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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Giorgio Israel
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Antisemitismo: Il sionismo la medicina più efficace 24-4-05
Le riflessioni di Abraham Yehoshua sull’antisemitismo – ora pubblicate in Israele – sono basate su un’idea abbastanza banale e soprattutto vecchia: e cioè che l’antisemitismo sia una reazione a un’identità ambigua, una combinazione irrisolta di identità religiosa e di identità nazionale. Essere uno straordinario romanziere non comporta l’essere un grande saggista e sa un po’ di piaggeria l’affermazione dello storico Robert Wistrich secondo cui Yehoshua ha avuto il coraggio di “avventurarsi sulle sabbie mobili, dove perfino gli angeli hanno paura di camminare”.

C’è un angelo che ha già camminato su queste sabbie mobili, ed è Theodor Herzl. Egli già ebbe l’audacia di additare tutte le ambiguità dell’identità ebraica che potevano alimentare una reazione di carattere antisemita, anche se si guardò bene dal considerarle come l’unica o anche la principale fonte dell’antisemitismo. Su queste basi ritenne, o sperò, che la fondazione di uno stato ebraico avrebbe risolto tale ambiguità e avrebbe tolto ogni pretesto all’antisemitismo. Pertanto, quando Yehoshua sostiene che il sionismo può essere una medicina contro questa malattia non fa che riprendere l’idea di Herzl. Il problema non è tuttavia quello di una mancanza di originalità, di ripetere cose già dette dimenticando che sono state dette, quanto di ignorare il fatto che il trascorrere storico obbliga a fare un bilancio delle idee e dei progetti del passato. Un simile bilancio conduce a constatare che, se il progetto sionista si è rivelato un sogno di una straordinaria concretezza che ha dato una prospettiva di riscatto al popolo ebraico, la previsione-speranza di Herzl che la sua realizzazione avrebbe tolto alimento all’antisemitismo si è rivelata, purtroppo, una grande illusione.

Nell’articolo del Corriere della Sera pubblicato il 23 aprile (e già commentato da Informazione Corretta) in cui si da conto delle polemiche suscitate in Israele dal saggio di Yehoshua, si riporta accanto in riquadro la notizia che il sindacato dei professori universitari della Gran Bretagna (49000 iscritti) ha deciso a maggioranza di boicottare le Università di Haifa e Bar Ilan, due istituzioni israeliane, ovvero dello stato sionista. Un atto che è difficile non definire di puro e semplice antisemitismo, per la sua inaudita e fanatica unilateralità.

Perciò è giocoforza constatare che oggi Israele è divenuto l’ebreo delle nazioni. Con questa realtà Yehoshua avrebbe dovuto fare i conti, invece di discettare in modo astratto sull’essenza dell’anima ebraica e di ignorare l’antisemitismo che assedia Israele.

E’ curioso notare che, a fronte di un Yehoshua che vede soprattutto nella diaspora il resistere di quella pericolosa ambiguità ebraica che alimenterebbe l’antisemitismo, vi sono quegli ebrei della diaspora che vedono nel sionismo (e addirittura nell’esistenza di Israele!) la causa dell’antisemitismo. Vediamo così che una costante che resiste davvero è quella tendenza così forte nell’ebraismo (anche in termini teologici) a considerare le proprie disgrazie come conseguenze delle proprie colpe. Forse il sionismo costituisce una medicina a questa tendenza, ma Yehoshua, nel tentativo di dimostrarla, ha offerto se stesso come controesempio.

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