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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Deborah Fait
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Shiru shir laShalom, Cantate la pace 02/11/2015
Shiru shir laShalom, Cantate la pace
Commento di Deborah Fait


Ytzhak Rabin

Eravamo là, io e la mia famiglia, in un' abitazione del console italiano vicinissima a Piazza Malkei Israel, Piazza Re di Israele, per salutare un caro amico che stava partendo per Washington, quando arrivò una telefonata. Fu come se, all'improvviso, si fosse spenta la luce. Abbiamo sentito Rafi fare una specie di grido soffocato, lo abbiamo visto accasciarsi, stringendo il cellulare quasi fosse un'ancora di salvezza, sul soppalco del pavimento. "Hanno sparato a Rabin" è stato tutto quello che riuscì a dire. Siamo rimasti ammutoliti, che dire? Che fare? Non era possible, non poteva succedere, non in Israele. Eravamo come su una barca sbattuta da onde enormi da cui non sapevamo come difenderci. Le onde erano i nostri pensieri, il nostro terrore, la nostra disperazione. Avevano sparato a Itzhak Rabin, non era possibile, poco prima eravamo là, sul lato della piazza, ad applaudire e ridere in mezzo a migliaia di persone.

Dopo poco, un tempo che ci sembrò infinito, ecco la seconda telefonata. Itzhak Rabin era morto. Avevano ucciso il Primo Ministro di Israele e l'assassino era un ebreo. Nel giro di pochi secondi eravamo tutti in strada, in lacrime, correndo incontravamo altre persone che come noi, disperate e incredule, piangevano. Ci guardavamo, ci abbracciavamo con degli sconosciuti. Come, cosa è accaduto? Perché? Ricordo un papà che portava in braccio il suo bambino che si guardava intorno ed era spaventato perché vedeva tutti piangere, compreso suo padre. Gridava, "Lama, Aba? Perchè Papà?" Non capiva, abituato com'era a vedere a Tel Aviv la gioia, i balli e i canti, persone sorridenti, non capiva il perché di tutte quelle lacrime e di tutta quella gente che si muoveva in modo disordinato come se non sapesse dove andare. Gruppi di ragazzi stretti gli uni agli altri, quasi a sorreggersi, che singhiozzavano, si fermavano per abbracciare tutti quelli che incontravano e gridare anche loro – Lama, perché? - .

Non lo dimenticherò mai. E' stata un'emozione fortissima, ci sentivamo traditi, orfani, privati di ogni sicurezza, terribilmente spaventati, direi che eravamo terrorizzati, travolti da una tragedia da cui, fino a pochi momenti prima, ci sentivamo immuni. Chi avrebbe mai potuto immaginare che un ebreo israeliano avrebbe potuto uccidere il suo, il nostro Premier, quello che tutti noi consideravamo un padre, un amico, uno di noi, un uomo legato intimamente al suo popolo come solo in Israele può accadere. Pensavamo che non ci saremmo mai più ripresi, che era finita.

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Il memoriale di Ytzhak Rabin a Tel Aviv

Oggi, a distanza di vent'anni, sento dire che se Rabin fosse vissuto avremmo avuto la pace. Io dico di no e non posso essere d'accordo con gli amici della sinistra israeliana che continuano a vivere con quell'illusione. Neanche Rabin avrebbe potuto fare la pace per un motivo semplice: non si può fare la pace da soli, se si ha un nemico bisogna saperla fare in due. Il nostro nemico era Arafat che, la sera stessa in cui strinse, davanti a un soddisfattissimo Bill Clinton, la mano a Rabin, telefonò a Re Hussein di Giordania per dirgli "Abbiamo fatto il primo passo per arrivare a Haifa, Tel Aviv e Ashkelon". Arafat voleva la guerra, l'ha sempre voluta e lo ha ampiamente dimostrato rifiutando ogni offerta e ogni dialogo negli anni a venire. Arafat voleva solo una cosa e lo aveva promesso più e più volte: "Mandare gli ebrei a bere l'acqua del Mediterraneo" . Lo stesso Rabin sapeva che sarebbe stato tutto inutile, andò a Oslo con grande scetticismo e non si preoccupò di nasconderlo, infatti poco tempo prima aveva detto queste precise parole:"Finché gli arabi otterranno quello che vogliono con il terrorismo non faranno mai la pace". E' giusto ricordarle perché non era un illuso, non era un ingenuo, era un soldato, era un generale di Zahal e sapeva con chi aveva a che fare (notammo, sorridendo, quanta fatica gli costò stringere, a Washington, la mano del raiss palestinese, sembrava portare tonnellate di dubbi sulle spalle).

