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Diego Gabutti
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'Il criminale pallido', di Philip Kerr 04/09/2020
'Il criminale pallido', di Philip Kerr
Commento di Diego Gabutti

Il criminale pallido | Philip Kerr | Fazi Editore
Philip Kerr, Il criminale pallido, Fazi 2020, pp. 318, 15,00 euro

È un detective privato di stampo chandleriano (tosto e sentimentale) nella Berlino nazionalsocialista. Vive all’inferno, eppure ripara torti, protegge i deboli dai forti, abbraccia soltanto le buone cause. Bernie Gunther – qui alla sua seconda avventura (al Criminale pallido, del 1990, seguiranno altri tredici romanzi) – deve vedersela con quello che a un primo sguardo ha l’aria d’essere un normalissimo (si fa per dire) serial killer da romanzo poliziesco. Senza che i giornali ne parlino, per non deturpare con tratti ulteriormente horror la scena già abbastanza horror del regime, il killer semina la capitale del Reich di ragazzine (tutte arianissime) uccise o meglio scannate nel più efferato e sadico dei modi. Modi, strano a dirsi, che ricordano le vignette grand guignol a proposito del «sacrificio del sangue»: l’immolazione, preferibilmente «di bambini e vergini cristiane», che Der Stürmer, il settimanale violentemente e anzi psicopaticamente antisemita del gangster nazista Julius Streicher, attribuisce agli ebrei. (Per dare un’idea del personaggio e del suo organo di stampa: Der Stürmer, nel 1940, viene soppresso da Joseph Goebbels, in quanto persino lui, il Reichsleiter che ha fatto della propaganda un gas tossico in anticipo sui forni, giudica «inappropriato» e «troppo violento» il giornale di Streicher, che a sua volta viene deposto da tutti gl’incarichi di partito per corruzione e inadeguatezza «a svolgere funzioni dirigenziali).

Chandleriano finché si vuole il detective, ma la Germania di Hitler e dei suoi indemoniati decisamente non è la California. A incaricare Gunther dell’indagine è Reynhard Heydrich in persona (come le offerte di Don Vito Corleone, certi incarichi non si possono rifiutare). Siamo nell’autunno del 1938, la guerra è alle porte, e Heydrich – futuro pianificatore e organizzatore della Shoah – al momento è il Gruppenführer al comando della Gestapo. Quanto a Gunther, è un ex poliziotto di Berlino che si è messo in proprio dopo l’ascesa degli hitleriani al potere, cosa che lo squalifica agli occhi dei nazisti, ma persino gli ex colleghi passati a salutare col braccio teso e a farsi crescere baffetti a spazzolino continuano a considerarlo un asso delle indagini, soprattutto nei casi di delitti seriali, dove Gunther ha già avuto modo di distinguersi (siamo pur sempre nella Germania ombre e nebbia dei film espressionisti, del Dottor Mabuse e del Mostro di Düsseldorf). E così, volere o volare, la caccia al serial killer di giovani ariane tocca a lui. Gunther abbandona, o così crede, il caso al quale sta lavorando (il ricatto ai danni d’un omosessuale, un affaire mica da ridere nella Hitlerland dei nastri rosa e dell’internamento dei «froci» nei campi, vent’anni anni in anticipo sui lager per «maricones» di Fidel Castro e Che Guevara) e comincia a indagare sui delitti del mostro berlinese.

C’è puzza di bruciato: il caso dell’omosessuale sotto ricatto s’intreccia con quello dell’assassino seriale, quindi s’uniscono alla festa marpioni che si spacciano per medium e occultisti fuori di testa (tra i quali spicca Otto Rahn, un SS ancora oggi molto amato dalle ultradestre per i suoi saggi fantasy sul catarismo nel meridione francese) . È la Germania tra le due guerre: un paese che ha puramente e semplicemente rinunciato alla razionalità. È un lungo addio (per stare a Chandler) alla ragione. Succede un po’ dappertutto, nell’Italietta degli squadristi e del dannunzianesimo violento e infiorettato, come pure nell’URSS del cinema epico-monumentale e delle poesie-propaganda di Majakovskij, ma è in Germania che il delirio filosofico, etico e politico occupa completamente la scena: tra Nosferatu e Auschwitz, come si capirà presto, non c’è che un passo. In Germania la realtà supera ogni fantasia espressionista, comprese le più improbabili e più atroci. Da un giorno all’altro il paese trabocca di mostri e serial killer autorizzati a praticare la loro arte: al confronto, Peter Lorre (protagonista di M, il film di Fritz Lang) è un personaggio da fumetto. Neanche il Dottor Caligari aveva osato spingersi dove si spingerà a breve il Dottor Mengele. È la Germania raccontata da Philip Kerr (scomparso, ahinoi, nel 2018) attraverso le inquietanti, livide avventure di Bernie Gunther.

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Diego Gabutti

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