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Antonio Donno
Israele/USA
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Medio Oriente: una situazione in continuo cambiamento 20/11/2019
Medio Oriente: una situazione in continuo cambiamento
Analisi di Antonio Donno

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Il Segretario di Stato, Mike Pompeo, ha dichiarato che gli insediamenti israeliani in Cisgiordania non sono illegittimi, perché sono all’interno di territori non “occupati”, ma “contesi”, e finché non ci sarà un definitivo trattato di pace non si deve parlare di illegittimità. Questo è un punto fermo molto importante da parte dell’Amministrazione americana. Anche se l’affermazione di Pompeo è contestata in varie sedi internazionali, resta un dato significativo nel processo diplomatico che dovrà portare – se porterà – ad una sistemazione finale del contenzioso israelo-palestinese. Intanto, una buona parte del Medio Oriente è in ebollizione. La situazione in Iran è sempre più tesa perché le condizioni economiche della gente comune sta precipitando e le manifestazioni contro il regime si moltiplicano. Le notizie scarseggiamo perché le comunicazioni con l’estero sono attentamente controllate dal governo iraniano. La cosa stupefacente, che nessuno ha messo in rilievo fino ad ora, è che, nonostante che la crisi economica sia determinata in buona parte dalle pesanti sanzioni americane, i dimostranti non accusano gli Stati Uniti, ma il proprio governo di affamare il paese. È un segno molto importante che la distanza tra il popolo iraniano e il potere degli ayatollah sta aumentando di giorno in giorno. Un cartello di un dimostrante in una manifestazione di qualche giorno fa così portava scritto: “Non pensate alla Siria, pensate a noi!”. Più chiaro di così! In Libano e in Iraq i rivoltosi contestano la presenza dei esponenti politici e militari dell’Iran all’interno dei propri paesi, la cui crisi economica viene attribuita, anche in questi casi, al regime di Teheran. Insomma, la posizione politica dell’Iran nel contesto del Medio Oriente sembra farsi sempre più complicata, mentre la situazione economica interna rende di giorno in giorno più difficile sopportare le spese del mantenimento delle proprie milizie in vari contesti della regione. In prospettiva, dunque, la contestazione interna e in due contesti importanti del Medio Oriente suona come un campanello d’allarme per le ambizioni della teocrazia iraniana nel Medio Oriente. Anche nello Yemen, il confronto tra gli houti filo-iraniani e l’esercito dell’Arabia Saudita sembra essere in una situazione di stallo. In questo punto-cardine della penisola arabica, all’imbocco del Mar Rosso, si gioca una partita strategicamente importante, in cui le forze saudite non sembrano in grado di eliminare definitivamente i ribelli houti, che, al soldo di Teheran, mirano a conquistare il potere nello Yemen, situandosi in una posizione estremamente pericolosa per il regime di Riad. Mentre la Russia svolge il suo lavoro senza eccessiva esposizione politica, ma con efficacia, nella regione mediorientale, l’Iran potrà scontare, in prospettiva, la sua crescente debolezza economica, a meno che la Cina, che ambisce di conquistare posizioni di rilievo nel Medio Oriente, non fornirà il necessario ossigeno economico a Teheran che consenta al regime iraniano di continuare ad incrementare le sue ambizioni nella regione. Ma il prezzo che l’Iran dovrà pagare a Pechino non sarà di certo lieve, anche se oggi non è individuabile. Israele è in attesa di un nuovo governo. Netanyahu ha impartito un’ennesima lezione ai terroristi di Gaza, anche se il timore è che il potere di Hamas possa essere scalzato dalla Jihad islamica, foraggiata da Teheran, che non ha obiettivi diversi da quelli di Hamas, cioè la distruzione dello Stato ebraico. La situazione economica della Striscia è al collasso e ciò potrebbe portare ad una rivolta interna e a un nuovo scontro sanguinoso, che determinerebbe la presa del potere da parte della Jihad e forse uno scenario politico ancora più difficile da gestire da parte di Gerusalemme.

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