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Antonio Donno
Israele/USA
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Netanyahu/Bolton/Petrushev: quando la diplomazia dà buoni risultati 27/06/2019

Netanyahu/Bolton/Petrushev: quando la diplomazia dà buoni risultati
Commento di Antonio Donno

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Bolton, Netanyahu, Petrushev

È difficile dire quali esiti potrà dare alla lunga l’incontro tra Netanyahu, Bolton e il russo Petrushev. Da quello che finora è emerso, i tre hanno posto sul tavolo le rispettive posizioni. È un primo passo verso utili convergenze o sarà un incontro senza futuro? Nella storia della diplomazia nulla si può dare per certo, ma, nello stesso tempo, tutto può portare a conclusioni positive. 
Intanto, l’incontro è avvenuto, il che significa che è nell’interesse delle tre parti cominciare a discutere della situazione attuale del Medio Oriente e dei suoi possibili sbocchi.
Un aspetto della questione sembra essere certo: la Russia di Putin comincia a essere stufa della sua coabitazione e convergenza con l’Iran nella regione. Putin non può volere un Medio Oriente sconvolto dai terroristi filo-iraniani: il suo obiettivo è pacificare l’area sotto il controllo di Mosca. 
Ciò porterebbe a due risultati fondamentali: quello politico è ridare alla Russia una posizione nuovamente centrale nello scenario internazionale, non certo come ai tempi dell’Unione Sovietica, ma almeno tale da poter porre Mosca allo stesso livello, o quasi, delle due potenze oggi egemoni, gli Stati Uniti e la Cina.

Il secondo obiettivo è utilizzare la regione a scopi economici, perché è noto che l’attuale situazione interna è alquanto precaria e la protesta sociale monta, seppur silenziosamente. Nei sondaggi il gradimento di Putin è in discesa costante. Netanyahu vuole che ciò che Trump ha dato a Israele sia riconosciuto da Putin. 
Per quale motivo il russo non dovrebbe accettare la richiesta di Netanyahu, se la posizione di Mosca nella regione fosse in qualche modo condivisa da Trump?
Trump vuole ritirare gli Stati Uniti da quelle aree di conflittualità nelle quali il suo paese potrebbe essere militarmente invischiato e sarebbe disposto ad annullare le sanzioni contro Mosca, che aveva a suo tempo deciso di applicare, anche se con scarso entusiasmo. 
D’altro canto, le intese che Trump ha patteggiato con l’Arabia Saudita e altri paesi del Golfo Persico (o Golfo Arabico) hanno una funzione anti-iraniana: la situazione attuale nello Yemen non può essere più tollerata e occorre provvedere alla cacciata definitiva degli Houtu filo-iraniani per ora vincenti. In fondo, queste intese arabo-americane in funzione anti-Teheran non possono che essere ritenute positive da 

Putin, se il suo interesse è quello descritto, cioè l’espulsione dell’Iran dalla regione. Putin condanna l’inasprimento delle sanzioni americane contro Teheran, ma è una finzione. 
Al contrario, le considera utili per il progressivo scivolamento del regime nel favore del popolo iraniano, le cui condizioni economiche si fanno sempre più precarie e la protesta è sempre più evidente. Sia Putin, sia Trump attendono che il regime collassi al suo interno, liberando il Medio Oriente da una presenza pericolosa per la sua stabilità. 
Trump sta facendo un favore a Putin e al suo obiettivo di pacificare il Medio Oriente sotto l’egida russa? E se il regime iraniano dovesse crollare e le sue posizioni nella regione indebolirsi fino alla loro scomparsa, i due vincenti come si porrebbero di fronte alla nuova, radicale situazione? 

Tuttavia, questo eventuale scenario potrà emergere soltanto in tempi non brevi. Netanyahu ha voluto che l’incontro con il russo e l’americano si svolgesse a Gerusalemme, intanto per una ragione simbolica (Putin ha accettato senza discutere che la cosa avvenisse nella capitale di Israele, e ciò è di grande importanza), ma soprattutto per dimostrare a Mosca e a Washington che Israele apprezza il sostegno che i due paesi stanno dando al suo paese. 
Putin considera la situazione palestinese una palla al piede per i suoi progetti.
Tutto sarà più chiaro quando Trump ufficializzerà il suo piano per la soluzione della questione israelo-palestinese. Sarà un momento cruciale sia per i palestinesi, sia per lo stesso Putin, oltre che – ovviamente– per lo Stato ebraico. Israele attenderà la risposta russa con grande interesse, ma questo scenario è oggi imprevedibile. Bisognerà verificare se il piano americano potrà rientrare negli interessi complessivi di Putin nel Medio Oriente. Intanto, le elezioni presidenziali americane del prossimo anno saranno un momento decisivo per tutta la vicenda della regione mediorientale.

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Antonio Donno


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