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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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Giorgio Israel
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Le lingua di legno di Piero Fassino 19/04/2006

Piero Fassino è, assieme a Francesco Rutelli, quanto di meglio può
offrire il centro-sinistra in tema di politica estera. Ne costituisce
una prova la sua intervista al Corriere della Sera (19 aprile 2006), in
cui ha condannato "senza se e senza ma" i kamikaze palestinesi e la
giustificazione che Hamas ha dato dell'ultimo attentato terroristico a
tel Aviv.
Tanto più sconcertante e deprimente è il fatto che egli abbia ricorso
in questa intervista a quella che i francesi chiamano la "langue de
bois", la "lingua di legno" dei comitati centrali e della politica
politicante.
In primo luogo, Fassino ha definito il titolo del Manifesto
sull'attentato - I frutti del male - "ambiguo" e che "rischia di
apparire, anche se non voluta, come una forma di giustificazione". Ma
ha letto Fassino Il Manifesto? Si rende conto che tutto è, salvo che
ambiguo: è chiarissimo, è una giustificazione voluta. È veramente
necessario tenere assieme tutto il circo, anche nelle sue
manifestazioni deteriori? Ma non era finita la vecchia prassi di stile
comunista dell'"unità" a tutti i costi e contro ogni evidenza?
In secondo luogo, Fassino ha evitato di prendere le distanze dalla
dichiarazione di Prodi, dicendo che "bisogna stare attenti a non fare i
grilli parlanti". Ma chi sarebbero i grilli parlanti? Il giornale di
Rutelli che ha criticato severamente Prodi?
In terzo luogo, egli ha enunciato un bizzarro concetto: "non punire
Hamas ma persuaderlo". Che vuol dire, in concreto? Come si fa a
persuadere un assassino a non compiere un delitto? Inondandolo di mazzi
di fiori? Non sarà piuttosto il caso di minacciarlo di punizioni e, ove
questi sia ultrarecidivo e per giunta dichiari di voler ripetere il
delitto in futuro, metterle in atto, se non altro per non rendersi poco
credibili e persino ridicoli? L'Europa, che certo è tradizionalmente
prudente e indulgente ha deciso di passare alle "punizioni". Perché
Fassino sente il bisogno di precisare che occorre persuadere e non
punire? Non sarà un modo di riproporre per la porta di servizio la
posizione di Prodi, che su Al Jazeera ha suggerito di correggere la
posizione europea in senso più indulgente nei confronti delle
"interessantissime aperture di Hamas"?
Viene in quarto luogo un argomento completamente illogico: occorre
evitare di "buttare la dirigenza palestinese nelle braccia di chi, in
cambio di fondi, la sospinge su una linea ancora più estremista". Se il
criminale suddetto usa dei fondi che noi gli diamo per acquistare armi
ed esplosivi, e se dimostra di non aver bisogno del nostro denaro
perché tanto può ottenerlo altrove, che senso ha continuare a
darglielo? Forse che le armi e gli esplosivi acquistati con il denaro
europeo fanno meno male di quelle acquistate con il denaro iraniano? E
in che modo potremmo prevenire una deriva ancora più estremistica se
non minacciando di tagliare i fondi? Se poi la minaccia è spuntata, c'è
poco da fare. O meglio, l'unica cosa logica e onesta sarebbe aiutare
Israele.
Dispiace, perché - lo ripetiamo - Fassino è uno delle personalità più
aperte alle ragioni di Israele che esistano nel centro-sinistra.
Perciò, se anche lui è costretto a parlare la "langue de bois", stiamo
davvero freschi.


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