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David Elber
Israele, Storia e diritto
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Se non c’è la pace non è colpa dei due 'estremismi' ma di uno solo 01/11/2023
Se non c’è la pace non è colpa dei due 'estremismi' ma di uno solo
Analisi di David Elber

Il nazi-islamismo di Hamas

In questi giorni, stiamo assistendo a sempre più numerose e violente manifestazioni antisemite, l’ultima in ordine cronologico è il tentativo di pogrom in Daghestan ai danni degli ebrei diretti a Mosca su un volo da Israele. Parallelamente a questi atti spesso violenti, e a mala pena ammantati di antisionismo, si stà assistendo a una ridda di articoli relativi ad Israele o al conflitto causato dal massacro di ebrei effettuato dai palestinesi il 7 ottobre. In prima linea, nell’informazione televisiva o della carta stampata, non mancano gli “esperti” o le grandi firme dei giornali più importanti. Ormai si sente dappertutto una voce all’unisono, che si può sintetizzare così: “le radici di questo ennesimo conflitto sono da ricercare nel fatto che non si è raggiunto un accordo di pace che preveda due Stati per due popoli. Questo a causa degli estremisti delle due parti”. Ora proviamo a ripercorrere, nello spazio di poche pagine, gli ultimi 100 anni di storia, per vedere se le cose stanno davvero così o è l’ennesima manipolazione dei fatti relativi ad Israele.

Per prima cosa è da sottolineare che il territorio assegnato dalla comunità internazionale al popolo ebraico, per potersi autodeterminare e creare un piccolo Stato nazionale indipendente (Conferenza di pace di Sanremo 1920), era appartenuto per 4 secoli all’Impero ottomano e non ad uno Stato arabo. Oltretutto, una provincia o una regione politico/amministrativa dal nome Palestina in epoca ottomana non è mai esistita. Tanto è vero che le locali popolazioni arabe che vi vivevano (ancora non esisteva un popolo palestinese) erano indistinte dalle altre popolazioni arabe che vivevano in altre parti dell’Impero turco. Durante i 4 secoli di dominio ottomano, non si è, mai, verificato un moto indipendentista arabo-palestinese che aspirasse ad un proprio Stato nazionale. Tale sentimento non si verificò neanche durante la Prima guerra mondiale: tanto è vero che non si è registrata nessuna sollevazione antiturca delle locali popolazioni arabe palestinesi anche quando la Gran Bretagna era in procinto di sconfiggere i turchi e liberare Gerusalemme (1917). Cosa che, invece, la locale popolazione ebraica fece con l’organizzazione segreta NILI che fornì importanti informazioni agli inglesi per sconfiggere i turchi.

