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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Giorgio Israel
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Su Pio XII e dintorni 31-12-04
Il “Corriere della Sera” ha fatto opera meritoria pubblicando la direttiva di Pio XII che mirava a non restituire i bambini battezzati durante la guerra.

Qualche osservazione mi sembra opportuna in relazione ai commenti che hanno seguito questa pubblicazione. Tralascio di occuparmi di quelli di Vittorio Messori. Ho avuto con Messori uno scambio polemico alcuni mesi fa sul “Foglio”, proprio sul tema del caso Mortara e non c’è altro da aggiungere: egli è il paladino indefettibile di una visione preconciliare, impermeabile a qualsiasi dubbio e argomentazione, nemmeno in via ipotetica. Sono visioni che hanno diritto di cittadinanza – ci mancherebbe altro – ma che non possono pretendere di trovare l’apertura al dialogo che esse non offrono. Chi non è sfiorato dal dubbio, sia pur minimo, si chiude da solo nel suo recinto.

Di ben altro tenore è l’articolo di Giovanni Miccoli, pubblicato sul “Corriere” di giovedì 30 dicembre: un articolo documentato, preciso e che colloca correttamente quel documento nell’orientamento preconciliare ostile alla libertà di coscienza e ricorda l’emblematico “caso Finaly”. Difatti, diciamolo chiaro e tondo: c’è qualcosa di strampalato e un po’ grottesco in tutto questo stracciarsi le vesti attorno a questa “scoperta” come se non si sapesse nulla di quanto pensava Pio XII, il Vaticano, La Chiesa e gran parte del mondo cattolico sulla questione del destino confessionale “ideale” da riservare agli ebrei, sulla scia di una tradizione secolare, anzi millenaria. Occorre forse ricordare che, per quasi duemila anni, la massima aspirazione, ossessione e mira della Chiesa è stata di estinguere la presenza ebraica e sanzionare con questa “prova” che il messia era davvero venuto, visto che il popolo più titolato ad esprimersi in materia si era interamente riconosciuto nel Cristo? Occorre ricordare che la massima aspirazione e vittoria per un cattolico era di riuscire a convertire nella sua vita almeno un ebreo? Forse non lo ricordiamo perché abbiamo avuto il Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII e, diciamolo pure, le pregevoli revisioni dottrinarie e teologiche dovute al Cardinale Ratzinger, e contenute nel documento della Pontificia Commissione Biblica concernente le Sacre Scritture ebraiche. E sia lode a tutto cio!… Ma prima suonava una musica ben diversa e chi non se lo ricorda, delle due l’una: o dimentica ad arte o ha scarsa memoria.

Del resto, che senso ha avuto l’adesione della Santa Sede alle leggi razziali fasciste, se non il fatto che essa vi aveva colto l’opportunità di chiudere definitivamente, e in modo indolore, la questione ebraica in Italia? Altrimenti, che senso avrebbe avuto la nota insistenza di Pio XII circa l’opportunità di mantenere parte della legislazione razziale anche dopo la caduta del fascismo, e segnatamente quella concernente i matrimoni misti? Aveva senso, perché in quel modo si sperava di dissolvere pezzo a pezzo ogni presenza ebraica, in particolare imponendo a coloro che contraevano un matrimonio misto di educare i figli cristianamente.

Orbene, queste sono le colpe di Pio XII e della Chiesa: colpe che conoscevamo da un pezzo, che sono documentate pesantemente e che la recente “scoperta” non fa altro che confermare. E mentre è sacrosanto rinverdire l’indignazione per quel che questa “scoperta” ci ricorda – ed è sacrosanto ribadire che non piace che un simile Papa sia beatificato –, è straordinariamente deprimente che questa indignazione si elevi in un clima di sorpresa, come se non si fosse saputo nulla, come se avessimo scoperto ora efferatezze che neppure sospettavamo. Così, lo stracciarsi le vesti serve soltanto a mettere in luce che avevamo dimenticato tutto: adesione della Chiesa alle leggi razziali in testa.

Invece, ci si diletta a continuare a parlare di Shoah a proposito di Pio XII, cosa che francamente è peggio che fuorviante: perché sostituisce a colpe vere e accertatissime, una colpa di omissione o silenzio per certi versi evidente ma per altri opinabile e comunque temperata da ciò che indiscutibilmente Pio XII e la Chiesa fecero per salvare molti ebrei, molti che oggi sono in vita grazie a quell’intervento.

