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Antonio Donno
Israele/USA
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L'impeachment contro Trump andrà a danno dei democratici 09/12/2019

L'impeachment contro Trump andrà a danno dei democratici
Analisi di Antonio Donno

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Benjamin Netanyahu, Donald Trump

Aveva ragione Nancy Pelosi, presidente democratica della Camera dei Rappresentanti, quando si mostrava perplessa di fronte alle richieste pressanti degli oltranzisti del proprio Partito di iniziare la procedura di impeachment contro Donald Trump. Probabilmente pensava alla vicenda di Bill Clinton, il quale fu sottoposto dal procuratore Ken Starr allo stesso procedimento tra il 1998 e il 1999. Clinton fu assolto dal Senato e tutta la questione si smontò in breve tempo, restituendo al presidente il suo precedente prestigio. La stessa cosa avverrà con Trump, pensava Pelosi, ma l’insistenza di parte del suo Partito l’ha portata, alla fine, a una scelta che sarà negativa per i democratici. È impossibile per i democratici raggiungere i due terzi dei voti del Senato; di conseguenza, Trump sarà prosciolto da ogni accusa; la questione cadrà nel dimenticatoio e il Partito Repubblicano punterà alle elezioni del 2020 ancora più sicuro della vittoria di Trump e di un nuovo mandato per un proprio esponente. A questo occorre aggiungere che lo spropositato numero di concorrenti democratici alle elezioni primarie per la corsa alla presidenza non dimostra la forza del Partito, ma la sua debolezza. Sta a dimostrare il frazionamento dei democratici in molte tendenze politiche che sono spesso inconciliabili tra di loro, una sorta di piccoli partiti nel Partito democratico. Credo che prima d’ora i democratici non abbiano presentato nella loro storia una pletora di concorrenti così vasta (17 candidati); probabilmente il numero scenderà in prossimità delle primarie, ma con tutto ciò il frazionamento è un aspetto negativo per il presente (o forse anche per il futuro) del Partito che fu di Thomas Jefferson. Nel Partito Democratico sono emerse fazioni estremistiche che poco possono conciliarsi con la parte maggioritaria degli elettori democratici, una parte storicamente moderata, legata alle tradizioni del liberalismo delle origini della nazione, un liberalismo – per fare soltanto un esempio tra i tanti – che non ha mai tollerato nel suo seno l’odioso antisemitismo che oggi, invece, permea alcune parti oltranziste, per quanto minoritarie, del Partito Democratico, in cui si sono sistemati alcuni elementi di estrazione islamica che professano odio verso Israele e verso gli ebrei. Un fenomeno che si sta diffondendo soprattutto nei campus universitari americani, soprattutto in quelli della costa orientale e occidentale del paese, in passato centri della rivolta studentesca degli anni Sessanta. Già in quella circostanza – si era nei momenti successivi alla grande vittoria di Israele nella guerra del 1967 – erano emersi gruppi di contestatori di Israele, per quanto molto minoritari all’interno del movimento, che passerà alla storia, invece, per altri motivi insiti nei suoi programmi. E, tuttavia, terminata la fase della contestazione, le vicende mediorientali continueranno ad alimentare un certo disappunto in una parte dell’elettorato democratico nei confronti della posizione di Israele sul problema israelo-palestinese, un disappunto spesso sottaciuto, soprattutto negli anni di Jimmy Carter (il quale, peraltro, dopo la fine del suo mandato, si spenderà anima e corpo per i palestinesi e contro Israele), ma persistente anche negli anni di Clinton. In sostanza, l’amicizia nei confronti Israele, che ha contraddistinto la politica democratica a partire dagli anni di Truman, che riconobbe la nascita dello Stato ebraico, si è spostata – con l’andar del tempo e oggi per le posizioni anti-israeliane e antisemite presenti in alcuni settori del Partito Democratico – a denotare, invece, la politica del Partito Repubblicano, prima con Nixon e il suo Segretario di Stato, Kissinger, poi ancora più con Ronald Reagan, e oggi con Trump. Un rovesciamento di posizioni imprevedibile, che è partito silenziosamente negli anni successivi alla guerra del 1967 e che nel tempo ha modificato lo scenario interno americano sul problema cruciale del conflitto arabo-israeliano e poi israelo-palestinese. In tutto ciò Kissinger ha avuto un ruolo preminente. Il suo realismo è stato un punto di forza nella conduzione della politica americana nel Medio Oriente, dove i valori della democrazia erano rappresentati esclusivamente dalla presenza di Israele.

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Antonio Donno


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