattiloscritti grazie al lavoro filologico di Teresa M. Lussone.
Diviso in tre parti, il romanzo ripercorre il processo di degradazione della società francese leggendone le tappe attraverso quelle della vita di un giovane, Bernard Jacquelain, le cui scelte sono dettate dalla mediocrità del suo animo. Sul banco degli imputati, come sempre nel filone francese di Irène, è la borghesia arrivista che, ritratta nel suo insieme, si staglia luciferina. Qualche singolo individuo, ad esempio la candida Thérèse, si salva - preservando intatta un'umanità fiduciosa anche quando la speranza nell'avvenire sembra spegnersi. Ma il personaggio-tipo, in questo caso il protagonista Bernard, fa le spese della sua classe e ne incarna da solo tutti i vizi lasciandosi inghiottire dal cinismo di chi privilegia il proprio supposto interesse a scapito di qualunque valore.
La prima parte del romanzo, prendendo le mosse dal lento organizzarsi della Storia, copre gli anni della Grande Guerra. L'autrice presenta i suoi attori, alcune famiglie in procinto di sacrificare al carnaio bellico la generazione dei figli, adolescenti all'inizio ignari di quello che li aspetta e via via marchiati dagli eventi, mentre i genitori si ostinano a non vedere il lato oscuro del reale che li circonda.
Un'immagine domina questa prima tranche di romanzo, ed è il sogno degli angeli. Bernard, tornato in licenza a casa, sta ripartendo per il fronte. È ormai il 1918. I suoi ideali di quattro anni prima, combattere per la patria, anticipare la chiamata pur di dimostrare il proprio coraggio, hanno lasciato il posto a un disincanto aspro e vendicativo. Se sopravvivrà, pensa, saprà che cosa esigere dalla vita. Due angeli dalle lunghe chiome ondeggianti gli appaiono mentre si è addormentato in attesa della tradotta che deve riportarlo in prima linea. Crede che sia giunto il momento. Della morte, forse, che ha smesso di fargli paura. E invece gli angeli gli spiegano: no, sta solo partendo. Per l'ignominia.
La seconda parte va dal 1920 al '36. Denaro e piacere sono le parole d'ordine della cricca politico-finanziaria che, dalle macerie della guerra, vuole emergere con la testa alta. L'importante, nell'ambiente ritratto, è farsi delle relazioni che contino. La società civile ha lasciato il posto a quella che Némirovsky definisce una grande fiera. I personaggi, tra la prima e la seconda parte, sono cambiati anche fisicamente: adesso li segnano le stigmate della ferocia acquisita. Sparita ogni traccia di morbidezza, i loro volti si sono tesi, e hanno indossato l'abito della conquista. Centrali diventano alcuni individui dal mestiere non ben chiaro, che fanno da tramite tra la politica e la finanza. Ritroviamo Bernard trasformato in gigolò, così in maschera rispetto al ragazzino conosciuto nelle prime pagine del romanzo, da risultare irriconoscibile per le sue stesse amicizie di prima della carneficina. Persino per Renée, a sua volta ex gattina paffutella diventata oggi pantera, taglio alla garçonne, artigli sfoderati, che si aggira ghignando nella giungla dell'alta società.
Ed ecco che Bernard, fattosi suo amante, diventa prestanome. Al centro della seconda parte, un'altra immagine faro: quella di un baule, che contiene scoloriti ricordi. Sembrano miseri, eppure è da un baule come quello che scaturirà l'opera di Irène Némirovsky (ovvero la Memoria) tanti anni dopo la sua tragica morte ad Auschwitz.
Terza tranche, dal 1936 al '41. Thérèse, credendo nella forza redentrice dell'amore, è riuscita a farsi sposare da Bernard. Hanno avuto tre figli. Si sono separati. Lui ormai è una larva di uomo. Renée, la sua amante, lo ha ridotto a straccio abbagliandolo con il luccichio di cristalli e gioielli. Si è lasciato trascinare in un affare rischioso, traffico di pezzi di ricambio americani per gli aerei francesi.
Mentre si orchestrano le condizioni per la nuova guerra, destinata a essere la più brutale ondata di barbarie mai vista, e Bernard porta il primogenito Yves qualche giorno in montagna per spiegargli la vita come lui la vede, il ragazzo sceglie in un tramonto di fuoco il suo destino: far l'aviatore, sottrarsi così alle bassezze del padre che sta in effetti per sprofondare in uno scandalo finanziario. L'epilogo, tragico, condanna l'uomo al tormento.
Il titolo del romanzo? Una sorta di premonizione allucinatoria avuta sul letto di morte dalla nonna di Thérèse, il personaggio più sentito del libro: i falò dell'autunno, quelli che bruciando devastano ogni cosa.

Gabriella Bosco
Tuttolibri – La Stampa


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