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Antonio Donno
Israele/USA
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Il regime degli ayatollah sempre più isolato 13/07/2019

Il regime degli ayatollah sempre più isolato
Commento di Antonio Donno

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Ciò che sta accadendo all’imbocco del Golfo Persico (o Golfo Arabico) significa che il regime iraniano è in una crisi sempre più evidente; e, proprio per questo motivo, è più pericoloso che mai. Il suo isolamento internazionale lo pone in uno stato di tensione tale da prefigurare un comportamento sempre più aggressivo. 
Le stringenti sanzioni americane e l’impossibilità da parte europea di colmare il gap economico da queste determinato spingono gli ayatollah iraniani verso una sponda estremistica le cui manifestazioni, per ora, si limitano a creare incidenti internazionali nello Stretto di Ormuz.
L’atteggiamento europeo verso la crisi iraniana è di attendismo. Nessun paese europeo si spinge a sostenere, seppur solo verbalmente, il regime iraniano.
Ciò è facilmente spiegabile. La politica economica di Trump verso l’Europa spinge i governi del Vecchio Continente a non intralciare la politica americana nei confronti dell’Iran; anzi, di fatto, a accodarsi ad essa.
La risposta britannica alle provocazioni dei pasdaran iraniani è stato il segnale che anche l’Europa non può tollerare che il transito del petrolio dallo Stretto di Ormuz sia bloccato o reso difficile dalle incursioni dei barchini dei terroristi iraniani.
La politica internazionale europea è oggi condizionata dalle scelte di Trump, che gode dell’appoggio di quella parte dei paesi europei che facevano parte del blocco comunista e che mal sopportano l’egemonia franco-tedesca.
Nell’area mediorientale, poi, Trump ha costruito un’alleanza di fatto con i paesi arabi sunniti (oltre che con Israele, ovviamente) al fine di erodere nel tempo le posizioni iraniane in Siria e in altre zone del Medio Oriente.
Trump non vuole impegnarsi in conflitti armati, ma usare l’arma economica per sconfiggere i suoi avversari o per metterli, comunque, in uno stato di minorità.
I fatti, per ora, gli stanno dando ragione. E la confusione che regna all’interno, nelle file degli avversari democratici, in vista delle presidenziali del prossimo anno, lo confortano nella sua azione internazionale.
Astutamente, il presidente americano dichiara di desiderare un nuovo accordo con Teheran, ma il regime iraniano ben sa che tale accordo si baserebbe su una serie di punti fermi da parte americana per un numero di questioni che farebbero retrocedere l’Iran dalle posizioni che detiene attualmente. 
Sarebbe la fine del regime iraniano: alla crisi economica interna si aggiungerebbe una sconfitta del progetto sciita di conquistare il Medio Oriente. 
Escluso, dunque, il ricorso allo scontro armato, che sarebbe devastante e che Trump non vuole, occorre stringere la morsa economica al collo del regime degli ayatollah: ci vorrà del tempo, ma nulla costringe Trump a forzare la situazione, mentre l’Iran avrà l’acqua alla gola in tempi brevi. 
L’Europa, grazie alle minacciate misure americane sulle importazioni dei prodotti europei, non può spingersi in una direzione che la metterebbe in grave difficoltà economica. Le provocazioni iraniane aumenteranno e forse supereranno la soglia della sopportazione, nel tentativo di portare Washington a una mediazione meno pesante dal punto di vista economico e politico. Difficilmente ciò darebbe un esito positivo per Teheran.
Il tempo, dunque, non favorisce il regime degli ayatollah; la situazione economica del paese va peggiorando di giorno in giorno e nulla si sa delle proteste popolari che eventualmente si possono verificare nelle aree più periferiche del paese, quelle più arretrate che negli anni hanno sostenuto il regime.
Nei centri urbani più importanti, dove l’istruzione è più diffusa, già negli anni scorsi si sono avute proteste di massa, sedate con la violenza. La situazione attuale nell’area mediorientale è in fieri. La politica che l’Amministrazione Trump ha messo in atto nella regione sembra avere una sua consistenza: si assiste ad un consolidamento dell’alleanza con i paesi arabi anti-iraniani e al sostegno molto importante a Israele.
L’intenzione di Trump di dar vita ad una presenza massiccia di navi americane ed europee nello Stretto di Ormuz sarebbe un segnale pesante per le eventuali minacce degli scagnozzi di Teheran.

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Antonio Donno


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