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Giorgio Israel
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Sinistra e antisemitismo 18-12-2004
Non riesco a leggere più di due, tre quotidiani al giorno ed è per questo che ho letto soltanto su Informazione Corretta l’articolo pubblicato su Il Riformista del 17 dicembre dal titolo “L’Anti-Defamation League, ala neo-con dell’ebraismo”, a firma Gadi Luzzatto Voghera.

Il commento di IC è più che esauriente: “Se la sinistra non vuole lasciare alla destra la battaglia contro il nuovo antisemitismo, non ha che da combatterla”. Ma qualche postilla la vorrei aggiungere. Perché al Convegno di Roma dell’ADL ci sono stato, ho anche presieduto una sessione, ho visto come sono andate le cose, lo spirito di apertura, l’attenta assenza di qualsiasi strumentalizzazione politica. Parlare di “utilizzo pubblico della lotta dell’antisemitismo come bandiera di schieramento politico” è semplicemente una falsità. Una falsità che cerca di legittimare il vergognoso titolo dell’articolo: “ala neocon dell’ebraismo”… Roba da anni cinquanta, quando gli intellettuali che si opponevano al comunismo venivano semplicemente tacciati di essere “spie al soldo della CIA”. Invece di discutere, si demonizza chi dice cose sgradite.

Ma perché tanto livore, di che cosa ci si lagna? Che il Presidente del Senato faccia un eccellente discorso, di una chiarezza senza pari sul tema dell’antisemitismo e dell’antisionismo? Che Frattini enunci con chiarezza una serie di punti operativi su cui cercare l’adesione di tutti i governi europei? Che Fini abbia fatto anche lui un discorso esemplare? Ma, si dice, solo dieci anni fa, prima di Fiuggi, aveva ben altre posizioni. D’accordo, ma non dovremmo salutare con soddisfazione questa evoluzione, ormai confermata da decine di discorsi e iniziative? Oppure ci si vuole attenere al motto mussoliniano “Molti nemici, molto onore”? Meglio avere come nemica quella sfilza di personalità istituzionali che si pronuncia e agisce in modo nettissimo sull’antisemitismo? L’autore dell’articolo parla di bilancio deficitario del governo di centro destra essenzialmente per l’assenza sul fronte della Task force sull’Olocausto. Sarà legittimo, oppure no, ritenere che sia di gran lunga più importante agire sul fronte dell’antisemitismo-antisionismo promosso dal terrorismo islamico e dai suoi complici occidentali, anziché delegare tutto all’analisi storica e alla retorica della memoria? È legittimo avere opinioni diverse. Personalmente ritengo molto più giusto il primo approccio. Sono per questo un “neocon”? Giocate quanto vi pare con le formulette: le intimidazioni staliniste non funzionano più, tante più quando sono infiocchettate da una serie di blandizie e di salamelecchi che vorrebbero trasmettere l’immagine di un atteggiamento equanime.

La verità è che chi parla del collateralismo di un’ala “neocon” ebraica nei confronti della destra, è il più grande dei collateralisti: quello che ritiene “naturale” che gli ebrei siano schierati a sinistra – gli ebrei hanno i “cromosomi di sinistra”, fu infelicemente detto – e quindi inventa la favoletta dei “neocon” per scongiurare la fine di questo collateralismo “naturale” e una più sana situazione in cui la questione dell’antisionismo-antisemitismo viene affrontata con rigore intransigente e indifferente alle appartenenze politiche.

L'articolo di Luzzatto Voghera è un'esemplare espressione di collateralismo. Si, è vero, si parla di “ambiguità” a sinistra, ma con che pudore e reticenza. Si ricorda il passato di Fini, ma non una parola sul presente della sinistra, che peraltro è il contrario dell’ambiguità. Vi è forse ambiguità nella cacciata del consigliere dell’ambasciata d’Israele Shai Cohen dall’Università di Pisa, accolta dal plauso di una parte di Rifondazione Comunista? È forse ambiguo l’abbraccio dell’onorevole Diliberto con lo sceicco Nasrallah capo di Hezbollah – un abbraccio cui nessuno a sinistra, salvo il solito Giuseppe Caldarola, ha opposto niente più che qualche borbottio imbarazzato a fronte di parecchie solidarietà gridate? E lasciamo perdere i tanti altri esempi: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Vorrei piuttosto sottolineare una frase dell’articolo che, guarda caso, riguarda proprio Hezbollah, e la vicenda delle trasmissioni dell’emittente televisiva Al-Manar che le autorità francesi hanno prima autorizzato e ora tentano tra mille difficoltà di oscurare – una frase che sembra scritta dall’onorevole Diliberto in persona.

Se l’articolista fosse venuto al Convegno di Roma avrebbe ascoltato un intervento, davvero eccellente – oppure non dobbiamo dirlo per pregiudizio da “neocon” antifrancesi? – del ministro francese Nicole Guedj, che ha parlato, fra l’altro, della necessità di restaurare i rapporti più distesi e aperti che sia possibile con Israele per combattere l’antisemitismo (sì, proprio così). La Signora Guedj ha parlato della faccenda Al Manar e ha detto senza peli sulla lingua che le trasmissioni di questa emittente sono una cosa indecente e terribile: non un minuto, non un secondo di trasmissione – ha detto – che non contengano l’espressione dell’antisemitismo più efferato.

Del resto, chiunque voglia informarsi, basta che navighi qualche minuto su Internet per raccogliere i testi inauditi (“Sion ascesso purulento” e altre amenità) trasmessi senza posa da Al Manar.

Invece il nostro articolista è pudico e prudente. Parla di “Hezbollah libanesi, accusati di fomentare l’odio etnico antisemita camuffandolo da antisionismo”… Accusati… ma accusati da chi, di grazia? Non se la sente il nostro di partecipare all’accusa di questi non precisati accusatori? È prudente a prendere posizione per il timore che si tratti dei soliti “neocon”? E, poi, accusati di che? Non di antisemitismo – siamo anche qui prudenti – ma di “odio etnico antisemita mascherato da antisionismo”. Per la verità, nessuno li ha accusati di questo: anche il ministro Guedj – che forse è diventata neocon, assieme al suo presidente Chirac: quanto è invasiva la piovra della reazione mondiale in agguato!… – ha parlato di “antisemitismo” e basta, anzi di un antisemitismo sfrenato, e senza la minima maschera di antisionismo. Ebbene no, meglio essere prudenti, magari ricorrendo a quel ridicolo aggettivo, “etnico”, messo là chissà per non dire cosa, forse per non dire “razzista” o “antisemita” tout court.

Dispiace che Il Riformista ospiti simili esercizi di stalinismo – un titolo odioso e demonizzatore sopra un contenuto al contempo insinuante e sfuggente. Dispiace perché mostra a che cosa sia ridotto il riformismo italiano: a farsi ballare i pantaloni di fronte a una certa sinistra, soltanto perché chi comanda ha deciso che senza quella sinistra si perde.

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