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Antonio Donno
Israele/USA
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Caso Khashoggi: la posizione di Donald Trump 26/10/2018

Caso Khashoggi: la posizione di Donald Trump
Commento di Antonio Donno

A destra: Donald Trump con Mohammed Bin Salman

Per approfondire, rimandiamo all'analisi di Stefano Piazza, oggi in altra pagina su IC.

Il caso Khashoggi, oltre ad avere riflessi internazionali non ancora prevedibili, mette in luce l’atteggiamento di Putin e Trump nei confronti dell’accaduto. In poche parole, la differenza che passa nelle dichiarazioni dell’uno e dell’altro sono la spia dell’abisso che v’è tra una dittatura e una democrazia, anche di fronte a episodi apparentemente banali, in realtà ricchi di implicazioni cruciali per l’equilibrio internazionale. Non avendo nel suo Paese l’ombra di un’opinione pubblica attenta e pronta al giudizio sui propri governanti, al di là di piccole minoranze critiche prontamente represse, Putin ha commentato il fatto con espressioni vaghe e generiche, dietro le quali, però, sussistono interpretazioni attente da parte del dittatore. Trump, al contrario, ha dovuto dare una risposta coerente a un’opinione pubblica vigile e critica. È indispensabile, tuttavia, andare al fondo della questione, perché essa rivela, più chiaramente che nel recente passato, il “grande gioco” che si sta sviluppando nel Medio Oriente, con riflessi importanti anche al di fuori della regione. Putin, dunque, ha una sola sfida da affrontare, quella relativa al rafforzamento della posizione politica della Russia nello scenario mediorientale e, più in generale, internazionale.

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Donald Trump

In questo senso, ha sviluppato una serie di connessioni con diversi attori della regione: la Turchia di Erdogan, l’Iran, la stessa Arabia Saudita e Israele: una vasta gamma di partners, senza distinzione di ruoli e senza tener conto dei conflitti in atto tra questi attori della regione. Si tratta di una politica spregiudicata che per ora sta dando i suoi frutti ma che in prospettiva presenta delle gravi incognite. Viceversa, per Trump il gioco è bifronte, perché presenta un versante interno ed uno esterno. Quello interno riguarda la posizione del presidente nello scontro tra i repubblicani e i democratici, che nelle prossime elezioni di midterm sarà posta sotto un severo scrutinio. Proprio per questo motivo, l’elettorato americano aveva bisogno di una presa di posizione da parte di Trump su una vicenda che presenta aspetti rilevanti per la politica americana. Khashoggi, infatti, oppositore del principe erede saudita Mohammed bin Salman, aveva un ruolo rilevante nel “Washington Post”, era letto da milioni di americani e aveva relazioni importanti con il mondo politico americano. Trump, allora, non poteva esimersi dal condannare il misfatto di fronte ad un’opinione pubblica che si accinge a votare e che, nella sua parte intellettualmente meno sofisticata, considera il Medio Oriente islamico una regione abitata da tagliagole di ogni tipo, escluso Israele. Nello stesso tempo, il fronte esterno è altrettanto fondamentale per Trump. Di fronte alla spregiudicatezza di Putin, che non deve render conto di nulla al suo popolo, il presidente americano, al contrario, deve calibrare attentamente le sue scelte sul terreno scivoloso mediorientale. I suoi punti di riferimento nella regione sono Israele e il mondo arabo sunnita, posto sotto attacco dall’aggressività dell’Iran sciita. Le relazioni con la Turchia sono ai minimi storici, in considerazione dell’ambizione di Erdogan e del suo partito, che rappresenta la versione turca della Fratellanza Musulmana, di estendere la sua influenza nella regione, in connessione con la politica della Russia di Putin. Ma, nello stesso tempo, l’Iran sciita, sempre in connessione con la Russia, ambisce allo stesso risultato. In sostanza, due Stati del mondo islamico, per quanto espressione il primo del sunnismo, il secondo dello sciismo, oggi legati da una fittizia alleanza con la Russia, sono destinati in un prossimo futuro ad uno scontro inevitabile derivato dall’inconciliabilità delle reciproche ambizioni sostenuta da una divergenza religiosa incolmabile. Infatti, il caso Khashoggi è sfruttato spregiudicatamente da Erdogan per infliggere un duro colpo politico all’erede al trono saudita e, conseguentemente, per minare l’intesa tra Washington e Riad, e quella silenziosa tra Riad e Gerusalemme in funzione anti-iraniana e anti-turca. Dal canto suo, Putin non ha alcuna intenzione di intromettersi nel caso Khashoggi e nelle sue conseguenze sui rapporti turco-sauditi. Teheran tace perché il confronto tra sunniti turchi e i wahabiti sauditi fa il suo gioco. Israele non è interessato alla questione. Trump ha dovuto prendere una posizione critica verso l’assassinio del giornalista saudita, ma difficilmente i rapporti tra Riad e Washington ne saranno coinvolti, perché Salman ha bisogno di Trump. Ancor più che dopo la fine del secondo conflitto, il Medio Oriente è oggi è una polveriera in cui gli amici sono in realtà nemici e i nemici storici hanno bisogno di un punto di contatto reciproco per evitare il peggio.


Antonio Donno


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