Il Medio Oriente post Prima guerra mondiale fu completamente ridisegnato dalle Potenze vincitrici, che crearono, tra il 1920 e il 1922, diversi Stati arabi indipendenti, mentre altri territori divennero Mandati internazionali, in quanto la popolazione era stata giudicata non in grado di reggersi da sola, cioè, di diventare pienamente indipendente. In questo modo furono creati i Mandati di Siria, Mesopotamia e Palestina. Quest’ultimo Mandato era stato creato per permettere l’autodeterminazione del popolo ebraico al pari delle diverse comunità arabe del medio oriente. Gli arabi si mostrarono subito ostili e totalmente contrari alla possibilità della creazione di un futuro Stato nazionale per il popolo ebraico. Il termine Palestina, poi, non essendo mai stato utilizzato dagli arabi ne dai turchi, fu reintrodotto in Medio Oriente dalle Potenze europee per la prima volta dalla caduta dell’Impero bizantino nel VII secolo. Inoltre, i suoi confini furono “inventati” dagli inglesi tra il 1920 e il 1927. In nessuna di queste fasi post belliche, gli arabi mostrarono una volontà di creare uno “Stato arabo palestinese” ma semplicemente non volevano che si creasse uno Stato ebraico: come vedremo questa sarà la costante degli ultimi 100 anni di storia. Un altra chiara volontà mostrata dagli arabi, del neo costituito Mandato per la Palestina, fu la richiesta di unione con il Mandato per la Siria, gestito dai francesi, in un unico grande mandato che comprendesse gli attuali Israele, Siria, Libano e Giordania. Quando nel 1920 fu chiaro agli arabi che gli inglesi volevano portare avanti il progetto di creazione di un futuro Stato ebraico, fecero una prima rivolta. A questa ne seguì un’altra nel 1921. Nel 1922 gli inglesi decisero di dividere il Mandato per la Palestina in due unità amministrative: la Palestina propriamente detta, cioè il territorio dal Mediterraneo al fiume Giordano, e il territorio di Transgiordania, cioè il territorio ad est del fiume giordano. Il primo (circa il 25% del territorio) per realizzare uno Stato ebraico, il secondo (circa il 75%) per realizzare un ulteriore Stato arabo. Gli arabi si mostrarono contrari anche a questa soluzione. Nel 1929 fecero un altro violento pogrom che costò la vita a oltre 100 persone. La tensione rimase sempre alta per tutti i primi anni trenta quando l’immigrazione ebraica era ancora permessa dalla autorità britanniche (essa era una delle ragioni per le quali i britannici erano lì). Nel 1936 scoppiò la più violenta delle rivolte arabe fino alla creazione di Israele. Questa durò fino al 1939. Le autorità inglesi, decisero di indagare le origini della rivolta araba, così nel 1937 istituirono una commissione reale: la Commissione Peel. Essa, dopo diversi mesi di indagine, stabilì che la ragione principale della rivolta araba era la non accettazione di un futuro Stato ebraico. Per questo motivo propose alle autorità governative britanniche di dividere il territorio della Palestina propriamente detta, cioè come detto il 25% del territorio mandatario, in due Stati: uno ebraico e uno arabo. Quello ebraico doveva comprendere circa il 20% del territorio già assegnato agli ebrei (quindi meno del 10% complessivo), mentre agli arabi veniva assegnato il 70%, mentre il 10% restante rimaneva sotto controllo internazionale. La dirigenza ebraica accettò la proposta britannica mentre gli arabi la rifiutarono. Questo fu solo il primo di tanti rifiuti che nel corso dei decenni, gli arabi, posero a qualsiasi proposta. Va anche ricordato che la Commissione permanente dei Mandati della Società delle Nazioni giudicò questa proposta come illegale perché il territorio in questione era già stato assegnato al popolo ebraico. Poi scoppiò la Seconda guerra mondiale e tutto fu rimandato alla fine del conflitto. Nel 1947 la Gran Bretagna rinunciò al suo ruolo di mandatario e chiese un parere all’Assemblea Generale dell’ONU per risolvere la montante guerra civile che stava insanguinando il territorio mandatario. L’Assemblea Generale approvò, in novembre, la risoluzione meno compresa e più travisata della storia dell’ONU: la Risoluzione 181. Con tale risoluzione, l’ONU proponeva un’altra volta (dopo la proposta inglese del 1937) di dividere il territorio mandatario in due: il 55% circa agli ebrei il 40% circa agli arabi e il restante come territorio internazionale. Gli arabi che avevano, già, rifiutato 10 anni prima la molto più vantaggiosa proposta Peel rifiutarono anche questa proposta, mentre gli ebrei l’accettarono. Così scoppiò la guerra e gli arabi furono sconfitti contro ogni previsione. Con la guerra, la Risoluzione 181, che era una semplice proposta, rimase lettera morta e venne accantonata. Nel 1949 vennero firmati degli armistizi tra Israele e gli Stati arabi confinanti. Però nei territori (Giudea, Samaria e Gaza) occupati illegalmente da Giordania ed Egitto non venne creato uno Stato per gli arabi di Palestina. Questa per precisa volontà degli Stati arabi occupanti. Neanche allora, la dirigenza araba palestinese fece nulla per crearsi uno Stato indipendente nei territori sotto controllo arabo: ne è una chiara dimostrazione l’articolo 24 dello statuto dell’OLP del 1964, nel quale gli arabi (che nel frattempo iniziarono a chiamarsi palestinesi) rinunciavano alla sovranità del territorio controllato dalle forze militari di Giordania ed Egitto. Perché questa decisione? Perché non erano interessati ad uno Stato che vivesse al fianco di Israele, ma il loro unico scopo dichiarato era la distruzione di Israele in quanto Stato giudicato illegale (articolo 17). Tanto è vero che per i 19 anni di occupazione araba di tali territori, i rappresentanti palestinesi non fecero nessuna richiesta di indipendenza né alla Giordania né all’Egitto. Le cose cambiarono dopo il 1967 quando Israele riprese i territori persi durante la guerra di indipendenza. L’articolo 24 dello Statuto dell’OLP fu cancellato (1968) e i palestinesi rivendicarono tutto il territorio tra il mare e il giordano.
Dopo decenni di terrorismo e appoggio incondizionato di tutte le peggiori dittature, Arafat, stretto in un angolo politico, decise di giocare la carta degli accordi con Israele. Così nel 1993 firmò con Rabin una lettera di intenti con la quale faceva formale rinuncia al terrorismo come strumento per ottenere uno Stato palestinese. Fin da subito questa lettera non fu mai rispettata e, gli atti terroristici, furono portati avanti così come continuano ancora oggi. Tra il 1993 e il 1995 furono siglati gli Accordi di Oslo che nelle intenzioni “delle parti” dovevano portare ad un accordo definitivo sulla suddivisione territoriale. Però gli attentati terroristici si inasprirono anziché cessare come promesso. Questo, fu aggravato del fatto che le basi logistiche del terrorismo palestinese, dalla firma degli Accordi di Oslo, si trovarono proprio nel cuore di Israele: in Giudea e Samaria cioè nelle aree controllare dall’Autorità Palestinese. Questo fu il maggior successo ottenuto da Arafat. Nel 2000 a Camp David, sotto grande pressione del presidente americano Clinton, il premier Ehud Barak propose ad Arafat oltre il 90% del territorio di Giudea e Samaria con la parte Est di Gerusalemme come capitale di uno Stato palestinese. Arafat rifiutò e fece scoppiare la seconda Intifada. In Israele ci furono oltre mille morti. Alla morte di Arafat nel 2004, il comando dell’OLP, di FATAH e dell’Autorità Palestinese fu assunto da Abu Mazen. Nel 2006 il premier israeliano Olmert ripropose l’offerta fatta da Barak ad Arafat sei anni prima. Il nuovo leader palestinese la rifiutò come fece Arafat in precedenza. Dopo di che iniziò una sempre maggiore richiesta di concessioni da parte israeliana, questo con l’aiuto della comunità internazionale che premeva unicamente su Israele affinché accettasse le sempre più variegate richieste palestinesi. Dal 2014 le trattative si sono interrotte. Per la comunità internazionale la colpa di ciò è “l’intransigenza israeliana”.
Dopo aver analizzato, anche se succintamente, la storia degli ultimi 100 anni non si capisce perché tutti all’unisono parlano ancora di due Stati per due popoli e di opposti “estremisti” che non vogliono tale soluzione. Quando è chiaro che tale soluzione non è mai stata raggiunta per la costante e caparbia volontà araba di non accettare nessun tipo di compromesso.
David Elber - Progetto Dreyfus Archivio | Progetto Dreyfus
David Elber

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