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Diego Gabutti
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Negazionismo a sinistra 02/02/2020
Negazionismo a sinistra
Commento di Diego Gabutti

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Francesco Germinario, Negazionismo a sinistra. Paradigmi dell’uso e dell’abuso dell’ideologia, Asterios 2017, pp. 176, 18,00 euro.


Ci sono teoremi cospirativi più o meno innocui, che semplicemente sondano gli abissi della credulità umana: la missione Apollo non è mai stata sulla luna, i balzi degli astronauti sulla superficie lunare sono stati girati da Stanley Kubrik sul set di 2001. Odissea nello spazio. E ci sono fantasie complottistiche meno innocue: non c’è stato nessuna Shoa, le camere a gas sono una chimera sionista, gli ebrei morivano come si muore in guerra, di fame, sotto i bombardamenti, d’epidemie di tifo. Storico del radicalismo di destra, autore di numerosi saggi sull’antisemitismo e sul revisionismo in tema di sterminio degli ebrei, Francesco Germinario illustra in un suo libro, Negazionismo a sinistra gli usi e costumi d’una specie scarsamente conosciuta di negazionisti: i negazionisti non semplicemente di sinistra ma d’estrema sinistra, comunisti radicali che si richiamano all’autorità d’un teorico del marxismo puro e duro, il napoletano Amadeo Bordiga, che Lenin aveva bollato come «estremista» nell’opuscolo L’estremismo, malattia infantile del comunismo (lui, il Robespierre del Terrore rosso, se la tirava da moderato).

Setta nella setta, catacomba scavata sotto le catacombe, il negazionismo d’ultrasinistra nasce in Francia all’inizio degli anni settanta, nei circoli d’oscure sette gosciste e bordighiste (Amadeo Bordiga, ingegnere, «ostinato e immobile» marxista dalla prosa spumeggiante e pirotecnica, fu il fondatore e primo segretario del Pc d’Italia nel 1921). Già all’origine, in realtà, il negazionismo è affare dell’estrema sinistra. A negare, praticamente per primo, l’esistenza delle camere a gas fu il comunista Paul Rassinier, deportato a Buchenwald, poi editore e giornalista. Nei suoi scritti, che furono in seguito ripresi dai negazionisti della destra neofascista e nazisteggiante, Rassinier vaneggiava che non c’era stato nessun piano di sterminio degli ebrei o di qualunque altra minoranza da parte dello stato maggiore hitleriano, ma che i prigionieri dei lager tedeschi furono sterminati dalle condizioni materiali della guerra. Soprattutto, raccontava Rassinier, furono vittime della ferocia dei kapò, quasi tutti socialdemocratici e comunisti staliniani (che erano tornati ad allearsi tra loro da quando il Comintern, sconfessata la teoria del socialfascismo, era passato alla politica dei fronti popolari). Che i kapò staliniani fossero brutta gente lo testimoniano grandi libri, a cominciare da Prigioniera di Stalin e di Hitler di Margarete Buber Neumann (il Mulino 2005). Ma che fossero loro, e non le Einsatzgruppen, le unità operative naziste agli ordini di Reinhard Heydrich, a massacrare gli ebrei su scala industriale, come sosteneva Rassinier, è peggio che ridicolo. È cecità ideologica: la stessa cecità che portò i bordighisti francesi, e alcuni loro semblables italiani, a utilizzare un articolo attribuito a Bordiga (ma opera del bordighista tedesco Jean Pierre Axelrod, «un fisico, ex trotskista», anche lui scampato di poco alla deportazione) per sostenere la tesi complottarda che Auschwitz era «un’invenzione» dell’agitprop alleato (URSS compresa) e sionista. In realtà, come racconta Germinario, l’articolo di Axelrod (Auschwitz, o il grande alibi) non era negazionista. Era un’opinione che «banalizzava» (come si dice oggi) la specificità della Shoah. Da come la vedeva lui, e da come la vedeva anche Bordiga, prima e seconda guerra mondiale erano la stessa cosa: il nazismo era il capitalismo classico più qualche belluria hitleriana di scarso conto (il passo dell’oca, la svastica, i baffetti a spazzolino e, di passaggio, anche lo sterminio di milioni d’ebrei).

Non era la politica, cioè l’antisemitismo al potere, né Hitler e i suoi serial killer, a muovere i fili della storia: campi di sterminio e Shoah erano l’inevitabile conseguenza dei rapporti sociali capitalistici, dunque della «struttura economica dominante», come da canone marxista. Era un discorso assurdo, naturalmente, ma è intorno alle assurdità (mancano pochi anni alla fine del mondo, gli alieni sono tra noi, i vaccini provocano l’autismo, resusciteremo i morti) che prendono forma le sette estremiste. Bordiga, che col negazionismo non aveva naturalmente nulla a che fare, ne fu proclamato post morten capostipite; e questo non è bello né sportivo. Qualcosa negò anche lui, tuttavia. Ingegnere, e comunista eccentrico, negli anni cinquanta negò, conti alla mano, che fosse possibile mandare astronavi nello spazio. Nessun «proietto», fantasticò, «sarebbe mai sfuggito alla gravità terrestre». Era una bella topica. Ma aveva un suo metafisico perché: il fondatore del Pc d’Italia s’opponeva, come scrisse, all’«impestamento umano dello spazio cosmico».

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Diego Gabutti

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