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Antonio Donno
Israele/USA
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Il ruolo di Russia e America in Medio Oriente di fronte al pericolo iraniano 02/06/2018

Il ruolo di Russia e America in Medio Oriente di fronte al pericolo iraniano
Analisi di Antonio Donno

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Trump, Putin, Assad

Il 1° giugno “Haaretz” ha dovuto ammettere che la politica di Netanyahu nei confronti della Russia di Putin sta funzionando. Ottima notizia, ma limitata alla circostanza. L’ultimo, lungo colloquio ufficiale tra i due, in occasione della parata militare a Mosca, più tutti gli incontri ufficiali e non, comprese lunghe telefonate, stanno dando i loro frutti. Si sta delineando uno scontro duro tra la Russia e l’Iran, per ora solo diplomatico, mentre Assad osserva la scena, evitando prudentemente di prendere posizione su ciò che accade e accadrà.
Dal canto suo, Trump tace e non potrebbe fare diversamente. In fondo, se l’Iran fosse costretto a ritirare le sue truppe, e quelle degli Hezbollah, dalle regioni che si affacciano sul Golan, ciò andrebbe a vantaggio anche di Washington, che avrebbe una gatta in meno da pelare. 
E, tuttavia, questo evento lascerebbe la regione nelle mani della Russia, con la conseguenza che la posizione degli Stati Uniti diventerebbe sempre più marginale. Per Israele, è meglio avere come compagna di strada la Russia nel Medio Oriente, piuttosto che l’Iran. Ed è probabile che, rimessa in sesto la Siria di Assad, anche la Russia potrebbe fare un passo indietro, non tanto ampio, però, da vanificare tutto il lavoro svolto negli anni precedenti, compreso il peso economico sostenuto. 
Putin ha tutto l’interesse ad avere come sostegno strategico nel Medio Oriente sia la Siria, sia Israele. Ironia della sorte. Dopo decenni di conflitti tra Damasco e Gerusalemme, gli interessi dei due paesi ora convergono, non certo per consonanza politica e ideale, ma per stretta necessità strategica e di sicurezza nazionale.
Così, mentre la Russia potrà svolgere un ruolo di mediazione e di composizione degli interessi dei due paesi, l’Iran, al contrario, se dovesse accreditarsi come difensore della sopravvivenza del regime di Assad, rappresenterebbe un pericolo continuo per Israele. Da ogni punto di vista, dunque, la Russia di Putin svolgerebbe un ruolo di stabilizzazione del Medio Oriente. 
Netanyahu ha ben presente questo scenario e, consolidata l’alleanza con gli Stati Uniti, ha in Putin, contemporaneamente, un solido partner per la sua sicurezza. Ovviamente, l’Iran non concorda sul proprio ritiro dalla regione. Ha speso un fiume di risorse economiche, la sua situazione finanziaria è in continuo aggravamento e la popolazione è in uno stato di agitazione. Il regime teme per la propria sopravvivenza. Inoltre, le nuove sanzioni americane, conseguenti al ritiro di Washington dall’accordo sul nucleare, sono una spada di Damocle per le sorti del regime teocratico di Teheran. 
Questo è un indubbio vantaggio per Mosca, la cui economia non è certo florida, in ragione anch’essa dello sforzo militare nella regione, ma certamente non così grave come quella iraniana. L’accordo raggiunto tra Netanyahu e Putin prevede non solo il ritiro degli Hezbollah filo-iraniani dai territori adiacenti al Golan, ma consente a Israele di attaccare le loro postazioni in caso di pericolo per Israele, evitando di danneggiare i siti militari del regime siriano, protetto dalla Russia. Come riporta “Haaretz”, un funzionario americano, dopo l’incontro tra Lieberman e la sua controparte russa, ha affermato: “I russi e gli americani possono trovare un accordo che elimini la presenza massiccia iraniana sul suolo siriano, perché l’Iran è portatore di una linea settaria priva di chiarezza”. 
Nello stesso tempo, secondo notizie provenienti da Mosca, i russi hanno proposto al governo israeliano di sostituire la presenza degli Hezbollah con le proprie truppe nelle zone oggi pericolosamente occupate dai filo-iraniani. 
Una notizia priva di riscontri, ma che comunque conferma la volontà di Putin di svolgere nel futuro un ruolo di stabilizzazione della regione mediorientale. 
Il ruolo degli Stati Uniti sarà tutto da ridefinire, dopo il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico e il trasferimento dell’Ambasciata americana.


Antonio Donno


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