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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Giorgio Israel
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Come funziona l'informazione nel nostro paese 05-03-04
«Se nel mondo l’antiamericanismo è in ascesa, una buona parte del “merito” va attribuita alla BBC: le sue notizie sugli Stati Uniti presentano il quadro fumettistico di una nazione di obesi e di sciocchi con la Bibbia sempre in mano, lietamente impegnati a spararsi addosso oppure a citarsi in tribunale. I presupposti su cui si basa sono gli stessi di quelli delle élite autoproclamatesi liberal in ogni parte del mondo: la potenza americana è cattiva, e il multilateralismo europeo è buono; le organizzazioni religiose sono uno stravagante resto di una barbarie non illuminata, e l’ateismo è il più alto risultato dell’intelletto umano; Israele (specialmente Ariel Sharon) è cattivo, e i palestinesi (soprattutto Yasser Arafat) sono vittime innocenti; il business è per natura corrotto o, nel migliore dei casi, semplicemente una noia; la povertà è il risultato dei fallimenti del governo; il successo economico è il prodotto dello sfruttamento o della disonestà; eccetera eccetera» (Gerard Baker, Weekly Standard – Il Foglio, 11.2.2004).

Questa descrizione perfetta dovrebbe essere trascritta, incorniciata in un quadretto, e riletta periodicamente per non perdere mai la bussola nella lettura o nell’ascolto delle notizie quotidiane. Già, perché essa si riferisce alla BBC, ma in realtà descrive perfettamente gran parte dell’informazione che viene costruita in Occidente dalle “élite autoproclamatesi liberal”, incluse quelle che dominano gran parte dei campus universitari statunitensi. E, naturalmente, si applica anche all’informazione costruita e diffusa in Italia da parte delle “élite” nostrane. Per la verità, nonostante la globalizzazione, l’equivalente di questa ideologia e le sue tecniche di diffusione in Italia si caratterizzano per alcune peculiarità che la distinguono dalle confratelle estere. Difatti, da noi le “élite liberal” sono piuttosto “élite” progressiste, la cui ideologia è ancora fortemente impregnata di marxismo, e non è immemore di antiche e collaudate tecniche per diffondere e radicare in modo indelebile nelle teste della gente certe formule espressive che poi diventano luogo comune inconfutabile come l’idea che il sole sorgerà ancora domani.

La versione nostrana di questo procedimento è molto elementare. Si parte dal dato di fatto che esiste una serie di riferimenti i quali – nonostante il trascorrere del tempo – suscitano nel “popolo progressista” una reazione di indignazione militante, allo stesso modo in cui la vista della carne faceva salivare il cane di Pavlov. Termini “pavloviani” sono, ad esempio: Vietnam, Guerra Fredda, Sud Africa, Militarismo, Terrorismo di Stato, Revanscismo, e così via. Classificare un evento sotto una denominazione sacra di questo tipo esenta dalla faticosa necessità di ragionare e permette di trasferirsi direttamente sul comodo terreno della condanna preconfezionata.

È quel che sta accadendo per la barriera anti-terrorismo che Israele sta realizzando per separarsi dai territori palestinesi. Questa barriera è diventata il Muro. Si badi bene: non “un muro”, e neanche “il muro”, ma “il Muro” con la M maiuscola. Ovvero, un’entità metafisica, una categoria etica. Ora, che il Papa possa parlare di muri come categorie morali e dica che fra i popoli occorre costruire ponti e non elevare muri, si può capire, e nessuno può dissentire da un auspicio generale di amore fra i popoli. Ma è assai meno accettabile che discetti in termini metastorici chi è chiamato ad occuparsi di faccende terrene, per giunta parlando di Muro come categoria per eccellenza dell’efferatezza.

Tuttavia, siccome bisogna pur dar mostra di parlare di cose concrete, di avere riferimenti precisi e documentati da fornire dell’efferatezza di cui sopra, il termine metafisico Muro viene tradotto in termini terreni mediante delle equivalenze. Ecco allora i luoghi comuni “pavloviani”: il Muro è come il “muro di Berlino”, la nuova realtà che esso produce è identica a quella del “segregazionismo sudafricano”, una suddivisione della realtà palestinese in “bantustan” che permette al “militarismo” israeliano di esercitare un “terrorismo di Stato”.

Questi slogans sono divenuti ormai un luogo comune così diffuso che è facile sentirseli ripetere dalle persone più insospettabili e talora in perfetta buona fede. Rispondi loro che il muro di Berlino divideva un unico popolo e che qui si tratta di separare precauzionalmente due popoli diversi (del resto, non si vogliono due stati, ecc.?)? Nel migliore dei casi restano attoniti, nel peggiore reagiscono violentemente come se avessi dissacrato un dogma della fede. Tenti di spiegare che non si tratta di un muro (tantomeno di un Muro), ma di una barriera elettrificata facilmente rimovibile, e il cui tracciato è lungi dall’essere definito e definitivo? (La Corte Suprema di Israele ha già imposto pesanti modifiche e l’abbattimento di alcuni chilometri già costruiti). Nossignore, il muro è il Muro, il suo tracciato è una tragica e definita realtà : del resto non ci sono periodici che offrono in regalo ai lettori la mappa del muro? Osservi che ci vuole un bel coraggio a parlare di “terrorismo di Stato”, senza dire una sola parola circa il fatto che le truppe israeliane reagiscono a un terrorismo palestinese (largamente tollerato o promosso dall’erigendo “stato”…) che ha fatto un numero enorme di vittime? Niente. Acqua sul vetro. Perché il “terrorismo di Stato” evoca l’efferatezza suprema, dai Colonnelli greci a Piazza Fontana, da Pinochet al G8 di Genova. E quanto al Sud Africa e ai “bantustan”, basta il sospetto di una prossimità anche concettuale del Muro con questi mostri, per affondare Israele nell’ultimo dei gironi infernali.

Insomma, della barriera per quello che è, per quello che dovrebbe essere e che sarà, delle ragioni che la hanno motivata e delle circostanze che possono renderla inutile, questa propaganda non dice una sola parola.

E tutto ciò sarebbe già abbastanza grave, se non fosse che l’autore di una buona parte degli slogan di cui sopra (dal parallelo con il Sud Africa al terrorismo di Stato) è uno dei leader più autorevoli del centro-sinistra, il quale sembra prepararsi attivamente alla funzione di ministro degli esteri: l’on. Massimo D’Alema. Così, siamo naturalmente portati ad interrogarci su quale potrà essere la politica di un possibile futuro governo dell’Ulivo. Ne parleremo prossimamente.

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