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Piazza Rabin, a Tel Aviv

So che quello che sto per scrivere mi attirerà delle critiche ma sono abituata a dire quello che penso. Itzhak Rabin è stato assassinato qui, a casa sua, in mezzo al suo popolo, in una sera di festa, anche a causa della vergognosa politica europea e delle continue insistenze a fare la pace concedendo ai palestinesi, inventati nel 1967 per opporsi all'esistenza di Israele, tutto quello che volevano e che chiedevano con la violenza e il terrorismo. Rabin è stato assassinato anche perché l'Europa ha sempre trattato Arafat come un bimbetto viziato al quale concedere tutto. Faceva attentati e davano la colpa a Israele, ammazzava e davano la colpa a Israele. "Non dovete stare là, ci dicevano, non è casa vostra, ci dicevano". E lui, Arafat, il peggior terrorista della storia moderna, faceva stragi a Roma, Parigi, Anversa, Vienna, sull'Achille Lauro, Israele, decine e decine di morti innocenti e i "pacifisti" lo portavano in trionfo ad Assisi e il Papa lo riceveva con tutti gli onori in Vaticano e il Governo italiano lo proteggeva nascondendolo addirittura alla Polizia Internazionale.

Credo che quello sia stato uno dei periodi più sporchi della politica europea del dopoguerra. Oggi gli ipocriti pacifondai europei parlano di Rabin come e fosse un santo, fingono di non ricordare che, quando era Capo del governo, lo criticavano, lo insultavano e lo detestavano come hanno sempre fatto con tutti i governanti di Israele. A quelli che urlavano "A morte Israele, Saddam, Saddam" non è mai interessato se governava la destra o la sinistra, il loro grande fastidio era l'esistenza stessa del Paese degli odiati ebrei. Se l'Europa fosse stata, solo un po', dalla parte di Israele, anzichè coccolare i terroristi, forse oggi la situazione sarebbe diversa, non ci sarebbe stata la pagliacciata di Oslo che ha prodotto solo terrorismo e che ha fatto uscire Arafat dal covo di Tunisi per essere accolto con baci e abbracci in tutto l'Occidente. E più il terrorismo diventava barbaro, più lui veniva onorato dai governi vigliacchi d'Europa.

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Nel 1992, Rabin chiese alla CEE di rispondere fermamente con una politica comune al boicottaggio dei paesi arabi contro Israele. Nel 2015 è l'Europa che boicotta Israele e marchia, come un tempo i nazisti, i suoi prodotti di esportazione a dimostrazione che il tempo passa, gli uomini e i governi cambiano ma l'odio resta immutato e implacabile. Quell'antico odio europeo per Israele, l'illusione pacifista di una pace impossibile, l'aver ceduto inutilmente terre che sono state per millenni il cuore del popolo ebraico, hanno contribuito ad armare la mano di uno scellerato assassino che, dimenticandosi di avere valori morali, ha privato Israele del suo Premier e ci ha resi più vulnerabili. Israele, nonostante queste tragedie, sa trovare dentro di sé forza, speranza, motivi per gioire e per continuare a cantare, cocciutamente, Shir la Shalom. La canzone della Pace. Ieri sera erano in centomila a Kikar Rabin (ex Malkei Israel) a ricordare la tragedia di vent'anni fa, perché la speranza e Zahal sono le uniche cose che ci permettono di sopravvivere circondati, come siamo, da chi ci vuole distruggere.

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Deborah Fait
"Gerusalemme, Capitale unica e indivisibile di Israele"


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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