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Diego Gabutti
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Un Mussolini di plastica sul cruscotto della Nazione 31/07/2019

Un Mussolini di plastica sul cruscotto della Nazione
Commento di Diego Gabutti

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Busti di Mussolini in vendita in un negozio di Predappio

Con Mussolini non è mai chiaro se si parla troppo di lui (anzi di Lui, caro Lei) o non se parla abbastanza. Probabilmente si parla troppodel Mussolini in sé, simile a una di quelle ballerine hawaiane di plastica che agitano i fianchi sul cruscotto delle automobili: gli occhi roteanti, le mani sui fianchi, il panzone, la pelata, il mento ribaldo stile Braccio di Ferro il Marinaio. Di questo Mussolini immaginario, da rotocalco storico, un Mussolini balzachiano a luci rosse e carisma tenebroso, Case Editrici e Case Pound non smettono mai di celebrare gli amori, le imprese, i carteggi segreti, «il fiuto politico», le paludi bonificate, Claretta, l’Impero, le leggi razziali (promulgate malgré lui, ça va sans dire) e le tempeste elisabettiane nel bicchier d’acqua repubblichino (Edda e il povero Ciano, il Processo di Verona, Piazzale Loreto). Anche il Mussolini dell’antifascismo, al pari di quello fascista, è un personaggio da melodramma storico: il traditore del socialismo, l’ispiratore del Hitler, Faccetta Nera, il nemico del Negus e della Società delle nazioni, il parlamento bivacco dei suoi manipoli, Allarmi Siam Fascisti,M il figlio del secolo, le leggi razziali promulgate per qualcosa di peggio, se possibile,dell’antisemitismo: per opportunismo, allo scopod’arruffianarsi il Führer. C’è anche il Mussolini del fascismo (e fasciocomunismo) chic: Pietrangelo Buttafuoco, gli evoliani con la smorfietta, Antonio Pennacchi, le biografie cascamorte di Giordano Bruno Guerri. Tutti questi Mussolini coesistono insieme nell’immaginario politico italiano, la repubblica più vintage del pianeta, dove «fascista» non è uno dei tanti aggettivi («risorgimentale», «sabaudo», «giolittiano») a disposizione dello storico ma un insulto o un complimento che ci si scambia in società, tra italiani semplici e arcitaliani. Di questi Mussolini, tirabaci o scacciabaci, non se ne può onestamente più. Sarebbe ora di togliersi dal punto. Ma ve li vedete i politici italiani e arci (tutti i nostri leader neanderthalianicon la fronte bassa e la clava al piede, gente che si guadagna da vivere straparlando di storia, di TAV, di vaccini, di sicurezza e insicurezze, di geografia) smetterla di rimpiangere i giorni dell’ordine e della disciplina o di tuonare contro le oscure trame della reazione eternamente in agguato? Temo che il DUX, in tutte le sue labirintiche varianti, continuerà a dondolare i fianchi sul cruscotto della nazione. Case Editrici e Case Pound continueranno a parlarne troppo. Ma mentre Lui, caro Lei,resta al centro del palcoscenico ieri nazionalpopolare e oggi nazionalpopulista, forse non si parla abbastanza della sua creatura, il fascismo. Versione morbida e strapaesana del nazismo e del comunismo, anche il fascismo nascenei campi di battaglia e nelle trincee della Grande guerra, la più devastante mai combattuta sulla Terra fino a quel giorno, e prende formanelle immani mischie politiche del Grande dopoguerra, dove la guerra civile si confonde con il disturbo da stress post traumatico. Ci sono dentro tutti: nazionalisti, anarchici, nazionalbolscevichi dannunziani, nudisti, massoni, pionieri del new age, liberali pentiti, cattolici complessati. Opera di demagoghi e di traumatizzati di guerra, il fascismo diventa popolare (e tale rimane anche oggi, un secolo dopo) perché partecipa, adottando slogan di destra e di sinistra senza fare torto a nessuno, d’ogni possibile discorso trucibaldo da bar: guerra al capitalismo, il nemico ci ascolta, prima gl’italiani, autarchia, belle abissine, socializzazione. Mussolini non è Maometto e il fascismo non è una sharia, un Corano da applicare punto per punto, mentre il muezzin veglia dall’alto sulla fedeltà al Canone da parte del regime. No, il fascismo viene inventato giorno per giorno, un passo a destra, uno a sinistra, due passi in avanti e poi uno indietro perché «i tempi non sono ancora maturi», oggi uno zig e domani uno zag, poi di nuovo due passi avanti, uno indietro, due avanti e così via, fino alla guerra e alle leggi razziali. Non so a voi, ma a me tutto questo ricorda, punto per punto, il neosovranismo europeo, che non ha una politica né un’identità, al pari del fascismo, e che non di meno gode, sempre come il fascismo, di consensi sempre più vasti e imperscrutabili. Non è il fascismo di ritorno, ma il sovranismoe le autoproclamate «democrazie illiberali» sono certamente la ricaduta dei totalitarismi del XX secolo in forma per il momento farsesca. Finché la NATO ci farà da argine, come ha spiegato Angelo Panebianco qualche giorno fasul Corriere, l’Europa dei diritti resterà in piedi; il giorno in cui gli Stati Uniti, passati a un secondo e più radicale mandato Trump o (molto ma molto peggio) a un mandato democratico massimalista, dovessero isolarsi sul serio e restituirci definitivamente la sovranità, ci toccherà ballare sul Titanic, o sulle moto d’acqua della polizia,in rotta verso Russia e Cina, prede mai così facili del dispotismo asiatico.

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Diego Gabutti
Già collaboratore del Giornale (di Indro Montanelli), diSette (Corriere della Sera), e di numerose testate giornalistiche, corsivista e commentatore diItalia Oggi, direttore responsabile della rivista n+1 e, tra i suoi libri: Un’avventura di Amadeo Bordiga (Longanesi,1982), C’era una volta in America, un saggio-intervista-romanzo sul cinema di Sergio Leone (Rizzoli, 1984, e Milieu, 2015); Millennium. Da Erik il Rosso al cyberspazio. Avventure filosofiche e letterarie degli ultimi dieci secoli (Rubbettino, 2003). Cospiratori e poeti, dalla Comune di Parigi al Maggio'68" (2018 Neri Pozza ed.)


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