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Giuliana Iurlano
Antisemitismo Antisionismo
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I tentativi di integrazione degli ebrei russi nell’Impero zarista: il caso degli 'expert Jews' 16/01/2018

I tentativi di integrazione degli ebrei russi nell’Impero zarista: il caso degli 'expert Jews'
Commento di Giuliana Iurlano

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Ebrei in un villaggio della Russia zarista (1914)

Nella seconda metà dell’Ottocento, l’Impero zarista varò una serie di riforme per integrare le minoranze presenti sul tuo esteso territorio. Si trattò di interventi non sempre continuativi, talvolta episodici o applicati a macchia di leopardo, e che non sempre ottennero i risultati sperati. E, tuttavia, in questo percorso nient’affatto semplice e lastricato da infiniti ostacoli, emerge una figura sicuramente poco nota, proveniente dalla comunità ebraico-russa, che si caratterizzò per le sue specifiche competenze professionali tanto da essere molto apprezzata dalle autorità zariste. Si tratta dell’ebreo “burocrate” – lo “expert Jew” o “learned Jew”– che ricoprì un importante ruolo di mediazione tra il governo russo e gli ebrei dell’impero. Per la verità, nei confronti degli uchenye evrei, come erano definiti in Russia, funzionava una sorta di stereotipo rovesciato, nel senso che erano proprio i loro correligionari a considerarli in maniera molto negativa: essi, infatti, erano considerati il braccio burocratico della persecuzione antisemita zarista, dei veri e propri aiutanti di campo, dei lacchè governativi, degli intellettuali corrotti dalle autorità e complici delle loro politiche persecutorie, dei traditori del popolo ebraico.

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La copertina

In realtà, uno studio recente (Vassili Schedrin, Jewish Souls, Bureaucratic Minds: Jewish Bureaucracy and Policymaking in Late Imperial Russia (1850-1917), Detroit, Wayne State University Press, 2016, pp. 292), basato su fonti primarie e secondarie finora poco esplorate, mostra un quadro molto differente. Gli ebrei “burocrati” erano funzionari selezionati tra i gruppi intellettuali colti, quasi sempre maskilim, illuministi dell’Haskalah, che credevano profondamente nella modernizzazione e nell’integrazione reale della propria comunità all’interno della società zarista. Essi riuscirono a “spiegare” l’ebraismo ai vertici del potere, convincendoli di come fosse assolutamente opportuno consentire agli ebrei di praticare la propria fede religiosa, cosa che sicuramente avrebbe fornite un sicuro sostegno al trono autocratico dello zar. Dalle fonti esaminate, risulterebbe la grande stima dei funzionari governativi di alto livello nei confronti degli “expert Jews”, considerati elementi essenziali nella creazione di un rapporto reciproco di fiducia tra il potere e la comunità giudaica, soprattutto per la loro spiccata capacità di mediare, evitando molto spesso che avvenissero sanguinosi incidenti antisemiti nella Zona di Residenza. Certamente, i funzionari ebrei – spesso inseriti negli uffici del Ministero degli Interni – si trovarono ad affrontare una situazione personale molto complessa, talvolta al limite dello sdoppiamento della personalità; eppure, riuscirono abbastanza bene a conciliare la mentalità burocratica con la propria identità ebraica, grazie ad una forte integrità morale e alla convinzione profonda che la politica modernizzatrice della Russia zarista fosse realmente indirizzata verso una vera e propria “missione civilizzatrice” allo scopo di modificare alcuni aspetti dello stile di vita dei differenti gruppi etnici, e non di eliminare le molteplici confessioni religiose presenti nel vastissimo territorio imperiale.

Effettivamente, nel processo di modernizzazione della società russa, l’apparato burocratico si pose come obiettivo quello di trasformare una realtà prettamente agricola in un sistema industriale efficiente e moderno, all’interno del quale era necessario smussare gli aspetti più radicati delle diverse tradizioni etnico-religiose, creando una sorta di collante comune che consentisse, se non l’assimilazione, quanto meno un grado di integrazione possibile, senza sacrificare troppo gli elementi specifici dei singoli gruppi. Purtroppo, però, questo interessante quanto poco conosciuto esperimento di “dispotismo illuminato” alla fine restò molto circoscritto alla volontà cangiante dei singoli zar, senza mai trasformarsi veramente in intervento incisivo di cambiamento sociale. E gli ebrei russi, nonostante gli sforzi degli ebrei burocrati illuminati, continuarono ad essere violentemente perseguitati, fino a cercare scampo in un massiccio esodo che li avrebbe portati soprattutto oltreoceano, nella speranza di realizzare in America il loro sogno di libertà.


Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta


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