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Giorgio Israel
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Manganello, olio di ricino e silenzio 22-10-04
È da qualche anno che si dibatte incessantemente in Italia se vi sia o non vi sia un regime fascista. Il berlusconismo è autoritarismo? Oppure è peronismo. No, è autentico fascismo. Ma il fascismo è un’altra cosa. Sì ma a parte le manifestazioni esteriori l’essenza è quella… Un chiacchiericcio infinito.

Ed ora eccolo, un bell’episodio di fascismo, fascismo puro, a denominazione di origine controllata e garantita, quello del manganello e dell’olio di ricino. All’israeliano Shai Cohen è stato impedito di parlare in un’Università dello Stato, quella di Pisa, da un gruppo di teppisti di estrema sinistra, che hanno fatto uso di metodi di una violenza raccapricciante e ricorso a espressioni razziste e antisemite; e infine hanno rivendicato trionfalmente l’atto che ha «impedito che fosse data voce al rappresentante ufficiale di uno stato assassino». Le autorità accademiche hanno taciuto, non hanno chiamato la polizia, poi hanno deplorato, chiesto scusa, emesso comunicati, ma quel che dovevano davvero fare – riconvocare il seminario con tutte le garanzie – neppure a parlarne.

Ed anche questo è clima da anni venti, quando le squadracce nere picchiavano indisturbate, la polizia non interveniva o stava a guardare e le autorità dicevano che no, era un fenomeno marginale, che tutto era sotto controllo, e si defilavano vilmente.

Volevate tanto parlare di fascismo? Ecco, ora l’avete un episodio di fascismo puro, con tanto di cedimento alla Facta. Avete l’occasione d’oro di parlare di un fascismo indiscutibile. Finalmente ecco un vero esempio di emergenza democratica, la circostanza in cui mostrare che, se non è possibile impedire a priori l’atto squadrista, è fondamentale mostrare che ad esso non ci si piega. E invece no: soltanto borbottii imbarazzati e nessun atto concreto. Altro che “no pasaran”. Gli squadristi hanno vinto e sono passati.

Questa vicenda è, in primo luogo, la vergogna dell’università, del mondo accademico e intellettuale che ha soltanto dato mostra di pavidità, vigliaccheria, se non di vera e propria connivenza. In quale buco sono finiti i grandi campioni della libertà, coloro che tutti i giorni predicano di combattere per un paese libero, democratico, in cui a tutti sia consentito esprimersi liberamente? Pronti a stracciarsi le vesti al minimo sentore di discriminazione verso il mondo islamico, sono latitanti di fronte alla violenza subita dall’israeliano.

Ci dobbiamo chiedere poi cosa stia facendo il Ministro dell’Università. Non ha nulla da chiedersi e chiedere di fronte a quel che è accaduto nel settore di sua diretta competenza? Perché il signor Ministro, il Presidente della Conferenza dei Rettori e il Rettore dell’Università di Pisa non accompagnano di persona Shai Cohen, anche al rischio di prendersi qualche sputo o bastonata, a fare il suo seminario? Perché non lo fanno all’unico fine di dimostrare che questo è un paese democratico in cui non c’è spazio per lo squadrismo?

Last but not least, c’è l’aspetto politico. Questa vicenda è la vergogna e il disonore della sinistra italiana. Dove sono i dirigenti della sinistra? Dov’è l’onorevole D’Alema, che passa le sue giornate a prendersela con l’assassino Sharon e si adonta se lo si accusa di tendenziosità e di antisemitismo? Non era questa l’occasione d’oro per dimostrare che lui è persona equanime ed equilibrata, e per intervenire di persona a cancellare la macchia che ha imbrattato la città dei suoi antichi studi? E cosa fa Romano Prodi, nella sua duplice veste di professore e di leader del Gad? Lui, tanto solerte a nominare Tariq Ramadan – quel signore di cui ormai un libro ha mostrato il vero volto integralista e fanatico – membro del “gruppo dei saggi sul dialogo dei popoli e delle culture della Commissione Europea”, non trova un’oncia di fiato da sprecare per difendere i diritti dell’israeliano a parlare? L’Italia che ci promette è dunque il paese della diserzione di fronte allo squadrismo?

Non commentiamo infine, per rispetto alla decenza, il comportamento del gruppo consiliare di Rifondazione Comunista del Comune di Livorno, che ha rifiutato di votare una mozione di solidarietà a Shai Cohen, parlando di intervento che “avrebbe” impedito a Cohen di parlare e asserendo che “nessuno può trasformare un dissenso politico (sic!) in atto razzista”. Ci limitiamo a chiedere ai dirigenti della sinistra: è con questa gente che volete governare un paese democratico?

Forse il fascismo rosso non passerà, ma di certo non sarà merito di coloro che si fregiano ossessivamente della bandiera dell’antifascismo e che, in questa vicenda, si sono conquistati soltanto la palma del disonore.

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