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Giorgio Israel
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La politica delle illusioni 06/12/2006

Ricomincia la politica delle illusioni, che prepara un aggravarsi della situazione e, con ogni probabilità esiti molto drammatici.

 

Il presidente Bush sembra sempre più  isolato ed ora anche il nuovo ministro della Difesa americano parla di soluzioni "politiche" e di riaprire il dialogo con la Siria e l'Iran. La disponibilià del governo israeliano è grande come non mai e non si limita al rispetto del cessate il fuoco con Gaza, ma si spinge fino alla decisione di un ministro di introdurre nei libri di testo scolastici la demarcazione dei confini del paese entro la "linea verde", come eloquente segnale di massima disponibilità nei confronti dei palestinesi.

 

Cosa corrisponde a questi passi in avanti dall'altra parte? Si constata qualche passo simmetrico? Nulla di nulla. Al contrario.

 

Sul fronte libanese, ormai il governo Siniora è sotto assedio, il primo ministro non riesce neppure a mettere il naso fuori del suo palazzo e non si vede come possa evitare il crollo del suo governo. Mentre Hezbollah continua a riarmarsi si profila la prospettiva di un governo da esso controllato e quindi il passaggio dell'esercito libanese sotto il comando del gruppo terrorista. Sono assai concrete le prospettive di una situazione in cui la missione Unifil non avrebbe più nulla da fare, in quanto la risoluzione ONU su cui è basata sarebbe svuotata: l'esercito libanese dovrebbe disarmare se stesso? Non stupisce, al riguardo, che il nostro ministro degli esteri sia preoccupato: evidentemente le sue capacità di previsione sono inferiori a quelle del più mediocre ufficio di meteorologia. Occorre ora che pensi, e in modo concreto, alle modalità di un probabile rientro delle truppe senza troppi danni.

 

Intanto, la prospettiva della formazione di un governo palestinese unitario sfuma e il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh ha ribadito che il suo movimento, Hamas, non farà nessuna "concessione" quale il riconoscimento di Israele. "Non rinunceremo a nessun lembo della terra di Palestina, né al diritto al ritorno per i rifugiati", ha proseguito Haniyeh, secondo cui "la resistenza (contro Israele) ormai non è la scelta di una sola fazione, ma quella di tutti i palestinesi, all'interno e all'esterno" dei Territori. Haniyeh ha anche detto ha ripetuto che non permetterà nessun conflitto interpalestinese, poiché "la nostra lotta è diretta soltanto contro l'occupante?". Malgrado ciò il  governo israeliano confida che il riconoscimento della Linea Verde nei libri scolastici possa indurre Haniyeh ad abbandonare il proposito di recuperare ogni lembo di terra? L'Europa ed ora anche il ministro degli esteri americano vogliono parlare con la Siria. Intanto, mentre dalla Siria passano materiali bellici verso Hezbollah, Haniyeh viene ricevuto dal presidente siriano Bashar al Assad, che annuncia per i palestinesi un aiuto siriano di circa 17 milioni di dollari.

Mentre la tenaglia iraniana si stende intorno a Israele, il presidente iraniano Ahmadinejad, con abilità alterna le sue profezie di prossima distruzione di Israele a minacce e avvertimenti concernenti la questione nucleare. Quando l'Occidente riapre il discorso sul programma nucleare iraniano egli solleva la questione palestinese, come madre di tutti i problemi, e trova subito attente orecchie e menti pronte a sperare che inducendo Israele a concedere quanto più possibile di suo il despota iraniano si calmi e conceda qualcosa sul terreno nucleare. Non appena l'insolubilità della questione palestinese risulta evidente dall'assoluta intransigenza del fronte Iran-Hezbollah-Hamas, Ahmadinejad riporta l'attenzione sulla questione nucleare. Procedendo e minacciando su entrambi i fronti, e ottenendo progressivi arretramenti dell'occidente, Ahmadinejad avanza verso il suo obbiettivo. E, in realtà avanza verso la guerra. In questo vortice, l'occidente stralunato non trova neppure la forza per profferire una sola parola per denunciare l'infamia del convegno "storiografico" sulla Shoah che avrà luogo a Teheran il prossimo 11 dicembre.

 

Siamo ormai ad un passo da Monaco 1938 e Israele prende il posto dei Sudeti. Non sono pochi ,  ne siamo purtroppo convinti , coloro che lascerebbero Israele andare in malora pur di ottenere la pace, la "pace per la nostra epoca" di Chamberlain. Certo, Israele non è i  Sudeti e rappresenta comunque un osso duro militare non indifferente. Ma nessuno è invincibile, soprattutto se è lasciato da solo o circondato dall' indifferenza.

 

Come a Monaco 1938 così oggi, c'è chi crede che concedendo all'Iran, un ruolo di potenza regionale "stabilizzatrice" - e quindi anche stabilizzatrice della Palestina? - si riuscirebbe a calmare i bollenti spiriti dei suoi dirigenti e a imboccare una via di pacificazione. Come a Monaco 1938 si fallirà perché nessuna concessione materiale può soddisfare chii è animato da un ideale escatologico. Chi ripete che la questione palestinese é la madre di tutte le questioni ha idee chiare della situazione quanto le aveva chi credeva di poter allontanare la guerra concedendo i Sudeti. Disse Churchill a proposito di Monaco: "Potevano scegliere tra disonore e guerra, hanno scelto il disonore, avranno la guerra". Non si riesce a sottrarsi alla tragica impressione che questa frase sia ancora pienamente attuale, dopo quasi settant'anni.


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