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Antonio Donno
Israele/USA
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La Libia in mano a Turchia e Russia 15/06/2020
La Libia in mano a Turchia e Russia
Analisi di Antonio Donno

Libia, Haftar: mega offensiva nei dintorni di Tripoli ...
Tripoli

Quando il regime di Gheddafi, nel 2011, fu rovesciato sotto la spinta dei movimenti della “Primavera araba”, nessuno prevedeva che cosa sarebbe poi accaduto in quel territorio strategicamente cruciale del Mediterraneo e del Maghreb. O meglio, la coalizione Nato che, assecondando i ribelli, pose fine alla dittatura del Colonnello commise un gravissimo errore di valutazione sulle conseguenze che ne sarebbero derivate, assecondando principalmente gli interessi della Francia, con l’avallo esplicito di Obama. Ora è sotto gli occhi di tutti che il futuro della Libia, dopo la sconfitta di Haftar, è nelle mani del binomio dittatoriale Erdoğan-Putin, che sosterranno il loro fantoccio Sarraj. Così, se inizialmente l’Onu aveva dichiarato che il vero presidente della Libia fosse Sarraj, ora lo sarà non come esito politico del sostegno internazionale, ma dei due dittatori Erdoğan e Putin. Bel risultato. A questo punto, viene spontaneo chiedersi se tutte le dittature devono essere sottoposte allo stesso metro di giudizio. La storia della Libia è molto significativa a tal fine. Gheddafi aveva riunito la Libia, divisa storicamente tra diverse tribù in lotta tra di loro in un unico stato centralizzato sotto il suo potere. Dopo le sonore sconfitte subite da Israele, il Colonnello aveva compreso che allearsi con gli altri paesi arabi contro Israele, in un’estenuante guerra a tappe contro lo stato ebraico, non era conveniente per il ruolo del suo regime tra Europa e Nord Africa e per la stessa economia della Libia. Di conseguenza, aveva scelto per il suo paese una posizione neutrale nel Mediterraneo, rinunciando alle velleità anti-israeliane che ponevano il suo regime in una difficile posizione politica nel sistema internazionale. La Libia, paese ricchissimo di petrolio, divenne un partner importante nel contesto di un mare nel quale i paesi europei avevano un interesse importante nel mantenere ottimi rapporti con il dittatore libico. Inoltre, il paese assunse un ruolo di equilibrio in tutta la fascia del Maghreb, dove i movimenti della “primavera araba” iniziavano a creare situazioni di squilibrio regionale. La “primavera araba” indusse i paesi democratici europei e gli stessi Stati Uniti a ritenere che una nuova stagione di democrazia potesse modificare radicalmente il volto tradizionale del Medio Oriente arabo. Dietro questa speranza di democrazia, tuttavia, erano presenti interessi molto chiari – politici ed economici – delle grandi compagnie petrolifere e dei governi democratici che ne erano l’espressione politica e strategica. Così, la Nato, con il suo sostegno militare accordato ai ribelli, commise un errore cruciale nell’abbattere il regime di Gheddafi, con la brutale uccisione del dittatore da parte di aguzzini locali. Ora, dunque, la situazione della Libia è negli artigli del binomio dittatoriale turco-russo. Sia per Putin, sia per Erdoğan si tratta di un fondamentale passo in avanti nel controllo del Mediterraneo e del Nord Africa. Il voltafaccia improvviso di Putin, che dal sostegno a Haftar è passato a quello a Serraj, è l’indicatore dell’interesse turco-russo a non entrare in rotta di collisione tra di loro e allearsi per la spartizione di un paese che si affaccia sul Mediterraneo ma che, nello stesso tempo, ha propaggini strategicamente molto importanti nel cuore dell’Africa sahariana. In definitiva, se la dittatura di Gheddafi non proponeva pericoli per la stabilità della regione, al contrario il controllo della Libia da parte di Erdoğan e di Putin potrà rappresentare solo l’inizio delle ambizioni dei due nei confronti di un’area di straordinaria importanza strategica ed economica. Da parte sua, Trump non ha alcun interesse a contrastare il progetto turco-russo; non vuole impelagarsi in questioni delicate ora che è in campagna elettorale. L’ONU è totalmente impotente. La Nato, più che mai.

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Antonio Donno

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