E allora – seguendo l’aureo precetto secondo cui a pensar male si fa peccato ma raramente si sbaglia – viene da chiedersi se tutto questo polverone non serva a occultare le colpe indiscutibilmente accertate per entrare nella nebbia delle colpe controverse e, magari, finire con un’assoluzione.

Di certo una simile colpa non ci sentiamo di imputarla all’articolo di Miccoli; il quale si chiude – assai bene – con l’osservazione che quei fatti successero perché quella era la Chiesa preconciliare, “avversa alla libertà religiosa e di coscienza”: una conclusione che condividiamo in toto, come dovrebbe essere chiaro da quanto abbiamo detto in precedenza. Ma stona un paragrafo della’rticolo che è talmente sconnesso col resto da sembrare un’interpolazione. Un paragrafo che è disgraziatamente piaciuto troppo a chi ne ha esaltato la presenza con il seguente sottotitolo: “… vicende dolorose, che si protrassero per diversi anni, prima che il mondo prendesse coscienza della terribile natura della Shoah”. Ma cosa c’entra, di grazia, la conoscenza o meno dello spessore della Shoah con la scelta di non restituire i bimbi battezzati?

Miccoli scrive di essere persuaso che la Santa Sede e gran parte del mondo cattolico non avevano l’esatta percezione della specificità della Shoah, che la vedevano confusa fra gli orrori della guerra e ne sarebbe la prova (che prova!) il fatto che Pio XII non fece cenno agli ebrei nel suo discorso del 2 giugno 1945. E che fu la volontà di pochi, e soltanto quindici anni dopo, a imporre, e non senza difficoltà, al mondo cattolico la questione.

D’accordo. Ma – insistiamo – che senso ha questo discorso? A noi pare che non ne abbia alcuno, né in termini storici, né in termini logici. In termini storici, a noi basta osservare che la Santa Sede aveva perfetta coscienza della differenza che intercorreva fra il razzismo hitleriano e quello fascista: non a caso si oppose (sia pure con qualche scarto ed esitazione) all’adozione del primo e valutò positivamente l’adozione del secondo, più spiritualistico e consono alla dottrina cristiana. Perciò, se anche non si sapeva che cosa era realmente accaduto ad Auschwitz si aveva piena coscienza del fatto che era successo qualcosa agli ebrei di talmente grave da non poter in alcun modo essere accettabile. D’altra parte, di certo Papa e Santa Sede sapevano qualcosa, altrimenti perché, da cosa e da chi avrebbero “salvato” ebrei? Ma qui viene il punto cruciale. Cosa cambia che la Santa Sede sapesse o non sapesse? Dobbiamo forse pensare che, se avesse saputo che gli ebrei venivano massacrati, si sarebbe vergognata di infliggere loro ulteriori dispiaceri? O che è lecito tenersi i bimbi di coloro che sono stati moderatamente bastonati, e non quelli di chi è stato massacrato? Qual è il fondamento teologico di questa norma, visto che ci si parla tanto di valore sacramentale del battesimo? Oppure è una questione non di dottrina ma di scrupoli? Per cui, se la Santa Sede non sapeva, con animo leggero si sentiva autorizzata a proseguire la sua opera di pulizia spirituale. Qui, delle due l’una: o siamo in presenza di un tentativo alquanto goffo di giustificazione, oppure ci si sta offrendo un’immagine a dir poco efferata della Chiesa di Pio XII, come quella di un’istituzione che non soltanto persegue i propri scopi senza il minimo scrupolo per la coscienza altrui, ma che lo fa graduando il proprio intervento secondo questioni di immagine e di opportunità.

È lecito avanzare una sommessa ma pressante richiesta: quando si parla di Pio XII e della Santa Sede degli anni del suo pontificato, si parli soprattutto delle sue evidenti e solari responsabilità – storicamente accertate – e non si tiri fuori a sproposito il riferimento alla Shoah. Altrimenti, tutte le vacche diventano grigie, non ci si capisce più nulla, si dimentica tutto; e, soprattutto, si regala l’intero campo della discussione al contrasto fra i fautori del cattolicesimo preconciliare, che vivono nella nostalgia di quei momenti di gloria, e coloro che si stracciano le vesti – “scoprendo” ora che la Chiesa voleva convertire gli ebrei con ogni mezzo.

In barba alle prediche quotidiane che ci vengono ammannite circa l’immenso valore profilattico della conoscenza della storia passata.

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